L’accordo raggiunto dal centrodestra italiano per le regionali di settembre provoca un potente effetto déjà-vu: ancora Stefano Caldoro aspirante governatore della Campania e ancora Raffaele Fitto aspirante governatore della Puglia. Silvio Berlusconi – rappresentato da Antonio Tajani, suo sobrio e rassicurante avatar, nelle estenuanti trattative con gli alleati- e Giorgia Meloni possono esultare: il forzista Caldoro e il fratello d’Italia Fitto erano le prime e uniche scelte dei loro partiti. Entrambi fino a ieri fortemente contestati dall’alleato più ingombrante, quel Matteo Salvini calato nei sondaggi e al quale la svolta vintage non piace affatto. Ma va capito: Stefano Caldoro diventava governatore della Campania, battendo il suo eterno rivale Vincenzo De Luca, nel 2010, quando Salvini era ancora un europarlamentare milanese con scarso senso per il Sud e il giovane rampante di un partito chiamato Lega Nord e guidato da Umberto Bossi.

Dieci anni dopo, con in mezzo un secondo round Caldoro vs De Luca vinto dal secondo, il centrodestra ripropone lo stesso candidato, come se nel frattempo il processo di “italianizzazione” della Lega depurata dalla parola “Nord” e dai vari razzismi anti-meridionali non fosse mai avvenuto. Come se il Capitano non fosse ancora radicato al Sud, come se non fosse davvero il leader del centrodestra. La designazione dell’ex democristiano e forzista ora sovranista Raffaele Fitto sparge altro sale sulla ferita: quando l’ex pupillo di Berlusconi diventava presidente della Puglia nel 2000, Salvini era un giovane consigliere comunale di Milano che non stringeva la mano all’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi perché “non lo rappresentava” e faceva lo speaker a “Radio Padania Libera”. Vent’anni dopo, durante i quali l’Italia è passata dalla lira all’euro e Baggio, Maldini e Del Piero hanno appeso gli scarpini al chiodo, Fitto ci riprova. Quindici anni dopo la sconfitta subita da Nichi Vendola ed essere passato dalle lezioni di Luigi Sturzo a quelle di Viktor Orban.

Un’incoronazione che fa male a Salvini, da tempo impegnato nel tentativo di rendere la Lega un partito nazionale e che sognava di piazzare finalmente un suo uomo alla guida di una grande regione del Sud. Ma Berlusconi e Meloni, subissati di richieste e insistenze da parte del leghista sulla “necessità di valorizzare nuovi nomi” e sul “rinnovamento della politica meridionale”, non hanno mollato. Il Capitano, che aveva pure provato a suggerire altre personalità di Forza Italia in Campania, ha ceduto. E l’annuncio di imminenti candidati sindaci leghisti a Reggio Calabria, Andria, Nuoro e Chieti non basta a mascherare la “cacciata” dal Meridione. In Liguria il centrodestra sosterrà l’uscente Giovanni Toti, altro ex pupillo di Berlusconi e adesso amico di Salvini ma con ampia autonomia.

Nelle Marche altra bandierina difesa dalla Meloni: candidato il fratello d’Italia Francesco Acquaroli. In Veneto la coalizione appoggerà l’attuale governatore Luca Zaia, politicamente sopravvissuto al Coronavirus ed esponente di una Lega diversa da quella incarnata dal suo attuale leader: quasi sempre moderata, legata al territorio, non arcinemica dell’Europa e intrinsecamente nordista e confindustriale. Una Lega più “piaciona”. E Zaia, amato anche fuori dal suo partito, amico del collega emiliano e democratico Stefano Bonaccini, spesso evocato come possibile premier del centrodestra, è nei fatti l’alternativa interna a Matteo Salvini. Il quale non potrà intestarsi la sua molto quotata facile riconferma in Veneto e dovrà sorridere amaro al successo del rivale. Magari mangiando nervosamente delle ciliegie. In Toscana spazio finalmente a una fedelissima del capitano, l’europarlamentare Susanna Ceccardi, già agguerrita sindaca anti-rom di Cascina.

A lei la sfida titanica di espugnare la regione rossa che vedrà uniti perfino il Pd e Italia Viva. Una partita già vista, con la leghista Lucia Borgonzoni in Emilia Romagna. Non è andata benissimo, mugugni degli alleati inclusi a urne ancora calde. Forse Salvini ci ha già pensato, in questo momento dèjà-vu. Nel dubbio la Meloni, in ascesa nei sondaggi, ieri si è permessa di dire “Salvini leader del centrodestra? Vedremo”.