La sinistra e la tenuta del governo
Il Pd non può promuovere il partito di Draghi: se nascerà la sinistra scomparirà
Michele Prospero prova a indicare una via di uscita all’impasse in cui si è venuta a trovare la politica e il suo principe. Draghi, infatti, rischia, come il famoso asino di Buridano, di morire per non scegliere tra i due sacchi da cui potersi alimentare. Palazzo Chigi e il Quirinale rischiano, invece che di costituire due opportunità, di dar luogo, al contrario, a uno stallo. Prospero ne indica la via d’uscita attraverso il ricorso all’iniziativa politica, un ricorso cioè a un canone classico. Ma ho l’impressione che l’intelligente scelta della via sia come impedita da un’aporia e dall’individuazione di un soggetto che dovrebbe essere protagonista dell’operazione, il Pd, che non la può reggere.
Per parte mia, libererei la proposta da ciò che mi sembra incongruo, cioè la sinistra. Questa non è possibile trovarla all’interno delle posizioni che Prospero correttamente attribuisce al presidente del Consiglio. Esse configurano un canone che ormai è tipico di tutte le opzioni politiche che in Europa delineano il nuovo centro e che costituiscono il suo proporsi in alternativa alle destre reazionarie e sovraniste con la parallela uscita dalla scena della sinistra politica. Le elezioni presidenziali francesi ne sono la prova pratica già pienamente in atto. Sul nucleo portante delle politiche economiche e sociali, l’asse Macron-Draghi esplicita una linea d’uscita dalle politiche di austerità in direzione del sostegno di una ristrutturazione dell’economia e di una razionalizzazione dell’economia di mercato, evitando accuratamente la riforma del modello in atto.
Per misurare la distanza con le posizioni di sinistra (peraltro anch’esse fuori dal loro canone classico socialista e comunista), si effettui il confronto con autori come Robert Reich negli Usa (si vedano anche i commenti alla sua elaborazione di Sanders e di Warren) e Thomas Piketty in Europa. La distanza tra queste proposte programmatiche e quella indicata da Draghi è così grande da configurare addirittura due diversi paradigmi di politica economica e sociale. Del resto, le sorti della sinistra, che oggi in Italia sul terreno istituzionale non esiste più come soggetto influente – e così è vissuto nelle stesse realtà popolari – non dipendono dagli altri, né per pensare di rinascere convivendo con alcuni di essi, né per pensare di crescere solo opponendosi a essi. La teoria dell’autostrada, lasciata libera davanti a sé dalla mutazione genetica della sinistra politica e dal suo abbandono del campo tradizionale, è priva di senso. Puoi avere tutta la più grande e lunga autostrada del mondo dinanzi, ma se il tuo veicolo è molto malconcio e tu non sai più come guidarlo, non puoi pensare di trovare la salvezza pensando di percorrere quell’autostrada. Il tuo futuro, se c’è, dipende ormai solo da te.
Ma ciò non toglie che la proposta di Prospero abbia una sua forza, specie se liberata dalla incongruenza compiuta col rivolgersi alla sinistra. Credo sia figlia di questo generoso strabismo politico, l’insistenza di chiedere al Pd di fare ciò che gli è impedito dalla sua stessa costituzione materiale. Prospero vuole un Pd “meno sonnolento”, ma non vuole vedere che il successo dell’ipotesi neocentrista da lui avanzata sarebbe la disintegrazione del Pd. Vedi il successo di Macron e la connessa fine del partito socialista francese. Il Pd regge solo sul suo immobilismo a presidio finché dura della stabilità e della governabilità. Il Pd sta immobile, “sonnolento”, perché qualsiasi movimento, in qualsiasi direzione, lo metterebbe a rischio. Allora, la coppia incongrua Draghi-sinistra, indicata da Prospero a base dell’iniziativa politica, va sostituita e va messa in capo coerentemente a chi di un nuovo centro dinamico può essere l’artefice, cioè la coppia Draghi-governo.
Prospero vede lucidamente la fragilità dell’ipotesi Draghi presidente della Repubblica quale agente capace di “sopperire alle carenze politico-culturali del sistema”. Nel sostanziale svuotamento della democrazia, che ha caratterizzato il lungo corso della ristrutturazione capitalistica che ci ha portato fin qui e del regressivo ridisegno dei poteri accaduto in Italia nell’ultimo quarto di secolo, il governo ha assunto un ruolo dominante, in condominio con la Magistratura. Da questo ruolo, il protagonismo di Draghi non può prescindere. Se ambiziosamente ascoltando l’indicazione di Prospero, Draghi dovesse scegliere, anche per spezzare la per lui pericolosa tenaglia Quirinale-Palazzo Chigi, se dovesse cioè scegliere l’iniziativa politica, allora dovrebbe dotarla di una sua coerenza interna e, in primo luogo, dovrebbe definirne l’agente promotore. Chi la può promuovere, abbiamo visto, che non può farlo, chi per formazione, per personale politico e per cultura politica acquisita, non può diventarlo se non auto-distruggendosi. Né l’operazione può riuscire affidandosi al solo Draghi, Monti docet, malgrado siano evidenti le diversità tra le due situazioni. Qui sta dunque il nodo da affrontare. Il nuovo soggetto protagonista della ristrutturazione non può essere la coppia di Draghi con un qualsiasi soggetto politico, bensì tra Draghi e il suo governo.
A preparare un’inedita coalizione di alternativa neocentrista per il governo futuro, una coalizione di alternativa alla destra reazionaria sovranista, dovrebbe essere dunque lo stesso governo di Draghi, in un processo di cui non sono certo prevedibili in partenza le scomposizioni e le ricomposizione delle forze e delle alleanze politiche oggi in campo. Il nuovo centro non nascerà né nel cielo della politica fine, né nel corpo destrutturato della società civile. Esso può nascere solo dalla sua vocazione e dalla sua unica ragione di esistenza, cioè la governabilità. Se il Draghi di Prospero dovesse scegliere l’iniziativa politica, il governo, anche in quel caso, sarebbe l’alfa e l’omega del suo costituirsi. Per un nuovo soggetto politico, “la coalizione larga attorno a Draghi per vincere sul terreno politico la battaglia contro i sovranisti e gli euroscettici”, come scrive Prospero, occorrerebbe una nuova levatrice e un inedito processo.
Ad essa non rivolgeremmo certo la domanda che secondo chi scrive gli è straniera, cioè quella di come pensa di combattere la più grave delle malattie prodotte dal modello sociale in cui siamo immersi, cioè l’aggravamento strutturale della diseguaglianza. La risposta a questa domanda, o almeno la ricerca della risposta, dovrebbe essere il compito precipuo della sinistra.
Ma c’è una domanda che invece le va proposta, perché riguarda il tema che dovrebbe essere proprio di questa aggregazione nuova. Come si può affrontare la questione dell’instabilità e dell’incertezza di futuro, quando il 50% della popolazione sta ormai fuori dai recinti della democrazia rappresentativa? Sempre nella modernità, ogni tentativo operato dalle classi dirigenti di realizzare un nuovo corso ha avuto l’ambizione di produrre l’inclusione di classi e ceti sociali che erano fin allora restati esclusi. Senza risposta alle due domande, la sinistra si è perduta. Ma a questa seconda domanda deve saper rispondere proprio l’iniziativa politica che Prospero propone, quale che sia la versione scelta per realizzarla. Cosa ha da dire e cosa ha da fare essa per quella metà del popolo che si sente, perché lo è effettivamente, fuori dal campo dell’attuale democrazia rappresentativa? Ad essa tocca rispondere per chi voglia inaugurare un nuovo corso, finanche per realizzare il centro di nuovo conio.
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