Una sentenza del Consiglio di Stato promossa dall’ASPAT, associazione di categoria che rappresenta Centri diagnostici privati convenzionati, ha sancito, attraverso un commissario ad acta nominato per eseguire l’accertamento, che in Campania mancano all’appello 12 milioni di prestazioni sanitarie ambulatoriali. Ne occorrono quasi 67 milioni rispetto alle circa 55 milioni normalmente erogate. Tutte queste prestazioni sanitarie, ad esempio, Tac, risonanze, radiografie, ecografie, analisi cliniche di laboratorio, elettrocardiogrammi, dialisi, fisioterapie, etc., erogate dal pubblico e dai Centri accreditati, occorrono per soddisfare gli obbligatori LEA, i livelli essenziali di assistenza sanitaria al cittadino.

Erano e sono ben note le lunghe liste di attesa; settimane, mesi, talvolta anche un anno intero e più, viste purtroppo le note carenze degli ambulatori pubblici delle Asl e degli ospedali che dovrebbero eseguire questi esami diagnostici nei tempi previsti dalla legge. Come era noto che rivolgendosi ad uno dei Centri accreditati, che non hanno mai chiuso nemmeno in piena pandemia, ci si sottoponeva all’esame diagnostico praticamente subito, oppure dopo pochissimi giorni, tempistiche ottimali per diagnosi precoci di patologie di ogni genere e gravità. Queste prestazioni quindi, grazie sostanzialmente alle strutture convenzionate, sono state sempre prontamente garantite, tranne negli ultimi tre, quattro mesi dell’anno perché, appunto, non sono previste le 12 milioni di prestazioni mancanti, certificate dal Consiglio di Stato. Per evitare questo fastidioso blocco delle prestazioni in convenzione per gli ultimi mesi dell’anno, la Regione Campania ha emanato, senza alcuna concertazione e nella sorpresa generale, un bizzarro provvedimento: la delibera di Giunta 599 del 28 dicembre 2021.

Questo atto, con cui la Regione crede di risolvere il problema, assegna ad ogni Centro diagnostico un numero di prestazioni e un budget prefissato che dovrà essere erogato però per dodicesimi, ripartito cioè per i dodici mesi dell’anno. In tal maniera, sempre secondo la Regione, l’assistenza è garantita tutto l’anno! La matematica però, insieme al risultato dell’applicazione delle nuove regole già a gennaio, hanno clamorosamente smentito gli estensori della delibera. Infatti, il budget annuale, che bastava per appena sette/otto mesi, diviso oggi per dodici mesi, basta appena per i primi 15/20 giorni del mese in corso, causando lista di attesa per il mese successivo. Lista che riempendosi per il mese seguente, si allungherà al mese ancora dopo.

Insomma, ad esempio, telefonando ad un centro diagnostico il 15 gennaio, si avrà una prenotazione per febbraio/marzo. Ovviamente, più passano i mesi, più la lista si allungherà, fino ad arrivare ai circa quattro mesi, esattamente quelli corrispondenti ai blocchi di fine anno precedenti. Esattamente ciò che sta succedendo in questi giorni. Una coperta corta che non riusciva a coprire l’intero anno solare, è stata trasformata in dodici copertine altrettanto corte che hanno generati liste di attesa anche dove non c’erano mai state. E’ come se le inefficienze del pubblico fossero state iniettate nelle strutture convenzionate. Il tutto in mancanza di un CUP, il Centro Unico Prenotazioni pubblico/convenzionato che sia attivo e funzioni. Una cera e propria giungla organizzativa. Il budget fisso ad ogni struttura, peraltro, oltre a negare la libertà di scelta del paziente, inibisce ogni possibilità di crescita imprenditoriale, stravolgendo piani di investimento, ampliamento e miglioramento tecnologico e relative assunzioni di personale tecnico e amministrativo che pure era nei piani di tante aziende del settore.

Ovviamente, in una situazione del genere, sono i cittadini meno abbienti che subiscono le conseguenze dei ritardi e delle lunghe attese per i loro esami diagnostici non potendosi permettere il pagamento di una prestazione privata. Si spera che la Regione Campania ascolti le rappresentanze delle categorie interessate e principalmente il Consiglio di Stato, per porre un efficace rimedio a questa situazione di grande disagio sociale che si svolge, ricordiamolo, in piena emergenza pandemica, dove controlli e prevenzione di tante e pericolose patologie sono state troppo volte rimandate per timore dei contagi.