È ancora al centro della cronaca e delle polemiche la morte di Diego Armando Maradona. E sotto i riflettori c’è il suo medico, ora indagato per omicidio, Leopoldo Luque. Il campione argentino è morto lo scorso 25 novembre, a 60 anni, all’improvviso. È stato sepolto al Jardin de Bella Vista. Soltanto l’11 novembre era stato dimesso dopo esser stato operato al cervello. Luque ha 39 anni, è neurochirurgo specializzato in interventi al cervello e alla colonna vertebrale. L’ipotesi di reato mossa nei suoi confronti e di omicidio colposo.

“Sto molto male perché è morto il mio amico. Non posso credere al fatto che si continui a dire che non sono stato con lui – ha detto Luque ai giornalisti nel patio della sua casa dove ha improvvisato una conferenza stampa – Tutto quello che ho fatto per Diego è stato più del dovuto, non meno. Ogni volta ci riunivamo per capire cosa fosse meglio per Maradona, e non potevamo andare contro la sua volontà, perché senza di lui niente poteva essere fatto. Allora perché adesso non indagano su chi era Diego?”. La Procura di San Isidro ha ordinato la perquisizione e dell’ambulatorio privato del medico. Gli sono stati sequestrati documenti, computer e cinque telefoni cellulari. Luque è nato a Lanús (dov’è nato anche Maradona) e vive ad Adrogué. È sposato e ha due figli. Curiosità: è omonimo di un altro calciatore, peraltro campione del Mondo ai Mondiali in Argentina del 1978, Leopoldo Luque, attaccante di Santa Fe.

IL RAPPORTO – Il rapporto professionale cominciò nel 2016. Come ricostruisce il Clarin, il giornale che ha dato per primo la notizia della morte di Maradona, il telefono di Luque squillò: era un collega che gli riferiva che il Pibe de Oro cercava un neurologo. Il pensiero era andato proprio a lui e al suo socio Ariel Sainz, con il quale guidano il centro medico Columna Baires, che punta a risolvere patologie spinali con interventi mininvasivi e con recupero rapido. “Non riuscivamo a crederci – ha raccontato in seguito Luque – ‘Quale Diego? Diego Maradona?’ ci chiedevamo. Fino al giorno in cui lo incontrammo non dicemmo niente a nessuno, avevamo dubbi. La notte prima dell’appuntamento nessuno dei due ha dormito, prima di arrivare prendemmo un miorilassante (rilassante muscolare, ndr) perché eravamo molto nervosi”.

La missione principale del medico in questi anni è stata occuparsi del miglioramento delle capacità deambulatorie di Maradona. L’ex campione e allenatore soffriva infatti dolori alle ginocchia e alle caviglie. Negli anni la relazione, anche personale, tra i due è diventata molto più intima dopo il suo ritorno in Argentina. Prima di tornare Maradona aveva infatti allenato negli Emirato Arabi e in Messico. El Pibe de Oro si è sottomesso a più stringenti controlli e cure motorie. Nel luglio 2019, si sottomise a un’operazione al ginocchio destro, al quale venne applicata una protesi. Dopo un paio di mesi divenne allenatore del Gimnasia Esgrimia La Plata.

LA CARRIERA – Luque ha ricevuto un diploma onorario per i suoi studi dall’Università di Buenos Aires, dove ha cominciato una carriera universitaria alla Cattedra di Neurochirurgia della Facoltà di Medicina. Ha lavorato sei anni alla Fundación Barceló e dal 2017 all’Ospedale Tedesco e al Cruce. Dal 2019 è uno dei direttori di Columna Baires.

Dopo l’operazione dei primi di novembre, Luque era stato al centro delle attenzioni dei media. “Diego è incredibile – aveva detto il medico – ma dobbiamo continuare a lavorare su di lui. Troveremo un posto adatto alla sua convalescenza”. Maradona era stato operato,  ai primi di novembre, per un ematoma subdurale che aveva generato un coagulo nel cervello. La Nación scrive che “in virtù delle prove che si stanno accumulando è stata decisa la perquisizione. Se verranno confermate le irregolarità nel ricovero domestico di Maradona, si potrebbe configurare il reato di omicidio colposo”. Le perquisizioni sono state ordinate dal procuratore di Benavidez Laura Capra e dai giudici e dai procuratori aggiunti di San Isidro, Patricio Ferrari e Cosme Irribaren.

LO SFOGO – “Diego era un paziente che poteva essere dimesso – si è difeso Luque – Aveva l’autorizzazione di andarsene, per la parte neurochirurgica, dalla clinica. Poi è cominciato un dibattito su scelte per le quali il paziente deve collaborare, io non posso obbligare un paziente e ricoverarlo in un manicomio se non ho un parere in questo senso da uno psichiatra”, così come non “posso portarlo in un centro di riabilitazione se lui non vuole. Perché poi il paziente se ne sarebbe potuto andare via a suoi piacimento. Ci sono video in cui si vede che sta bene. Ancora non sono stati diffusi, ma lo saranno presto”. L’ultima immagine di Maradona in vita lo mostra zoppicante, accompagnato da due persone, mentre saluta un bambino che lo chiama da lontano.

“Tutto quello che ho fatto per Diego – ha detto il medico – è stato più del dovuto, non meno. Ogni volta ci riunivamo per capire cosa fosse meglio per Maradona, e non potevamo andare contro la sua volontà, perché senza di lui niente poteva essere fatto. Allora perché adesso non indagano su chi era Diego?”  Un vero e proprio sfogo quello di Luque, nel punto stampa nei pressi della sua abitazione: “Non ci sono stati errori medici. Maradona ha avuto un attacco cardiaco, e purtroppo è la cosa più comune del mondo morire così, voglio dire che può succedere – ha aggiunto – In ogni momento sono stato con lui. E ho visto molta gente che prima non avevo mai visto. Sono un neurochirurgo, Diego odiava i medici, odiava gli psicologi, odiava tutto il mondo, Ma era mio amico e io stavo sempre con lui. Aveva bisogno di aiuto, ma era difficile convincerlo a fare certe cose. Lui aveva autonomia e lui decideva”.

Antonio Lamorte

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