È fatto noto che con i fondi europei del Pnrr centinaia di miliardi di euro verranno impiegati dallo Stato sino al 2026 per la riforma e il riammodernamento di tutti i settori della pubblica amministrazione. Grandi risorse saranno destinate alla digitalizzazione, alla competitività, alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica; molte meno alla sanità e alla giustizia (2,827 miliardi). Per quanto riguarda quest’ultima, l’attenzione si è focalizzata sull’implementazione delle piattaforme informatiche e sul capitale umano, mediante la creazione del cosiddetto “ufficio del processo” (che prevede l’assunzione a tempo determinato di decine di migliaia di coadiutori dei magistrati) e sull’edilizia giudiziaria. Ci si è concentrati, dunque, sulla lentezza del processo penale, con riferimento a quello di cognizione, e sulle condizioni dei detenuti, memori delle bacchettate provenienti dall’Europa.

La fase dell’esecuzione della pena, e dunque tutto quanto ruota intorno alla stessa, è stata ancora una volta considerata la Cenerentola della giurisdizione. Le migliaia di coadiutori dei magistrati appena assunti, e anche il personale amministrativo, previsti per assicurare maggiore velocità nella celebrazione dei processi, saranno assegnati esclusivamente alla fase di cognizione. Ciò vuol dire che, così come si ipotizza, i processi penali di primo e di secondo grado verranno celebrati in tempi più celeri, creando un effetto imbuto in quanto saranno ancora maggiori rispetto ad oggi le sentenze passate in giudicato e che diverranno, poi, di competenza dei Tribunali di Sorveglianza per i quali, invece, non si prevede alcun incremento sia con riferimento ai magistrati sia al personale amministrativo. Anzi, posto che la recente riforma del processo penale prevede la possibilità di accedere alle misure alternative alla detenzione anche prima che la sentenza diventi definitiva, si acuisce ancor più il problema dei tempi e delle modalità di esecuzione della pena.

Non aver neanche ipotizzato la possibilità, anzi la assoluta necessità, di potenziare i Tribunali di Sorveglianza e gli uffici di esecuzione penale esterna, sia in termini di risorse umane che di dotazione di strumenti idonei allo svolgimento di delicate attività, vuol significare aver sostanzialmente ignorato i precetti costituzionali in tema di finalità rieducativa della pena. Gli unici fondi destinati alla realtà penitenziaria (circa 132 milioni) verranno stanziati per la costruzione di nuove carceri e per la ristrutturazione e il riammodernamento di quelle esistenti. Ciò costituisce sicuramente una realtà significativa , in quanto l’intento è quello di rendere decorosa la permanenza dei detenuti all’interno delle strutture, ma certamente non risolverà, in un prossimo futuro, il problema del sovraffollamento. Se, dunque, non si provvede a destinare ingenti risorse anche al processo di esecuzione della pena che, ricordiamolo, non riguarda solo gli internati ma numerosissimi individui liberi i quali, nei limiti concessi loro dalla legge, possono usufruire della sospensione dell’esecuzione.

Parliamo di persone che vedono applicate le misure alternative alla detenzione, già oggi in tempi eccessivamente lunghi e durante i quali hanno dato già concreta prova di reinserimento nella società, e che rischiano di essere proiettati, dunque, a distanza di anni, nuovamente in una realtà che hanno fatto di tutto per dimenticare unitamente alle loro famiglie. Non sono affatto rassicuranti, dunque, le prospettive offerte dalla riforma della giustizia penale se questa, in sostanza, serve solo per garantire allo Stato il rispetto di quanto denunciato dagli organismi europei in tema di lentezza del processo penale e delle condizioni di vita dei detenuti, venendo meno il rispetto dei precetti costituzionali sulla funzione della pena e di talune finalità anche nei confronti della collettività.