E così il ddl Zan non ce l’ha fatta. L’antifona si era capita da tempo. L’esultanza degli avversari al momento della sconfitta subita in Senato dai suoi promotori è suonata come offensiva, volgare e ingiusta a chi, nella società civile, aveva sostenuto la necessità di approvare quella norma. Ma mettiamo da parte i Pillon. Ora più che mai va posto al centro del dibattito il fatto, innegabile, che le questioni che hanno a che fare con orientamento sessuale e identità di genere sono importanti, riguardano la felicità delle persone, nascono e si agitano perché sono spesso complesse e oggetto di divergenti opinioni e crescono a dismisura in chiave ideologica quando gli accadimenti fondamentali vengono rinnegati dietro il fumo del richiamo ad altissimi ideali (etici, antropologici, religiosi e così via). Quali sono questi accadimenti fondamentali? La presenza di violenze e atti discriminatori a motivo dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere.

Suggerisco di guardare la terza stagione di un’intelligente serie tv di  Netflix, Sex Education: vi vedrete una ragazza – Cal, come il protagonista di quel Middlesex di Eugenides che pure consiglio di leggere – che rifiuta di indossare l’uniforme scolastica femminile in quanto si percepisce come NB (nonbinary, “non binaria”) e quindi non si identifica nel(la separazione di) maschile e femminile. Mentre proprio a causa di ciò nasce un amore complicato col bel Jackson (il che dimostra la diversità concettuale tra identità di genere e orientamento sessuale), la preside della scuola inglese attuerà condotte apertamente discriminatorie contro Cal: con una legge che traduce in fattispecie di reato simili atti discriminatori, la preside sarebbe penalmente perseguibile. Ora, qui non voglio parlare dell’opportunità della penalizzazione. Ma, a monte, delle reazioni che intendono sminuire gli accadimenti fondamentali: violenze, fisiche e psicologiche, esercitate su persone a causa e in ragione del loro orientamento sessuale e del percorso da esse intrapreso con riferimento alla rispettiva identità di genere. Dal 2012 al 2020, in Campania, e nel napoletano in special modo, sono state raccolte 135 denunce, circa la metà del totale rilevato in tutto il Sud Italia (357).

Ora, a meno che non si pensi che le associazioni, grazie al cui lavoro sul territorio queste denunce finalmente vengono raccolte, mentano o travisino sistematicamente i fatti, gli atti di violenza esistono. Ho avuto la fortuna di non averne mai subiti, ma in qualche occasione ne ho sfiorato l’occorrenza. Sappiamo che orientamento sessuale e identità di genere sono ontologicamente capaci di innescare meccanismi di diseguaglianza e di violenza: il genere umano funziona in questo modo odioso. La società e i suoi rappresentanti politici devono allora decidere se vogliono sanzionare condotte dettate dall’insofferenza o addirittura dall’odio a motivo dell’orientamento sessuale e dell’identità di genere, oppure se preferiscono alzare le spalle, mormorare che questi movimenti militanti gay e trans hanno stancato perché vogliono imporre la loro visione del mondo a tutto il mondo, e anche lavarsi la coscienza dicendo che loro «non hanno problemi» con omosessuali e simili (salvo a non conoscere come si distingua un omosessuale da un transessuale), perché li accettano e non hanno bisogno di leggi apposite (questo, nella mia esperienza, non sento dirlo da fascisti e cattolici ululanti, ma anche da persone comuni delle più varie estrazioni politiche e sociali).

Ma il tempo della scelta è soltanto rimandato. Lasciamo gli esultanti a portare il peso della loro gioia triste: essa dispiacerà a Dio e agli dei, mentre il mondo queer opporrà a essa, sempre e per sempre, il principio di tutt’altra gioia, quella della liberazione da paura e vergogna. Intanto non bisogna stancarsi di una cosa a mio avviso decisiva: trovare la misura esatta del linguaggio – anche normativo – per comunicare con tutto quel mondo non ostile, ma placidamente indifferente alle esigenze di riconoscimento di dignità di gay, lesbiche, trans e di ogni persona che ha faticosamente intrapreso il cammino di far emergere e accogliere la propria identità. Che è come dire: tutti a lezione di Sex Education.