Vladimir Putin, dalla sua posizione di forza, per ora ha accontentato Recep Tayyip Erdogan frenando l’offensiva del regime di Damasco su Idlib. La strana alleanza tra lo zar e il sultano resta in piedi. Ma l’intesa raggiunta per il cessate il fuoco è precaria e comunque non risolverà la crisi dei rifugiati che premono sull’Europa, spiega a il Riformista Andrey Kortunov, direttore del Russian International Affairs Council (Riac), che fornisce allo staff di Putin analisi e raccomandazioni di politica estera. Secondo Kortunov, per fermare la fuga da Idlib l’Ue deve partecipare a un piano per la ricostruzione post-bellica in Siria. E il Cremlino vorrebbe favorire questo processo. Se è un ballon d’essai, arriva dai maggiori responsabili dei bombardamenti. Ma visto il fallimento morale e politico di cui il dramma dei profughi al confine greco-turco è diventato il simbolo, forse l’Ue non può permettersi di ignorarlo. Andrey Kortunov risponde a Il Riformista dagli uffici del Riac a Mosca.

Il cessate il fuoco a Idlib, se regge, potrebbe dar respiro all’Europa sul fronte dei rifugiati. C’è compiacimento al Cremlino per essere l’ago della bilancia nell’ennesima crisi Ue sull’immigrazione, dopo aver contribuito a crearla devastando insieme all’alleato Assad il nord-ovest della Siria?
Ritengo che la crisi dei rifugiati continuerà. La gente è scappata da Idlib a causa dei bombardamenti russi e siriani, ma anche se la tregua reggesse continuerebbe a scappare. Perché la situazione in quell’area è diventata così disperata da rendere inevitabile per motivi economici la fuga attraverso la Turchia, fino ai confini europei. Penso sia arrivato il momento per l’Ue di farsi avanti, e di offrire qualche tipo di piano post-bellico per Idlib. Questo contribuirebbe a moderare le animosità e a disinnescare la miscela politica esplosiva presente in quell’area. Si sta discutendo della possibilità di un vertice a cui partecipino la Merkel e Macron.

Il Cremlino vedrebbe con favore il coinvolgimento dell’Ue?
Mosca vorrebbe lavorare con gli europei in Siria, e Idlib è parte del puzzle. Si vorrebbe coinvolgere l’Ue in passi inizialmente anche modesti per la ricostruzione del Paese. C’è interesse a incentivare in qualche modo l’Europa a cambiare la politica delle sanzioni contro Damasco.

Intanto, la tregua durerà?
Credo che le violazioni saranno inevitabili. Prima di tutto perché né la Russia né la Turchia hanno pieno controllo sui loro alleati. Assad ha un certo grado di autonomia, e penso che non rinuncerà ad arrivare a Idlib. Ed Erdogan non è il padrone di Hayat Tahrir al-Sham (milizia jihadista erede di al-Qaeda/al-Nusra, alleata con i ribelli anti-Assad ndr) e degli altri gruppi attivi in quell’area. Inoltre, l’accordo raggiunto a Mosca non dice niente sul futuro di Idlib. Ci sono ancora punti di vista parecchio diversi su quel che succede e sulle dinamiche politiche nel nord-ovest della Siria.

E qual è il punto di vista russo? Restituire tutta la Siria al regime di Assad? Oppure la priorità adesso è proteggere le basi militari ed evitare lo scontro diretto con la Turchia?
La posizione ufficiale della Russia è in difesa dell’integrità territoriale siriana: nessuna spartizione. Ma questo non significa dare il controllo dell’intero territorio ad Assad domani. Non c’è alcuna ostinazione in questo senso. Una dilatazione dei tempi è certamente accettabile, per la Russia. Il problema a Idlib però non è solo politico, ma anche di sicurezza: le milizie jihadiste hanno attaccato le nostre infrastrutture. Stanno diventando più forti, ottengono equipaggiamento e supporto finanziario da più parti. Gli Usa stanno ventilando la possibilità di “sfilarli” dalla loro lista nera e di non considerarli più come terroristi. Questa componente militare è cruciale, nella visione russa. I gruppi estremisti come Hayat Tahrir al-Sham devono esser neutralizzati.

Ci sono “falchi” al Cremlino e nelle forze armate russe contrari a questa tregua e favorevoli a chiudere subito la partita a Idlib?
Certamente ci sono differenze di opinione. L’apparato militare russo è per il supporto incondizionato ad Assad. In molti temono che il presidente Putin conceda troppo a Erdogan a scapito delle relazioni con Damasco. In effetti, si potrebbe argomentare che l’accordo per il cessate il fuoco sia stato firmato alle spalle di Bashar al-Assad. Pare che non ci sia neanche un testo in arabo, dell’accordo. Non è da escludere la possibilità che il regime siriano finisca per sentirsi tradito e reagisca a questa violazione di fiducia lavorando più attivamente con il suo altro alleato nel conflitto, l’Iran.

E questo non sarebbe nell’interesse di Mosca, che nella guerra siriana e nella futura ricostruzione vuole la leadership…
Infatti. Immagino che ora i militari russi debbano convincere i loro partner siriani che la posizione della Russia nei loro confronti non è cambiata, e che possono continuare a contare su un sostegno pieno.

C’è il rischio di un sabotaggio di questa tregua da parte da parte dei comandanti militari russi in Siria?
Non di un sabotaggio diretto: Putin non vuol certo sentirsi accusare da Erdogan di non avere il controllo delle sue forze armate. Ma credo che i militari russi sul terreno potrebbero chiudere gli occhi davanti a eventuali violazioni del cessate il fuoco da parte siriana. Così come i militari turchi avrebbero atteggiamenti permissivi nei confronti di violazioni da parte dei miliziani anti-Assad. I militari sul teatro di guerra lavorano fianco a fianco dei loro alleati, il rapporto è tra compagni d’armi. Se qualcosa va storto, avranno un atteggiamento del tutto favorevole ai propri alleati e del tutto critico verso i “clienti” altrui. E questo vale per i militari russi come per quelli turchi.

Le relazioni russo-turche alla fine reggeranno a questo test? Putin è deluso di Erdogan?
Certamente c’è stata una violazione della fiducia. Da ambo le parti. Sia Putin che Erdogan hanno ragioni per lamentarsi riguardo all’implementazione degli accordi di Sochi (che nel settembre 2018 crearono un zona demilitarizzata a Idlib, ndr). Se poi si siano mai davvero fidati l’uno dell’altro, questo resta un bel punto interrogativo. Di sicuro dall’escalation nella Siria nord-occidentale il rapporto esce danneggiato. Non credo che però questo implichi la fine della cooperazione. Perché le due parti hanno bisogno l’una dell’altra. Entrambe sentono di avere problemi comparabili, se non simili, con l’Occidente.

La disillusione nei confronti dell’Occidente è più forte della delusione reciproca?
Russia e Turchia sono dei paria, per l’Occidente. E questo le porta a convergere. Per Ankara sarebbe forse meno difficile che per Mosca, uscire da questa emarginazione. Ma la stessa Nato, di cui la Turchia fa parte, non ha certo risposto con entusiasmo a la richiesta di aiuto di Erdogan per Idlib. Tantomeno gli Usa. Trump probabilmente vorrebbe negoziare un accordo, ma il track record negativo del presidente turco su diritti umani ed altre questioni al momento fa prevalere le ragioni di chi alla Casa Bianca lo sconsiglia. Turchia e Russia oggi si necessitano a vicenda. Non solo a Idlib ma anche nel nord-est della Siria, riguardo alla questione curda. E in Libia, dove pure gli interessi appaiono contrapposti. Non penso proprio che Putin ed Erdogan siano disposti a mettere a rischio quanto ottenuto in anni di collaborazione. L’accordo di Mosca fa capire che non vogliono oltrepassare il limite. Né l’uno né l’altro.