Il primo detenuto positivo al coronavirus in un carcere campano viene tracciato nella casa circondariale di Santa Maria Capua Vetere il 5 aprile, pieno lockdown. Un uomo che da oltre una settimana – denunciava la famiglia – soffre i sintomi del covid. Il giorno stesso 150 detenuti si barricano in una delle sezioni dell’istituto; il giorno dopo decine di ristretti, familiari e associazioni che lavorano nel carcere denunciano la presunta irruzione violenta nel reparto Nilo da parte di alcuni agenti. I primi di giugno protestano anche gli agenti di polizia penitenziaria. L’emergenza covid ha inasprito le criticità – già gravi – del sistema carceri. E ha innescato paure e tensioni che si sono riverberate in diverse occasioni negli istituti di tutto il Paese. E che non è detto non possano tornare a verificarsi qualora il trend dei contagi dovesse crescere in maniera preoccupante dopo l’estate.

Un dossier presentato dal Garante dei detenuti della Campania Samuele Ciambriello ricostruisce la cronistoria del coronavirus nelle carceri campane. I dati nazionali: i detenuti positivi sono stati 94, 11 i ricoverati negli ospedali, 83 in isolamento sanitario, tre i decessi. I primi di marzo i giorni neri della pandemia nelle carceri: scoppiano proteste e rivolte, anche violente, in numerosi istituti, da Nord a Sud. Muoiono 14 persone, si registrano evasioni a Foggia, i detenuti salgono sui tetti di Poggioreale a Napoli e a San Vittore a Milano. A scatenare la rabbia è l’estensione del lockdown al mondo penitenziario: dall’8 marzo il Consiglio dei ministri ha emanato la sospensione dei colloqui con i familiari in tutti gli Istituti del paese. Esplodono così le proteste dentro e fuori le mura. I colloqui vengono allora condotti via Skype e con la diffusione dei dispositivi di protezione individuale e dei test di screening la situazione rientra.

Solo il 18 maggio vengono ristabiliti i colloqui in presenza. Con l’effetto del decreto ex art.123 cd. Cura Italia e dell’applicazione della legge 199/2010 escono dal carcere circa 900 persone. In Campania i detenuti sono passati dai 7.468 di febbraio ai 6.404 di maggio. «Seppur tali azioni abbiano portato una riduzione della popolazione ristretta negli istituti penitenziari, i risultati potrebbero essere stati migliori», osserva il Garante. I detenuti positivi in Campania sono stati 4, 3 nel personale sanitario, 3 nella polizia penitenziaria (204 in tutta Italia). «Alle persone che sbagliano deve essere tolto il diritto alla libertà, non quello alla dignità», ha commentato Ciambriello lamentando la lentezza della macchina giudiziaria, i mancati provvedimenti di scarcerazione, la carenza di braccialetti, le risposte evasive dell’amministrazione penitenziaria.

Il numero totale dei ristretti nel 2019, si legge nel dossier, registra un 17% in più rispetto alla capienza regolamentare. Il 22% delle strutture non presenta docce in camera, il 37% non prevede servizi igienici essenziali nelle stanze. Problematiche cui si aggiungono la carenza di professionalità quali ginecologi, pediatri, psicologi, psichiatri ed educatori. «In questi giorni di caldo tanti istituti hanno le sezioni per i detenuti chiuse 20 ore al giorno. In questo senso è famosa la cella 55 del carcere di Poggioreale dove ci sono 14 detenuti in una stanza con una finestra», denuncia Ciambriello. Al sovraffollamento si aggiunge il dramma dei suicidi: già sette in Campania, uno al mese dall’inizio dell’anno. «Si ritiene necessario riflettere – osserva il Garante – creando un adeguamento degli interventi di prevenzione, e ben consci che occorre inseguire una domanda: cosa accadrà a settembre?».

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.