Sui monitor della Camera è già comparsa la convocazione ufficiale: “Il Parlamento è convocato in seduta comune con i delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica per il giorno 24 alle ore 15”. Nel cortile centrale è stato alzato un enorme gazebo trasparente riservato ai 1009 Grandi Elettori per evitare assembramenti in Transatlantico. Gli operai sono al lavoro per ripristinare l’agibilità del Transatlantico che era tornato aula per due settimane sotto il picco dei contagi. Le postazioni tv saranno collocate al quarto piano, nel corridoio lato piazza del Parlamento. I cronisti parlamentari potranno avere i loro spazi di lavoro. Insomma, tutto è pronto per la grande cerimonia. Tranne che la soluzione. E questo è decisamente il problema.

“Aspettando Silvio” è il refrain di giornata tra Camera e Senato. Ma Silvio si fa attendere. Come ha detto anche Matteo Renzi ieri mattina a Radio Leopolda, “non è più in forse se farà il passo indietro”. Piuttosto il quando e il come. Entro il fine settimana per poi tentare la fumata bianca già martedì. Oppure se arrivare alla quarta votazione e contare nelle urne presidenziali “i traditori tra gli alleati che gli hanno giurato fedeltà”. Qui le versioni cambiano. A seconda con chi parli. I fedelissimi che gli vogliono bene “come ad un padre” e gli riconoscono che “gli dobbiamo tutto”, tifano perché il Cavaliere arrivi alla quarta votazione e guardi in faccia la realtà. “Traendone poi le conseguenze” suggerisce più di un Grande elettore azzurro. Ad esempio dare il via libera, nel prosieguo della legislatura, ad una legge elettorale di tipo proporzionale. Sarebbe la fine del centrodestra per come lo abbiano conosciuto negli ultimi trent’anni. E la nascita di qualcos’altro. Andare avanti, quindi, ma fermarsi un secondo prima per evitare il gioco al massacro, il pantano delle urne presidenziali che sarebbe letale per il sistema Paese, e restare colui che a nome del centrodestra dà le carte del tredicesimo Presidente della Repubblica indicando il nome condiviso.

I ragionamenti cambiano parlando con gli alleati e con chi in Forza Italia si è messo da tempo al traino della Lega. Qui il pressing è forte perché il Cavaliere liberi presto il campo facendo il gesto nobile di rinunciare in favore dell’unità e di un erede. Raccontano che il Cavaliere abbia iniziato da qualche giorno a dubitare della fedeltà di parte degli alleati. Da una settimana, del resto, Salvini e Meloni parlano di “fronte unito sul Cavaliere” salvo poi, subito dopo, chiedere verifiche, numeri, conteggi, prove del 9 e piani B. Matteo Salvini blandisce. Il ruolo di Silvio Berlusconi “è e sarà determinante”; il centrodestra “ragionerà e voterà compatto dall’inizio alla fine, sarà determinato e determinante il ruolo di Silvio Berlusconi”. Così ha parlato il leader della Lega ieri nel punto stampa di fine mattinata. Giorgia Meloni (“il nostro fronte è compatto ma se Berlusconi fa il passo indietro siano pronti ad indicare il nome del candidato Presidente”) ha mandato in avanscoperta Ignazio La Russa alla sede della stampa estera dove ieri mattina era previsto un evento con Gianni Letta, protagonista nel dietro le quinte di questa lunga sfida al Colle. “Gianni, devi convincere Berlusconi a convocare il vertice di centrodestra…”.

Berlusconi tira dritto e prende tempo. Vuole valutare attentamente tutti i pro e i contro di quel che considera la partita della vita e non bruciarsi come candidato di bandiera. Da qui la decisione di restare a Villa San Martino e mettere in stand by il vertice di centrodestra. Ieri tra l’altro è arrivata anche una buona notizia dal fronte giudiziario: nelle motivazioni dell’assoluzione dall’accusa di corruzione in atti giudiziari i giudici del troncone senese del processo Ruby ter (già pronunciata il 21 ottobre scorso) scrivono che con l’ex pianista delle feste di Arcore Danilo Mariani c’era un rapporto di lavoro regolarmente remunerato dal 2008. Altro che mazzette per comprare il silenzio. Tardive, ma sono sempre soddisfazioni. Le motivazioni sarebbero state una delle poche buone notizie di giornata. Che lo hanno rinfrancato quel tanto che basta per confidare a chi gli ha parlato al telefono: “Perché non ci devo provare?”. Insomma, vedere le carte e nessuna voglia di anticipare le proprie mosse. In ogni caso, e su questo punto le ricostruzioni di filoleghisti e antileghisti di Forza Italia convergono, che sia la prima o la quarta votazione, il Cavaliere farà di tutto per portare al Quirinale un capo dello Stato “gradito” e indicato da lui a nome dell’intera coalizione.

Il primo candidato del Cavaliere dovrebbe alla fine essere Mario Draghi, rispetto al quale però occorre servire contestualmente la soluzione governo, quale Presidente del consiglio e quale squadra. “Chi dà per sicuro Draghi non ha capito o non vuole capire gli umori tra noi Grandi Elettori – dicono in tempi diversi fonti dem, 5 Stelle e anche leghiste – che però, per l’appunto, daremo il voto: o prima ci forniscono la carta d’identità del nuovo governo o noi non voteremo mai Draghi”. È un fronte silenzioso, numeroso e compatto. Soprattutto invalicabile. Per ben altri motivi travestiti da questioni del tipo “la politica deve tornare protagonista”, restano ostili al passaggio del premier da palazzo Chigi al Colle molti leader, da Conte a Salvini, da Bersani a D’Alema. A favore ci sono il segretario dem Enrico Letta e Giorgia Meloni, un asse inedito motivato dal fatto che entrambi vorrebbero elezioni anticipate.

In questa chiave va letto l’incontro a sorpresa tra Salvini e Conte che ha destato qualche sospetto tra i dem e tra i 5 Stelle: con chi era stato concordato? Chi sapeva? “Un incontro concordato” tagliano corto dal Nazareno. Le vie della politica sono imprevedibili. Così come certi obiettivi comuni. I due avrebbero sondato altri nomi di centrodestra. Risale Casellati, la presidente del Senato, avvocato di Forza Italia che avrebbe anche il merito di lasciare la guida di palazzo Madama al dem Luigi Zanda. E risale anche Letizia Moratti. Restano alte soprattutto le quotazioni di Pierferdinando Casini, “digeribile dal Cavaliere, dai 5 Stelle e un po’ da tutti. Casini funziona” dice Radioparlamento. Che aggiunge: “Scordatevi che lo facciamo alla prima, serviranno almeno quattro, cinque, sei votazioni”.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.