La nuova moda
Clonazione del cellulare: altro che trojan, ecco cosa prevede la nuova moda dell’inquisizione
Dal trojan alla clonazione. Da Perugia contro Palamara a Pavia contro Fontana, tempi duri per i telefonini. Su quello di Attilio Fontana si sono buttati con il lanciafiamme alle sette di mattina nella sua abitazione i pubblici ministeri che indagano sulla multinazionale Diasorin e il Policlinico San Matteo di Pavia per l’assegnazione di test sierologici. Avrebbero potuto mandare gli uomini della Guardia di finanza a Palazzo Lombardia a chiedere la consultazione del cellulare del Presidente. Insieme a quello della sua capo segreteria Giulia Martinelli e dell’assessore Giulio Gallera e di qualche Presidente ospedaliero sparso per la città. Pare che addirittura il presidente del Policlinico di Pavia ogni tanto conversasse con il Presidente del Policlinico di Milano, Marco Giachetti, per esempio. Molto sospetto.
Avrebbero potuto limitarsi a controllare usando parole-chiave relative all’inchiesta, come stanno facendo nelle stesse ore nei confronti di altri (compresa la moglie di Fontana, Roberta Dini) nell’indagine sulla donazione di camici, gli uomini della procura della repubblica di Milano. Cioè selezionare notizie e nominativi che possano servire alle indagini, non buttarsi a capofitto sulla vita intera di persone che non sono neppure indagate. Sulla vita loro e su quella di tutte le persone di loro conoscenza, parenti, amici, rapporti politici e istituzionali. Dalla mamma al Presidente della Repubblica, insomma.
Evidentemente a Pavia si usa diversamente da Milano, si preferisce la procedura che si chiama “copia forense”, il che significa duplicazione di tutte le zone del disco, con recupero anche di eventuali file cancellati. Cioè la resurrezione di tutto e tutti, compresi magari i numeri di rompiscatole che cercavi di toglierti di torno. Ed è questo che i pm di Pavia stanno cercando, con mentalità e procedura da inquisizione: non quello che appare, non quello che è, ma quello che non si vede, il famoso “lato oscuro” delle persone. Mettendo insieme telefonate e messaggi che riguardano relazioni istituzionali di un Presidente di Regione, con rapporti politici e anche quelli più personali. Presente e passato. Il tutto dato in pasto agli uomini della guardia di finanza e magari (siamo maliziosi o solo realisti?) direttamente in edicola. Cioè nel luogo che ha ormai scalzato le cancellerie, visto che è lì dove vengono depositati gli atti delle inchieste più delicate e appetibili per il popolo dei voyeurs.
I magistrati di Pavia sembrano furibondi.
Lo si intuisce dalle loro azioni e dalle loro parole. Si sono accorti che il Presidente del Policlinico San Matteo di Pavia, Alessandro Venturi, indagato per peculato e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente per aver affidato senza gara alla Diasorin l’incarico di sviluppare i test sierologici per Covid-19, ai primi di luglio aveva dato una bella ripulita al proprio cellulare. In particolare, scrivono nei decreti di perquisizione, “ha proceduto alla cancellazione massiva dal telefono cellulare di tutte le chat whatsapp”. E questo -fatto considerato particolarmente sospetto-, prima di essere indagato. Sono stati quindi ricostruiti i nomi delle persone che facevano parte dei gruppi, ma non il contenuto delle conversazioni. Per recuperare le quali è necessario il ricorso al napalm, a quanto pare. Poca professionalità o incazzatura feroce? Difficile entrare nella mentalità (e negli stati d’animo, fatto non secondario) dei pubblici ministeri. I quali garantiscono che l’esame dei contenuti sarà limitata “all’alveo dei fatti oggetto di contestazione penale”. Mah. Leggeremo su giornali e social nel prossimi giorni.
L’avvocato Jacopo Pensa, difensore di Attilio Fontana, più che arrabbiato pare sbalordito.
Alle sette del mattino di solito si va ad arrestare la gente, ragiona. Il mio assistito non è indagato e si è visto entrare in casa cinque o sei persone mandate a copiargli il telefonino, dice con una certa ironia. Ma osserva con serietà che potrebbe ricorrere al tribunale del riesame, a causa delle modalità procedurali e anche dei profili di incostituzionalità per l’ovvia presenza di conversazioni istituzionali nel telefonino del Governatore. Certo che il Presidente della Regione Lombardia è proprio preso di mira. Difficile attribuirgli esplicitamente la commissione di reati. Però. I pubblici ministeri di Pavia non si accontentano evidentemente di quel che hanno già portato a casa, cioè le indagini sui due contraenti della vicenda dei test sierologici, l’ospedale San Matteo di Pavia e la multinazionale Diasorin, in seguito alla denuncia di un concorrente, la Technogentics. Vogliono arrivare più in alto, al boccone prelibato dell’assessore Gallera e a quello grosso del Presidente della Regione. Le indagini sono ferme, e tra l’altro il Consiglio di Stato, dopo un primo verdetto contrario del Tar, ha dato piena ragione a Diasorin. Così il contratto è anche pienamente in atto.
Qualcosa di simile sta accadendo alla procura di Milano. Qui la situazione è ancora più delicata, perché lo stesso Fontana si è infilato in un pasticcio economico-familiare che non dovrebbe proprio stare nelle mani della magistratura. E’ la famosa storia dei camici e altri presidi sanitari che la società del cognato e in piccola parte della moglie avrebbe dovuto prima vendere e poi donare alla Regione Lombardia. Vicenda complicata dallo stesso Fontana, che ha cercato in modo goffo di “risarcire” il cognato facendo tornare dalla Svizzera soldi “scudati”, cosa che non è passata inosservata. Ma anche qui, e proprio ieri, abbiamo assistito al balletto dei telefonini. Che cosa cercano i pm in quello della moglie, forse le chiamate sospette del marito? Siamo sempre lì: trojan, clonazioni, copiature. E sempre il buco della serratura. Ci toccherà tornare agli apparecchi a gettone. Ma sappiamo per certo (esperienza di vicinato) che un tempo intercettavano anche quelli.
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