Alta tensione a Washington
Perché è stato arrestato Evan Gershkovich, il rapimento di stato del reporter del Wall Street Journal
Mosca, va in atto un rapimento di Stato. Con l’obiettivo di uno scambio di prigionieri. Una riedizione della Guerra fredda. La vittima è un giornalista americano del Wall Street Journal, Evan Gershkovich, stato arrestato a Ekaterinburg mentre cercava di ottenere informazioni classificate. A riferirlo per prima è Interfax citando un comunicato dei servizi d’intelligence interni Fsb.
Il servizio di sicurezza presume che Gershkovich «stava raccogliendo informazioni classificate sulle attività di una delle aziende del complesso industriale militare russo». L’Fsb non ha detto quando l’arresto ha avuto luogo. Il giornalista rischia 20 anni di prigione se riconosciuto colpevole di spionaggio. Il suo ultimo articolo da Mosca, pubblicato all’inizio di questa settimana, parlava del rallentamento dell’economia russa a causa delle sanzioni occidentali imposte quando le truppe russe hanno invaso l’Ucraina. «Il Wall Street Journal nega con veemenza le accuse dell’Fsb e chiede l’immediato rilascio del nostro giornalista fidato e imparziale», scrive lo stesso quotidiano statunitense. «Esprimiamo la nostra solidarietà ad Evan e alla sua famiglia», siamo «profondamente preoccupati per la sua sicurezza».
Quello che il corrispondente del Wall Street Journal stava facendo a Ekaterinburg “non ha nulla a che fare con il giornalismo”, ribatte sul suo canale Telegram la portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, commentando l’arresto del giornalista con l’accusa di spionaggio a favore del governo americano. «Purtroppo non è la prima volta che lo status di ’corrispondente estero’ », viene usato «nel nostro Paese per coprire attività che non sono giornalismo», ha aggiunto la portavoce. Quanto a Gershkovich, il reporter del Wsj, si è dichiarato non colpevole durante l’udienza in tribunale a Mosca che ha portato alla convalida del suo arresto. Lo riporta l’agenzia Tass, precisando che il giornalista sarà rinchiuso nel carcere di Lefortovo. dove resterà almeno fino al 29 maggio. Lo ha deciso la Corte di Lefortovo a Mosca, secondo quanto precisato dal suo servizio stampa all’agenzia Ria Novosti. L’avvocato Daniel Berman, che difende il giornalista americano, ha dichiarato che intende ricorrere in appello contro l’arresto del suo assistito ordinato da un tribunale di Mosca e “chiedere di conoscere i materiali riguardanti l’arresto”.
Al tribunale di Lefortovo è stato processato il maggiore oppositore russo, Aleksei Navalny; l’omonima prigione, inoltre, fin dai tempi dell’Unione sovietica, è simbolo di repressione politica. A Lefortovo è stato detenuto per diverse settimane un altro giornalista, ma di nazionalità russa: Ivan Safronov arrestato nel 2020 e condannato a 22 anni di carcere per “tradimento” dopo aver indagato sull’esercito russo. Oltre che a Ekaterinburg, Gershkovich si era recato a Nizhny Tagil, un’altra città russa dove è situato uno stabilimento dell’industria della difesa Uralvagonzavod, che produce carri armati. Lo scrive il sito indipendente Meduza citando “giornalisti occidentali che lavorano a Mosca”. Media locali della regione degli Urali citano un fixer, Yaroslav Shirshikov, che ha accompagnato il giornalista nella sua visita a Ekaterinburg. Secondo Shirshikov, Gershkovich si era recato in questa città per raccogliere informazioni sull’atteggiamento della popolazione nei confronti del conflitto in Ucraina e la compagnia militare Wagner.
Richiesto di un commento da un giornalista del Daily Beast, il fondatore della Wagner, Yevgeny Prigozhin, ha risposto in tono sarcastico: «Se vuoi posso controllare la stanza delle torture di casa mia per vedere se è qui, ma non mi pare di averlo visto tra le decine di giornalisti americani che tengo lì». Mercoledi, scrive Meduza, si era diffusa la voce che un uomo era stato fermato dalle forze di sicurezza nel ristorante Bukowski Grill di Ekaterinburg e portato via con la testa coperta da un maglione. Secondo Shirshikov si trattava proprio del giornalista americano. La vicenda si tinge di giallo e acquista i connotati di una spy story. La questione di un possibile scambio di prigionieri con gli Usa che coinvolga anche il giornalista del Wall Street Journal arrestato in Russia «non è ancora stata discussa». Lo ha detto il vice ministro degli Esteri russo Serghei Ryabkov citato dalla Tass. A una domanda in proposito, il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha risposto: «Non ho alcuna informazione, non ho nulla da dire in proposito».
La domanda si riferiva a un possibile scambio con Serghei Cherkasov, un russo detenuto in Brasile e incriminato nei giorni scorsi negli Usa con l’accusa di essere un agente dei servizi d’intelligence russi. Lo stesso Peskov ha auspicato che gli Usa non compiano atti di rappresaglia per l’arresto del giornalista del Wall Street Journal. «Speriamo che ciò non avvenga, e non deve avvenire», ha detto Peskov, citato dall’agenzia Ria Novosti. Il Cremlino ha fabbricato così la sua accusa: «Non si parla di sospetti, è stato colto in flagrante», taglia corto il portavoce di Putin. Gli Stati Uniti non hanno contattato la Russia in merito all’arresto di Gershkovich, afferma il vice ministro degli Esteri russo Yevgeny Ivanov, come riporta Ria Novosti.
Gershkovich è il primo giornalista statunitense arrestato in Russia per spionaggio dai tempi della Guerra Fredda. Nel 1986 finì in manette con un’accusa simile il reporter Nick Daniloff: «Nel mio caso, l’Fbi aveva arrestato un sovietico a New York per spionaggio e i russi arrestarono me», ha dichiarato Daniloff alla Cnn. Aggiungendo che la negoziazione alla fine aveva garantito il suo rilascio, con una “soluzione per l’uomo che era stato arrestato a New York”. All’epoca Ronald Reagan era presidente degli Stati Uniti, la Russia faceva parte dell’Unione Sovietica e i rapporti erano molto tesi. Daniloff fu arrestato al termine del suo incarico per Us News and World Report, restò in prigione per settimane in isolamento prima che l’amministrazione Reagan negoziasse il suo rilascio. Parlando in una conferenza stampa dopo essere tornato in libertà nell’86, Daniloff definì la situazione “molto complessa”, sottolineando che senza il “profondo e personale interesse” del presidente Reagan per il suo caso, sarebbe rimasto in prigione per molto più tempo.
Sul piano diplomatico, i riflettori sono ancora puntati su Pechino. La Cina ha fatto sapere all’Ucraina, attraverso i canali diplomatici, di stare per ora «valutando attentamente» l’invito rivolto dal presidente Volodymyr Zelensky al presidente Xi Jinping a visitare Kiev, o almeno ad avere una conversazione telefonica diretta dopo il vertice recente del leader di Pechino a Mosca con Vladimir Putin. Lo ha detto il ministro degli Esteri ucraino, Dmytro Kuleba, durante un intervento in video a un incontro promosso dalla Chatham House britannica. Secondo Kuleba, i 12 punti evocati da Xi a margine della sua visita in Russia su un’ipotetica pace futura sono stati un modo per «testare le acque». Intanto in Ucraina resta alta l’attenzione intorno alla centrale di Zaporizhzhia.
Il direttore generale dell’Aiea, Rafael Grossi, fa sapere che la situazione presso l’impianto, dove l’altro ieri si è recato in visita, «non sta migliorando». Anzi: le ostilità «si stanno intensificando». Per questo l’agenzia è al lavoro per trovare «misure realistiche» tali da «evitare disastri». «È un lavoro in corso», ha detto Grossi, «è molto, molto importante essere d’accordo sul principio fondamentale secondo cui una centrale nucleare non dovrebbe essere attaccata in nessuna circostanza e non dovrebbe nemmeno essere usata per attaccare altri». «Un incidente nucleare con conseguenze di radiazioni non risparmierà nessuno», ha ribadito. Con l’incubo nucleare si conclude il 400mo giorno di guerra.
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