Carlo Nordio è il nuovo ministro della giustizia. Le critiche da lui mosse all’assetto e funzionamento della nostra giustizia sono in buona misura le stesse che sono evidenziate dalle ricerche sul campo che ho condotto in Italia e all’estero negli ultimi 50 anni. Come studioso sono quindi d’accordo con lui sull’esigenza di eliminare le conseguenze nefaste che sotto il profilo funzionale e della protezione dei diritti civili derivano dall’inapplicabile principio Costituzionale della obbligatorietà dell’azione penale.

Un principio che trasforma, ipso jure, qualsiasi decisione dei pubblici ministeri, per discrezionale che sia, in un atto dovuto di cui il singolo pubblico ministero (pm) non può essere chiamato a rispondere neppure nei moltissimi casi in cui le sue iniziative procurano a cittadini innocenti danni irreversibili di ordine sociale, economico, politico, familiare e della stessa salute. Sono d’accordo con lui sull’esigenza di dividere le carriere dei giudici e pm per evitare, tra l’altro, che i controlli sulle attività di indagini e sull’iniziativa penale del pm siano esercitate da un suo collega e non da un organo terzo.

Sono d’accordo con Nordio sull’inappellabilità delle sentenze di assoluzione, un istituto creato 231 anni fa (nel 1791) nel bill of rights della Costituzione Usa che tra i principi a garanzia del giusto processo stabilì il diritto del cittadino a non essere processato due volte per lo stresso reato. Un principio che muove dalla costatazione che di fatto il pm ha molti più poteri e risorse del cittadino e che quindi sia necessario proteggere il cittadino giudicato innocente da ulteriori iniziative penali di natura persecutoria promosse dalla pubblica accusa. Sono d’accordo con Nordio anche su altre riforme da lui auspicate soprattutto nel settore della giustizia penale, come ad esempio quelle che svincolino la pubblica amministrazione e gli eletti a cariche pubbliche dai paralizzanti timori e dalle devastanti conseguenze generati dal permanere, nell’attuale forma, di reati come l’abuso di ufficio e il traffico di influenze.

Per queste ragioni ho deciso di votare Carlo Nordio nelle recenti elezioni e di votare anche, per la prima volta, il partito che meritoriamente lo proponeva come ministro della giustizia. La speranza è che possa almeno in parte porre rimedio alle disfunzioni della giustizia che lui stesso ha evidenziato nei suoi scritti e nelle sue interviste. Gli ostacoli che incontrerà sulla sua strada sono numerosi, a cominciare dalle resistenze che incontrerà nel suo stesso ministero ove i magistrati che gestiscono tutte le posizioni direttive (circa 100) si sono sempre allineati alle aspettative dell’Anm e del Csm che sono decisamente contrari alle proposte di riforma di Nordio. Un ministero, cioè ove il ministro della giustizia è di fatto, un “ministro a sovranità limitata”, come ha più volte affermato Giuliano Vassalli, che quell’esperienza l’ha vissuta in prima persona.

Una postilla. So benissimo che anche in partiti diversi da Fratelli d’Italia vi sono parlamentari che condividono le mie analisi sui problemi della giustizia e forse su alcuni aspetti prospettano soluzioni più simili alle mie. Nessuno di loro aveva, tuttavia, la concreta prospettiva di divenire ministro della giustizia. Spero che anche dall’opposizione possano “dare una mano” al nuovo Ministro guardasigilli.