Italia Viva se n’è andata. No, per ora non dalla maggioranza, ma uno strappo l’ha consumato comunque: è uscita dal gruppo socialista del Parlamento europeo, per aderire a Renew, il gruppo di Macron. Nicola Danti, unico europarlamentare renziano, non nasconde che le ragioni della ricollocazione europea nascono in patria: «Il Pd non è più un partito riformista, impossibile condividere con loro lo stesso gruppo». E in effetti è lo stesso Renzi, al culmine di una giornata altalenante, a indicare la rotta. E su Facebook scrive: «#LodoAnnibali: potevamo tornare alla Legge Orlando sulla prescrizione, legge riformista. Pd e 5Stelle hanno votato contro salvando la Legge Bonafede, legge giustizialista. Alla Camera hanno i numeri loro: 1-0 per i giustizialisti.

Vediamo tra due mesi come finisce al Senato…». Una resa dei conti solo rimandata, al termine di un sostanziale pareggio dopo due fatti salienti, di segno opposto. In mattinata aveva parlato il diritto, e non per bocca del suo autoproclamato portavoce Davigo, stavolta. Ha parlato la fonte vera: la Corte Costituzionale, pronunciandosi sulla retroattività della cosidetta “Spazzacorrotti”, rigettata perché incostituzionale. Ma ecco che il partito giustizialista prende la rivincita bocciando il Lodo Annibali. Con 49 voti contrari dalla maggioranza M5s-Pd-Leu e 40 favorevoli le commissioni riunite Giustizia e Affari Costituzionali della Camera hanno respinto l’emendamento che rimandava di un anno l’efficacia della riforma. Ed ecco che Bonafede coglie l’attimo per rilanciare: «Domani in Cdm andrà la riforma del processo penale e il lodo Conte bis».

«Quando vinceremo noi le elezioni – gli risponde il deputato Andrea Ruggeri, di Forza Italia, in una partecipata conferenza stampa alla Camera con i Liberisti di Andrea Bernaudo – proporremo un decreto Spazzacazzate. E con quello cancelleremo tutti gli abomini giustizialisti di questo governo», dice. Non è distante la posizione ufficiale dell’avvocatura: «Con la sentenza con cui oggi la Corte Costituzionale ha affermato l’incostituzionalità dell’applicazione retroattiva della legge spazzacorrotti, è stata confermata la posizione che l’avvocatura aveva assunto sin da subito. Più in generale, la contrarietà ai provvedimenti legislativi e a interpretazioni ispirate a posizioni giustizialiste e demagogiche che hanno occupato la scena pubblica negli ultimi anni, trovano ora la conferma in provvedimenti del Giudice delle Leggi, che ristabilisce così la inviolabilità dei principi di civiltà giuridica posti nella Costituzione», dice Giovanni Malinconico, coordinatore dell’Organismo congressuale forense.

La scelta del Pd di votare contro la legge Orlando e sostenere quella che i detrattori chiamano “Legge Bonafede-Salvini” è, stando ai riottosi “Vivaci” di Renzi la dimostrazione che «il Pd è diventato un partito giustizialista». «Votando contro il Lodo Annibali il Pd diventa grillino e tradisce la stagione riformista e il garantismo. Il fatto che questo avvenga proprio nel giorno della bocciatura della Legge Bonafede da parte della Corte costituzionale getta un’ombra ulteriore sulla scelta del Nazareno», concludono le stesse fonti renziane, del resto impegnate in una battaglia tutta digitale. Sui social network i giustizialisti hanno alzato la canizza contro Lucia Annibali, peraltro donna. Ed ecco le torme dei soliti ignoti che insultano la Annibali, la minacciano, arrivano a osannare l’aggressore che anni fa le sfigurò il volto con l’acido.

«In queste ore Lucia Annibali sta subendo ogni genere di insulto. Addirittura c’è chi inneggia al suo aggressore. Questi vili nascosti dietro una tastiera hanno davanti Lucia, però. Una grande donna, la cui forza tranquilla certifica la loro pochezza», dichiara Lisa Noja, di Iv, sostenuta da un tweet di Renzi. Il fiorentino, parlando con alcuni interlocutori, avrebbe spiegato che il governo ha tempo fino al 24 febbraio per evitare una spaccatura nell’Aula della Camera. Poco più di dieci giorni, poi i renziani si terranno le mani libere. A Montecitorio il voto sul ddl Costa che punta a bloccare la riforma Bonafede non è a rischio, ma a palazzo Madama i numeri sono più stretti. Ecco perché alcuni senatori del Pd hanno proposto un’ulteriore mediazione – lo stop della prescrizione dopo la sentenza d’appello – non sgradita ad Italia Viva.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.