«Anche durante la cerimonia di inaugurazione dell’anno giudiziario, il ministro della Giustizia, per “sponsorizzare” la sua riforma del processo che prevede lo stop della prescrizione dopo la sentenza di primo grado, ha ripetuto che “in tutta Europa vige un sistema di prescrizione che è, non dico identico, ma simile al modello che abbiamo introdotto”. Niente di più falso!». Così Antonio Leone, presidente del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, attacca il Guardasigilli Alfonso Bonafede e lo invita «a rileggersi la delibera che il Csm ha approvato il 18 dicembre del 2018 proprio su questa riforma, e che ha recepito il documento dell’Ufficio studi dello stesso Csm, dalla quale vengono fuori severe criticità ed un minuzioso studio comparato sull’istituto della prescrizione (si, proprio la prescrizione) negli altri Stati europei».

Leone aggiunge che «Non vi è chi non veda, poi, (a meno che non si abbiano i paraocchi ed una scarsa dimestichezza con la materia!) quanto sia fuorviante operare comparazioni avulse da premesse legate ai diversi contesti ordinamentali, come ad esempio i sistemi di Common law che vedono l’azione penale discrezionale ed i pubblici ministeri non magistrati. È inutile, quindi – prosegue – voler continuare a mischiare le mele con le pere! Anche perché oltre ai fasulli e pretestuosi paragoni si continua dolosamente ad omettere la comparazione dei tempi di durata dei processi negli altri Paesi: solo con i tempi ragionevoli (che noi non abbiamo) ci si possono permettere tutte le interruzioni della prescrizione che si vuole», sottolinea.

«Volete un esempio? In Francia i reati a mezzo stampa si prescrivono in tre mesi. Sapete cosa significa? Significa che per evitare la prescrizione bisogna mettere mano ad uno degli atti interruttivi previsti. In Italia tre mesi non bastano nemmeno per intestare la copertina del fascicolo» osserva. «E allora, chi rappresenta la magistratura italiana, il Csm o l’Anm?», domanda Leone. «Un parere richiesto dal ministro il Csm l’ha già dato. Si può avere in maniera circostanziata un parere dell’Anm? O basta qualche frettolosa dichiarazione del presidente Poniz (magari la numero due sull’argomento, frutto di un combinato disposto relativo all’affossamento di un sorteggio non gradito)? Le inefficienze dello Stato che non riesce ad emettere una sentenza definitiva dopo decenni non devono essere scaricate sul cittadino. L’Italia è stata spesso condannata per l’eccessiva durata dei processi: lo stop della prescrizione significa solamente non riconoscere il diritto del cittadino imputato e del cittadino vittima di conoscere l’esito del processo in tempi ragionevoli», conclude Antonio Leone.

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