Con Draghi al Quirinale, Conte entrerebbe da protagonista nel governo dei leader. Sull’orlo di una crisi di nervi, al M5S va di traverso la dichiarazione con cui Vincenzo Spadafora prevede la fine del Movimento. Gli esponenti più scontenti verso Conte rispondono ai cronisti provando a nascondere la polvere sotto al tappeto. L’ex ministro Spadafora invece il tappeto lo ha steso al sole e sbattuto con forza: «Se Conte torna con il nome di Draghi la vedo dura reggere i gruppi, l’unanimità sarebbe un miraggio».

Il rompete le righe è preannunciato così nero su bianco. Se i voti dei grandi elettori grillini fossero completamente liberi e dunque liquidi, messi nella più ampia disponibilità dei contendenti, davvero per Berlusconi potrebbe aprirsi una strada in discesa. Ne rappresenta il timore il deputato Stefano Buffagni, fedelissimo di Di Maio. «Il larghissimo gruppo Misto sarà determinante: spero che gli ex 5stelle non si mettano all’asta». Ma non passa giorno in cui qualcuno, tra i dissidenti ma perfino tra le truppe regolari, non decida di mettere il proprio voto a disposizione di una causa superiore. «La pesca sta andando benissimo», sintetizza Vittorio Sgarbi nella sua veste di telefonista per Berlusconi. «Ieri ne abbiamo convinti altri 15». Non sono pochi. E non è tutto. «Abbiamo in agenda un incontro con Berlusconi e 50 parlamentari ex M5S che sono intenzionati a dar vita a una lista con il centrodestra. Chiamiamola “7 Stelle”», dice al Riformista.

L’elezione di Berlusconi al Quirinale sarebbe il mordente più forte, il collante più saldo perché il Movimento possa tornare a cavalcare l’onda. Tornerebbe a dare una ragion d’essere al corpaccione più afflosciato e opaco del Parlamento, restituendogli quella forza vitale che ha via via smarrito. Infatti le linee di comunicazione con il centrodestra si moltiplicano. «Ho instaurato un contatto diretto con i leader del centrodestra e in particolare con Salvini», dice Conte per tenere a bada i suoi. Spadafora la legge così: «Voleva vedersi conferire un pieno mandato a trattare. È certamente un segno di debolezza, ma ci sta, la ratio è comprensibile. Ma deve muoversi insieme ai capigruppo nell’ambito di un perimetro che gli è stato dato dai gruppi parlamentari». Tra leaderismo di Conte e resistenza dei capigruppo, si infittisce il mistero sui cinque vice di Conte. Da quando li ha nominati, pregando tutti i media di ospitarli spesso, sono usciti del tutto di scena. Il più potente dei cinque, Michele Gubitosa, ha dato una intervista al una settimana fa, poi più niente. L’ala governista è sul chi vive.

In molti tra coloro che si sono legati mani e piedi a Di Maio, hanno già fiutato l’aria che tira. Federico D’Incà e Fabiana Dadone sanno già di dover preparare le valigie, in caso di nuovo governo. Perché Conte non solo non li garantirebbe, e lo sanno tutti, ma sta sottoscrivendo il governo dei leader – quello ventilato da Salvini, dopo il tavolo dei leader per il Colle – con la dichiarata ambizione di tornare a fare almeno il Vice premier. Ecco che le motivazioni della rat-line instaurata con il centrodestra guardano all’immediato dopo-Quirinale: quando il tema sarà formare un governo di unità nazionale, nell’ipotesi di Draghi al Quirinale, Conte intende riconquistare un posto sul podio per sé. E per il seguito, chi vivrà vedrà. Dunque per ora non può far altro che stigmatizzare la discesa in campo del Cav. «La candidatura di Berlusconi, essendo una candidatura di parte, rallenterebbe semplicemente le trattative che sono in corso per arrivare a una soluzione e a una personalità quanto più ampiamente condivisa, quindi rivolgeremo un appello alle forze di centrodestra affinché non insistano su una candidatura di parte».

Se invece Berlusconi fosse sostenuto dal centrodestra, (come ieri ha deciso il vertice del centrodestra) allora «sicuramente rimarrà un fronte contrapposto, e a quel punto le restanti forze del fronte progressista proporranno una candidatura diversa, o comunque ragioneremo insieme», ha aggiunto Conte. Quanto all’ipotesi di franchi tiratori nelle file M5S che potrebbero votare per Berlusconi, Conte si «sente di escluderlo. Ho visto nella nostra riunione unità rispetto ai principi che condividiamo e la candidatura di Berlusconi non appare compatibile con i principi e i valori che abbiamo e con l’obiettivo di trovare una candidatura condivisa».

Riguardo alla proposta di Salvini di un governo che coinvolga in prima persona leader della coalizione, Conte ha aggiunto che «prima bisogna trovare una soluzione per il Quirinale e poi si rifletterà. C’è interesse di tutti ad assicurare continuità nell’azione di governo, in questo momento il paese ha bisogno di stabilità», ha concluso. Ne avrebbe bisogno, nel suo piccolo, anche il Movimento. Dopo la gaffe con cui per errore Rocco Casalino ha rivelato in una chat sbagliata di essere riunito con Conte sul nome per il Quirinale – lo scorso 8 gennaio – dello spin doctor non sono arrivate più notizie. Una fonte interna rivela al Riformista: «Lo hanno messo in panchina».

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.