Il combinato di referendum e legge elettorale, semmai ce ne fosse bisogno, sta mandando in tilt il Pd. Nicola Zingaretti nei giorni scorsi aveva fatto sapere ai suoi alleati del Movimento 5 stelle e di Italia viva che senza accordo sul proporzionale avrebbero detto no al taglio dei parlamentari. Un no che arriva dopo aver ceduto, anche su questo tema, agli amici populisti. Ma chissà forse non è troppo tardi per fare un passo indietro, anche perché i malumori in casa dem diventano sempre più forti.

Ieri la bastonata è arrivata dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori: “Da un taglio dei parlamentari – che è materia costituzionale – non si torna indietro. E dunque non è questione di correttivi. Se anche si dovesse arrivare in extremis ad approvare il proporzionale: la sostanza non cambia. Al prossimo giro potrebbe benissimo tornare l’ipermaggioritario, con tutti i rischi del caso. La verità è che il Pd ha fatto un errore madornale nel piegarsi al populismo e alla cultura antiparlamentare dei 5Stelle. Adesso – ha chiuso Gori – l’unica dignitosa via d’uscita è ammetterlo e sperare che il 20 settembre la maggioranza dei cittadini dica di no ad una riforma che mina i fondamenti della nostra democrazia rappresentativa”. E proprio di ieri i “parlamentari schierati per il no” hanno incontrato i presidenti di Camera e Senato per sottolineare la necessità di una “una piena e corretta informazione pubblica” sul quesito referendario.

Durante la conferenza stampa organizzata dal forzista Simone Baldelli a Montecitorio, hanno ribadito le loro ragioni i deputati di diverse forze politiche, da Forza Italia al M5s. Due gli appelli lanciati in apertura da Baldelli. Uno ai dem, l’altro a giornalisti, personalità dello spettacolo e della cultura affinché, qualora le condividessero, pubblicizzassero le ragioni della loro contrarietà alla riforma costituzionale.

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