Il dibattito sulla 'conta' dei positivi
Bollettino Covid, anche Cts e Gimbe frenano le Regioni: “Non deve cambiare, nuova proposta di conteggio è rischiosa”
Dopo l’Istituto superiore di sanità è il turno del Cts, il Comitato tecnico scientifico. Gli esperti sono d’accordo: il bollettino che quotidianamente viene diffuso dal ministero della Salute per rendere noti gli ultimi dati sull’andamento dell’epidemia di Coronavirus in Italia deve rimanere invariato.
È questo infatti l’orientamento emerso nella riunione di oggi del Cts, tenuto a dare il proprio parere in merito alla richiesta avanzata dalle Regioni di modificare le modalità con le quali vengono conteggiati i nuovi casi e i ricoveri Covid negli ospedali.
Secondo fonti del Comitato citate dall’Ansa, il Cts avrebbe infatti ribadito la necessità di continuare a conteggiare anche gli asintomatici che entrano in ospedale per altri motivi ma che risultano positivi al virus per monitorare l’andamento della pandemia e identificare le varianti. Gli esperti del Comitato tecnico scientifico hanno seguito in questo caso le indicazioni già espresse ieri dall’ISS, rilevando come anche l’Ecdc europeo e gli altri organismi internazionali conteggino tutti i casi di positività a prescindere dalla situazione sintomatica.
La proposta delle Regioni
Tre invece le proposte formulate dalle Regioni: nessun isolamento per chi è positivo al tampone ma ha la terza dose; quarantena di sette giorni per i positivi asintomatici con terza dose; distinguere nel bollettino i positivi asintomatici e sintomatici, oltre all’occupazione dei posti letto tra pazienti Covid e non.
Una mossa fatta anche per evitare ulteriori restrizioni: con la modifica chiesta al governo si taglierebbe circa il 30% di “Covid non Covid” e nessuna regione passerebbe più in zona arancione e molte tornerebbero anche in fascia bianca, nonostante i numeri Agenas indichino come il 27,1% dei reparti di medicina sia occupato da pazienti Covid.
La posizione di Iss e Gimbe
Proposta bocciata come detto dal Cts e dall’Istituto superiore di sanità già ieri. In una nuova edizione delle domande frequenti diffusa ieri, le Faq, l’Istituto ha spiegato la sua ‘posizione’ sul tema: “La sintomatologia è variegata e in evoluzione per via delle varianti. L’infezione spesso per i vaccinati è asintomatica, ma non sorvegliandola si limiterebbe la nostra capacità di identificare le varianti emergenti, le loro caratteristiche, e non potremmo conoscere lo stato clinico che consegue all’infezione per età, stato vaccinale, comorbidità della popolazione. Inoltre non renderebbe possibile monitorare la circolazione del virus nel tempo e, di conseguenza, prevedere i rischi di un impatto peggiorativo sulla capacità di mantenere adeguati livelli di assistenza anche per patologie diverse”.
Critiche dure sono arrivate alla posizione delle Regioni sul bollettino Covid anche da Gimbe. Secondo la Fondazione presieduta da Nino Cartabellotta la proposta degli Enti locali “oltre a sottostimare il reale sovraccarico degli ospedali, aumenta l’impatto organizzativo e il carico di lavoro degli operatori sanitari e presenta numerosi rischi“.
“Innanzitutto, la proposta è inadeguata per ragioni cliniche: considerato che la Covid-19 è una malattia multisistemica che colpisce vari organi e apparati, definire lo status di “asintomatico ” è molto complesso, specialmente nei pazienti anziani con patologie multiple; inoltre, la positività al Sars-CoV-2 può peggiorare la prognosi di pazienti ricoverati per altre motivazioni, anche in relazione all’evoluzione della patologia o condizione che ha motivato il ricovero e alle procedure diagnostico-terapeutiche attuate. In secondo luogo, è inapplicabile per ragioni organizzative: la gestione di tutti i pazienti Sars-CoV-2 positivi, indipendentemente dalla presenza di sintomi correlati alla Covid-19, richiede personale, procedure e spazi dedicati, oltre alla sanificazione degli ambienti. Di conseguenza, risulta molto difficile immaginare la gestione degli “asintomatici” senza risorse aggiuntive, in particolare locali e personale. Infine, ha rilevanti risvolti medico-legali: la responsabilità di assegnare il paziente ricoverato ad una delle due categorie, con tutte le difficoltà e le discrezionalità del caso, è affidata al personale medico e alle aziende sanitarie, su cui ricadrebbero i rischi“, spiegano da Gimbe.
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