Putin l’aveva detto chiaramente già nel 2007, alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza. La Russia rifiutava quel che chiamò l’unipolarismo americano, promettendo di difendere a ogni costo i propri interessi di grande potenza. In altre parole, sfidava l’Occidente. Vent’anni dopo si direbbe che il lavoro è andato avanti. Molto avanti. Pezzo dopo pezzo, l’Europa orientale sembra che si prepari a tornare un’Europa russa.

La nuova geopolitica europea

La sequenza degli avvenimenti è impressionante. La Georgia è stata messa in sicurezza da ogni tentazione occidentalista grazie a un governo illiberale di osservanza moscovita. L’Ungheria di Orbán costituisce, da tempo, poco meno che la quinta colonna di Putin a Bruxelles. L’Ucraina è stata mutilata della Crimea e poi, con l’aggressione del 2022, dei suoi territori orientali, già unilateralmente annessi alla Federazione russa. La Slovacchia di Fico si oppone agli aiuti militari a Kiev ed è contro le sanzioni a Putin. La Romania, se le urne del 18 maggio confermeranno il successo dell’euroscettico George Simion, sembra avviarsi a una presidenza non meno ostile a sostenere militarmente gli ucraini. La stessa Polonia, che pure è stata il perno del fianco orientale Nato in funzione antirussa, rischia di diventare, con le presidenziali di quello stesso 18 maggio, assai meno favorevole a Zelensky che nel passato. Quanto alla Germania, dapprima ha fatto rumore il successo elettorale dell’Afd – primo partito, guarda caso, nell’ex Ddr – e oggi torna alle cronache per le difficoltà incontrate da Merz nell’ottenere la maggioranza al Bundestag. Il che segnala le forti resistenze interne alla coraggiosa decisione dell’alleanza Cdu-Spd di imboccare la strada del riarmo.

Perché Putin sta vincendo

In un modo o nell’altro, il puzzle sembra prendere forma. E per quanto differenti siano le circostanze da paese a paese, il risultato è di tutta evidenza. Mentre all’inizio del Terzo Millennio l’Occidente (e cioè Bruxelles e la Nato) stava diventando l’opzione prevalente tra gli ex-satelliti dell’impero sovietico, ora il trend si è arenato e anzi, con le buone o con le cattive, sta cambiando di segno. E spesso, significativamente, cambia di segno anche la qualità dei governi dell’Est europeo. Da liberali a illiberali, da democrazie a democrature.

Putin sta vincendo. Guerra guerreggiata, guerra ibrida, interessi materiali, influenze identitarie, tutto sembra rendere meno ipotetica di quanto non si ritenesse l’espansione imperiale della Russia. E naturalmente – si tratti di profonde incrinature o di un vero smottamento – la nuova geopolitica europea ha molto a che fare con il disimpegno di Washington dal teatro continentale. Con quel che sembra, se non un appeasement, la risposta americana a ciò che Putin disse – e minacciò – diciotto anni orsono a Monaco. Certo è che l’Europa, il fortunato continente della pace, è già diventato il teatro della guerra. E rischia di diventare l’agnello sacrificale delle grandi potenze nucleari. Rischia di spezzarsi nuovamente in due.