Il giovane urologo Attilio Manca venne trovato morto il 12 febbraio 2004 a Viterbo, dove lavorava da poco meno di due anni all’ospedale Belcolle. E ora il caso legato alla sua scomparsa potrebbe arrivare a una svolta. Stando alle rivelazioni del portale Antimafiaduemila, pubblicate dai giornalisti Tobias Follett e Antonella Beccaria, in un’intercettazione ambientale di fine 2003– finora inedita- gli uomini di Bernardo Provenzano, allora ancora latitante, dissero che era necessario “fare una doccia” a un medico per aver negato le cure al boss. Ossia avrebbero dovuto eliminarlo. Quel medico, sebbene non venga nominato, sarebbe appunto Attilio Manca.

Il tumore alla prostata e l’intervento in Costa Azzurra

Secondo quanto ricostruito, Provenzano aveva bisogno di un medico a causa del suo tumore alla prostata. Prima del viaggio in Costa Azzurra, dove sarebbe stato operato, i suoi gregari avevano chiesto la disponibilità a un dottore che però negò il suo aiuto con un secco ‘no’. In questa intercettazione- inserita nel fascicolo che venne aperto dalla Procura di Roma- si sentono le voci di sei o sette uomini, tra cui anche quella di Giuseppe Lo Bue, fedelissimo di Provenzano, che ribadivano la loro sentenza di morte.

Da quel giorno, e per oltre 18 anni, i genitori di Attilio Manca si sono battuti per cercare la verità sulla morte del figlio e ora presenteranno un nuovo esposto. La rilevanza della notizia, si legge sul sito, è stata confermata anche dall’avvocato Fabio Repici, che assiste Gioacchino Manca e Angela Gentile. Secondo i familiari il brillante medico di 34 anni non si tolse la vita con un’overdose da eroina, aggravata dall’assunzione di uno psicofarmaco a base di benzodiazepine. Ma venne coinvolto a sua insaputa nelle cure al ‘boss’ Bernardo Provenzano e quindi ucciso con un’iniezione di sostanza stupefacente: per la famiglia e i legali non fu altro che una messinscena.

Infatti i due fori da siringa erano nel braccio sinistro. Attilio Manca, che comunque non era un tossicodipendente, era mancino e anche secondo le testimonianze di colleghi e conoscenti non era in grado di svolgere delle attività con la mano destra.

“Vent’anni di indagini a vuoto”

Intanto bisogna verificare se questa intercettazione esiste, se così fosse e se fosse vera anche la collocazione temporale di questa intercettazione, che è antecedente alla morte dell’urologo Attilio Manca. Se fosse così, la prima domanda che mi faccio è: questa intercettazione chi l’ha fatta? E cosa ne è stato fatto?” ha dichiarato all’Adnkronos l’avvocato Antonio Ingroia, ex Procuratore aggiunto di Palermo e altro legale della famiglia di Attilio Manca.

Nel corso degli anni, cinque collaboratori di giustizia – Giuseppe Setola, Carmelo D’Amico, Stefano Lo Verso, Giuseppe Campo e Antonino Lo Giudice – avevano rivelato ai magistrati che quello del medico 34enne era stato in realtà un omicidio. Adesso Ingroia chiede chiarezza: ”Mi chiedo, gli ufficiali di Polizia giudiziaria che avrebbero fatto questa intercettazione l’hanno consegnata alla Procura di Palermo? Su quale scrivania l’hanno consegnata? E che sorte ha avuto? Se fosse vero, sarebbe una notizia enorme. Significa anche che Attilio Manca poteva essere salvato, se si fosse intervenuti tempestivamente”

Il legale ha poi sottolineato che la famiglia aveva subito parlato di ‘fatti strani’ collegati al capomafia Provenzano, oltre che a Marsiglia. “Avremmo certamente risparmiato 20 anni di indagini a vuoto, se qualcuno le avesse tempestivamente segnalato. Il primo a cui chiedere qualcosa sarebbe l’allora Procuratore capo di Palermo Pietro Grasso, che seguiva da vicino questa vicenda. Io c’ero in quel periodo in procura e mi chiedo sulla scrivania di quale pm è andata questa intercettazione?” ha aggiunto.

“Una notizia da brividi”

Questa notizia mi ha fatto venire i brividi, come quando vidi le foto del cadavere di Attilio. Non ho potuto fare a meno di pensare all’Olocausto, quando gli ebrei internati, con la scusa di ‘fare la doccia’, venivano indirizzati alle camere a gas. Attilio fu vittima della stessa crudeltà” ha dichiarato all’Agi Angela Gentile, madre dell’urologo siciliano Attilio Manca. “ll pensiero che questa intercettazione risalga al 2003 e che la Procura di Roma non ne abbia mai fatto uso mi toglie il sonno”.