A immaginarseli.  Contarli. Uno dopo l’altro. Volti.  Bambini. Neonati. Adolescenti. 40.000. Donne, uomini. Anime perse. Corpi  scomposti.  Speranze accostatesi lungo le frontiere: stretti di terra, miglia d’acqua; distese d’arroganza, scrigni d’egoismo impossibili da conquistare.  Sono in quarantamila i migranti scomparsi senza traccia dal 2014, secondo Missing Migrants, un progetto diretto dalla OIM, l’organizzazione internazionale migranti. La maggior parte sono spariti lungo il confine fra Messico e Stati Uniti. A seguire, i fantasmi più numerosi, si sono registrati nelle rotte Mediterranee.

L’Europa e l’America, il sogno più grande per chi scappa; il rischio più alto di finire in un buco nero. Morire per sempre senza mai diventare il segno di un dolore, il bersaglio di una lacrima, il volto sorridente di una foto che sta lì a  dire che per tutti c’è stato un istante di gioia. Nel gergo della mafia, le sparizioni si chiamano lupare bianche, alla morte si aggiunge il supplizio della sottrazione dei corpi. E l’Occidente, rispetto alle disperazioni in fuga, agisce spesso con logiche mafiose, concede chance solo attraverso viaggi della morte, non dà altre scelte: per aprire le proprie porte si deve essere disposti a morire. I più sfortunati debbono mettere in conto di finire sott’acqua senza risalire, di finire sottoterra senza essere più ritrovati.

Vanno via così, al ritmo di 6000 per ogni anno, separati sul corso di diverse frontiere, abbracciati sul corso della morte, fra estranei per avere meno dolore nella scomparsa eterna. Nemmeno una moneta da dare a un qualunque traghettatore pietoso, che lasci tracce del passaggio, che anche in forma anonima invii un messaggio, indichi un posto. 40000 e passa, di volti senza segni. Ogni sette anni troveranno posto su un articolo di giornale, o, nelle ballate di un cantore ispirato. Poi, mano nella mano torneranno ai loro luoghi sconosciuti.

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E' uno scrittore italiano, autore di Anime nere libro da cui è stato tratto l'omonimo film.