In Campania sono 321. A Napoli, nella struttura di Pozzuoli, sono 124. Sono le donne in carcere, un universo a parte sotto molti punti di vista. Sono molto meno numerose degli uomini (circa il 4,2% della popolazione carceraria) e per questo i loro problemi sembrano meno urgenti, meno drammatici, e rischiano di ricevere meno attenzione. L’universo femminile della popolazione penitenziaria è segnato da grave marginalità sociale. Basti considerare i reati per cui sono in cella: droga, reati contro la persona, reati contro il patrimonio.

La marginalità sociale, poi, si abbina spesso alla solitudine, perché le donne in carcere sono, nella maggior parte dei casi, anche le più sole. Non possono condividere spazi e attività con la componente maschile della popolazione carceraria e si ritrovano a vivere in celle e in strutture declinate perlopiù al maschile. Anche sul piano delle attività formative, quelle dedicate alle donne detenute sono nettamente inferiori a quelle previste per la popolazione penitenziaria maschile. Nel 2019, negli istituti e nelle sezioni femminili delle carceri della Campania, sono stati attivati corsi di formazione in estetica (il corso tenutosi nel carcere femminile di Pozzuoli ha visto la partecipazione di 11 detenute) e in sartoria (previsti nelle carceri di Benevento e Avellino per un totale di 23 partecipanti).

Stando a questi numeri, è chiaro che l’offerta formativa dedicata alla componente femminile del popolo delle carceri è decisamente limitata non solo per quantità ma anche per tipologia. Va meglio con il lavoro in carcere, se si considera che in Campania, a inizio anno, si contavano 167 detenute alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e nove impegnate in lavori non alle dipendenze del carcere. A Napoli la prigione per le donne è il carcere di Pozzuoli. Ha sede in un edificio che risale al Quattrocento, in un ex convento fondato dai frati minori, trasformato nel secolo scorso in un manicomio criminale femminile e, negli anni Ottanta, in carcere vero e proprio. Per numero di detenute ospitate, è il secondo istituto di pena per donne d’Italia. In Campania il resto delle detenute è diviso fra le sezioni femminili degli istituti di Santa Maria Capua Vetere, Avellino, Benevento e Salerno e l’istituto a custodia attenuata di Lauro dove vivono le detenute madri con figli al seguito. È un universo a parte, quello femminile. «Siamo nella disperazione più totale», scrivono dal carcere. A Santa Maria Capua Vetere c’è il reparto per le detenute in alta sicurezza.

In una lettera lamentano la condizione di solitudine e paura vissuta soprattutto in questo momento, a causa della pandemia. «Non chiediamo di essere liberate perché è giusto che paghiamo per i nostri errori ma perché pagare significa non avere diritti e dignità?», chiedono auspicando un intervento della politica a tutela della salute anche all’interno delle carceri. Il Covid è la nuova emergenza dietro le sbarre. E mentre da Poggioreale, dopo settimane di contagi in aumento, arriva la prima notizia di detenuti guariti dal Covid, in tutte le carceri della Campania il numero dei positivi resta alto. I garanti, assieme ai penalisti, sono in prima linea per chiedere interventi mirati, per alleggerire il peso del sovraffollamento, modificare le misure indicate nel decreto Ristori per allargare la platea dei beneficiari e valutare la possibilità di un indulto.

Intanto ieri il garante regionale Samuele Ciambriello, assieme al garante provinciale Emanuela Belcuore, ha incontrato il prefetto di Caserta Raffaele Ruberto. Si è parlato di carcere e Covid, di proposte da sottoporre al Governo, ma anche dei cronici problemi strutturali delle carceri casertane. I garanti hanno posto al prefetto una serie di interrogativi, evidenziando in particolare datate e irrisolte criticità. Possibile che nel 2020 ci sia acqua non potabile in carcere? Possibile che vi siano problemi irrisolti alla rete idrica e alla linea telefonica nell’istituto di Santa Maria Capua Vetere? Possibile che nella casa lavoro di Aversa i reclusi non lavorano? Possibile che vi siano problemi organizzativi e sanitari legati all’emergenza pandemica nelle carceri di Arienzo e Carinola?

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Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).