La partita della giustizia resta sulla sfondo delle trattative per il nuovo Governo. Altre urgenze battono alle porte della politica e la scelta del nuovo ministro della giustizia sembra messa da parte in attesa che si riempiano altre caselle. In primo luogo i posti chiave dei dicasteri economici, poi la partita complessa e controversa del ministero dell’interno.

Par chiaro che se Matteo Salvini tornerà a sedersi sullo scranno più alto del Viminale, difficilmente Giulia Buongiorno potrà ambire agli uffici di via Arenula. Non si possono trascurare gli impicci siciliani del leader leghista e il fatto che proprio l’avvocato Giulia Buongiorno lo difenda. Due ministri in aula a battagliare con giudici e pm avrebbe un costo di immagine enorme. Anche per un governo a trazione Centrodestra che del garantismo e di una certa polemica come toghe ha inteso fare la cifra della propria campagna elettorale, seppure languida sui tempi della giustizia.

Quindi. Quindi per l’ennesima volta la questione giudiziaria entra a piedi uniti nelle vicende politiche del paese, anche alla luce del comprensibile imbarazzo del Quirinale di dare il via a un governo in cui sieda, per giunta in posti di rilievo, l’imputato di delicati procedimenti penali. Per carità nulla di davvero ostativo, ma la strada è piena di insidie e problemi che Giorgia Meloni vorrà disinnescare per tempo.

Alla fine, se Matteo Salvini sarà ministro al Viminale, allora il tragitto di Carlo Nordio verso via Arenula appare tranquillo e quasi scontato. Toccherà a un tecnico, immerso da poco nell’agone politico, trovare la quadratura del cerchio evitando (ovviamente) leggi ad personam e favorendo comunque un processo di emancipazione della politica dalla spada di Damocle dell’azione penale. Un percorso accidentato e fortemente condizionato dalla modifica costituzionale del 1993 sulla autorizzazione a procedere per i parlamentari per il quale devono evitarsi scorciatoie e pasticci nel segno della restaurazione.