La barca Italia, “malandata ma sempre la più bella” (cit. Meloni), ha iniziato la navigazione. Il governo ha avuto la fiducia ed è nel pieno dei suoi poteri. I ministri stanno cercando di definire gli staff, operazione non semplice (“sono tutti legati al centrosinistra, non possono lavorare con noi”) che può determinare successo o insuccesso del mandato. E deve essere definita la squadra di viceministri (Meloni non li vorrebbe) e sottosegretari.

Oltre trenta incarichi (36) del cosiddetto “sottogoverno” che saranno l’ultima parola sul livello di litigiosità della coalizione. Per essere più chiari: se finora Berlusconi (e Ronzulli) ha chiuso le tensioni, ha accettato il ruolo di padre-nobile e il passaggio del testimone alla leader di Fratelli d’Italia, lo ha fatto perché conta di portare a casa una dozzina di nomine. E non dodici nomi a caso, bensì proprio quelli che vuole lui. Gira una lista, che vedremo tra qualche riga. In modalità “attesa” – e quindi congelamento di fughe in avanti e richieste difficili – è anche la Lega. Salvini può pretendere meno – ha già avuto la presidenza della Camera e ministeri più forti di Forza Italia – però deve tenere buoni i suoi, i fedelissimi che non sono arrivati al governo. Due nomi su tutti: Rixi e Centinaio. E poi ci sono i Moderati di Lupi e Cesa.

Sfumato il ministero per Lupi – all’ultimo miglio i Rapporti con il Parlamento sono andati a Ciriani (Fdi) – va trovata una moneta di scambio analoga e di ugual peso. Anche perché, durante la navigazione, la scialuppa dei centristi avrà un ruolo strategico per la sopravvivenza stessa del governo. Meloni immagina – lavora per – che possano approdare qui gli azzurri che a un certo punto decideranno di sottrarsi alla gestione di Forza Italia. Insomma, quella del sottogoverno è una partita delicatissima – a dispetto della parola – non a caso rinviata. Previsto per oggi, il Consiglio dei ministri per la nomina è slittato a lunedì 31 ottobre. E comunque il giuramento sarà il 4, dopo il ponte di Ognissanti. Ci sta che anche le nomine slittino a dopo il Ponte.

In modo che il presidente del Consiglio possa prendere confidenza con i luoghi e i dossier. “L’obiettivo è chiudere nel giro di pochi giorni”, spiegava ieri una fonte di governo lasciando intendere che la trattativa per riempire tutte le caselle è ancora in salita. Ancora una volta è stato deciso prima il metodo, così come fu fatto per le liste: 50% a Fdi; 25% a testa per Forza Italia e Lega; nel 50% di Fdi ci stanno i Moderati.
Forza Italia ha chiesto 12 posti per i seguenti nomi: Valentini (Esteri); Giacomoni; Battistoni (Agricoltura), Barachini (Editoria), Aprea, Perego, Cappellacci, Siracusano, Mangialavori, Bergamini (confermata ai Rapporti con il Parlamento), Sisto e Barelli viceministri alla Giustizia e all’Interno. La richiesta dovrebbe essere ridotta a 2 vice ministri e 6-7 sottosegretari. Per Valentino Valentini, che ha sempre curato gli esteri quando Berlusconi era a palazzo Chigi, ci sono un po’ di problemi per via della antica consuetudine con i dossier russi.

Potrebbe quindi approdare alla Difesa e agli Esteri, con Tajani, potrebbe andare Matteo Perego. Questa lista sta provocando molte tensioni interne perché non figurano nomi storici di Forza Italia (ad esempio Moles e Mandelli) che hanno invece avuto rassicurazioni in tal senso. La Lega dovrebbe, ancora una volta, avere più di Forza Italia, un punto su cui gli azzurri hanno iniziato ad accendere i riflettori. Si parla di un paio di viceministri e 9-10 sottosegretari. Sembrano sicuri Edoardo Rixi alle Infrastrutture, Claudio Durigon al Lavoro e Nicola Molteni al Viminale.

Il resto delle caselle sarà riempito da esponenti di Fratelli d’Italia. Giovanbattista Fazzolari, uno dei più ascoltati consiglieri di Meloni, quasi sicuramente sarà sottosegretario all’Attuazione del programma. Il responsabile economico del partito Maurizio Leo è destinato al Mef. Ieri è entrato nel pomeriggio a palazzo Chigi dove poco prima era arrivato anche il ministro Giancarlo Giorgetti. Oltre ai nomi e ai pesi specifici interni, la premier dovrà tenere ben presenti i numeri della maggioranza in aula. Nove senatori sono ministri, non potranno stare in aula e soprattutto nelle commissioni. Già così la maggioranza a palazzo Madama è ridotta a cinque senatori in più. Pochissimi. Che succede se saranno distaccati altri per fare i sottosegretari? Alla Camera non ci sono questi problemi.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.