Tensioni con la polizia, critiche all'assessora Clemente
Muore di cancro a 24 anni “ma è un criminale”: rimosso il murales di Raffaele Tammaro, vendeva sigarette di contrabbando

A Napoli prosegue l’operazione di rimozione di murales e icone che raffigurano persone riconducibili alla criminalità organizzata. Nel rione Sanità è stato rimosso l’altarino dedicato a Pietro e Ciro Esposito, padre e figlio capi-clan ammazzati nel gennaio e nel novembre del 2015 nella faida di camorra con il clan della Paranza dei bambini di Emanuele Sibillo. Ma i momenti di maggiore tensione si sono verificati a San Giovanni a Teduccio, dove è stato cancellato l’altarino di Raffaele Tammaro, morto nel 2014 per una grave malattia.
Il giovane si occupava dello smercio di sigarette di contrabbando, e la sua famiglia pagava una tangente al clan Rinaldi. Al momento dell’intervento di rimozione della Napoli Servizi, il fratello di Raffaele, Antonio, ha inveito contro le forze dell’ordine, ed è stato denunciato per resistenza a pubblico ufficiale. Alla fine il murales è stato rimosso, e a darne notizia è stata è stata anche l’assessora al Patrimonio, Lavori Pubblici e Giovani al Comune di Napoli, Alessandra Clemente.
“Andiamo avanti con impegno e programmazione – ha scritto la candidata sindaca su Facebook – per restituire ai cittadini la bellezza della nostra città e per liberarla da quei simboli di omertà e mitizzazione”. Subissata di critiche, l’assessora ha precisato che “le opere murarie che sono state, e che verranno rimosse, sono segnalate dalla Procura della Repubblica, nell’ambito del Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica”.
“A Napoli Est non si muore solo di Camorra, il murales era di un giovane deceduto per motivi di salute”, è la risposta dell’avvocato penalista Emilio Coppola. “Questa amministrazione scelga da che parte stare – aggiunge il legale – e la smetta di essere classista con i quartieri popolari. Il giustizialismo a giorni alterni ha letteralmente stufato”.
Secondo i testimoni di giustizia Tammaro fu poi spodestato dalla zona per l’intervento del clan D’Amico nel quartiere dell’area orientale di Napoli. Un pentito del clan Mazzarella ha rivelato di aver provato a convincere la famiglia del giovane a dirottare la tangente verso il suo sodalizio al posto dei Rinaldi.
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