Alessandro Di Battista e Luigi Di Maio: c’eravamo tanto amati. E invece ora si procede senza esclusione di colpi, in piena campagna elettorale, allo scontro tra i due ex enfant prodige del Movimento 5 Stelle. Il ministro degli Esteri ha lasciato il M5s, avviato una scissione che in Parlamento ha creato il gruppo “Insieme per il Futuro”, alle elezioni politiche del 25 settembre correrà con il progetto “Impegno Civico” assemblato con il Centro Democratico di Bruno Tabacci. Di Battista “il pasionario” era uscito dal M5s dopo la nascita del governo di unità nazionale guidato dal premier Mario Draghi, qualche mese non ha escluso un ritorno, non ha ancora sciolto la riserva su una sua eventuale candidatura.

E intanto spara a pallettoni contro l’ex sodale, amico, compagno di avventure. Di Maio starebbe valutando l’offerta che gli sarebbe stata proposta dal Partito Democratico di godere del diritto di tribuna: la possibilità ai partiti più piccoli di ottenere comunque dei seggi aggirando la soglia di sbarramento del 3%. Di Maio ci starebbe pensando, è ormai “irriconoscibile” per Dibba, che ne ha anche per Beppe Grillo. “Luigi Di Maio non ha un voto. Chi conosce il fanciullo di oggi, lo evita. Trasformista, disposto a tutto, arrivista, incline al più turpe compromesso pur di stare nei palazzi. Perché il PD dovrebbe concedergli il ‘diritto di tribuna’, un modo politicamente corretto per descrivere il solito paracadute sicuro, tipo la Boschi candidata a Bolzano nel 2018? Perché? Che rassicurazioni ha avuto mesi fa, quando portava, insieme a Grillo, il Movimento 5 Stelle tra le braccia di Draghi? Queste sono domande che dovrebbero avanzare i giornalisti. Ma, salvo rare e preziose eccezioni, oggi i giornalisti a Di Maio non chiedono nulla. Lo trattano come Mazzarino nonostante abbia dilapidato un consenso colossale costruito con il sudore della fronte anche (e soprattutto) di persone che non hanno chiesto mai nulla in cambio”.

Di Maio, in un’intervista a Il Foglio oggi dice che rispetto a quello del 2018 “il Di Maio del 2022 sa che per dare una mano al suo paese occorre trasformare la cultura del buon governo e del rispetto delle istituzioni nella spina dorsale di un progetto riformista. E sa, soprattutto, che dare risposte semplici a problemi complessi significa non avere idea di quanto i problemi complessi abbiano bisogno non di slogano ma di lavoro duro. Il nostro impegno oggi non è soltanto difendere l’azione di governo e la sua agenda, ma è anche fare qualcosa di più: provare a smascherare il populismo mostrando con chiarezza che differenza c’è tra una politica fatta in nome dell’irresponsabilità e una fatta in nome della responsabilità. E so che il Di Maio del 2018 non lo avrebbe detto, ma il Di Maio del 2022 non ha dubbi: l’Italia del futuro ha bisogno di opporsi alla cultura dell’odio e a quella del Vaffa e in nome di questa battaglia più è largo il fronte dei riformisti e più possibilità ci saranno per vincere la nostra sfida, pur sapendo cosa questo vuol dire in termini di sacrifici, di compromessi”. Effettivamente irriconoscibile.

Di Battista continua e ne ha per tutti nel suo post, nel centrosinistra o Campo Largo. “Calenda che fino a poche ore fa fingeva attacchi di orticaria al solo sentir pronunciare il nome di Di Maio sta zitto e buono. Ha ottenuto poltrone su poltrone e gli basta così. La politica ridotta ad un ufficio di collocamento. Il Di Maio che ricordo io – ai tempi dell’onestà intellettuale o della fraudolenta recitazione – detestava il PD come null’altro. Oggi, a quanto pare, il suo nome comparirà sotto il simbolo del PD. Beh, se così fosse vi sarebbe una ragione in più per non votarli e per non avere nulla a che fare con loro. Questa è la politica politicante, ciò che più impedisce il cambiamento, ciò che è più distante dalle esigenze dei cittadini, dai loro drammi. Ciò che più allontana gli italiani dalle urne. Ciò che più indebolisce quel che resta della democrazia”.

“In tutto ciò qua si rischia’ un rapido decesso anche per ‘Impegno Civico (per le natiche di Di Maio)’. Dopo ‘Insieme per la Colla Vinilica’ un nuovo, fondamentale, strumento per la democrazia, potrebbe scomparire a breve. Complimenti vivissimi a quei 65 fenomeni che gli sono andati dietro nella speranza di un posizionamento. Un po’ come Aldo in Tre uomini e un gamba adesso non possono né scendere né salire, né scendere né salire. Ma forse anche per loro c’è un ‘sentiero’. Tornino dignitosamente alle loro vite evitando di postare foto di Di Maio come fosse uno statista. Uno Statista pensa allo Stato, Di Maio pensa a sé stesso”.

L’elevato e garante del M5s Beppe Grillo aveva parlato di Di Maio in un video come di “Giggino a’cartelletta”, della regola sul secondo mandato (confermata) come di un “antibiotico” alla politica delle poltrone. Dibba non ha invece ancora sciolto la riserva su una sua probabile candidatura. In un video dalla Russia, dove sta lavorando a dei reportage, aveva detto di non essere “disposto a tutto pur di tornare in Parlamento”, che dipenderà “da che spazio di autonomia c’è all’interno”. Il leader del Movimento Giuseppe Conte ha annunciato intanto che ci saranno le parlamentarie per scegliere i candidati, lui non ha ancora deciso dove si candiderà.

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Giornalista professionista. Ha frequentato studiato e si è laureato in lingue. Ha frequentato la Scuola di Giornalismo di Napoli del Suor Orsola Benincasa. Ha collaborato con l’agenzia di stampa AdnKronos. Ha scritto di sport, cultura, spettacoli.