La missione Italia Sicura
Dissesto ideologico, la pandemia climatica e tutti gli errori della politica

Forse, mai come oggi, andrebbe riletto Francesco Guicciardini che in pieno Rinascimento, mezzo millennio fa, ammoniva: «Gli errori di chi governa quasi sempre causa delle ruine della città». L’Italia delle grandi emozioni dopo ogni catastrofe, e poi delle grandi rimozioni, ha l’obbligo oggi di affrontare una sfida che sembra titanica, ma è assolutamente alla nostra portata.
Deve far fronte alla “pandemia climatica” provocata da un accelerato dissesto atmosferico che impatta sul dissesto diffuso dei nostri territori, con una reazione decisa e corale, simile a quella contro il Covid-19 con provvedimenti mai visti se non durante le guerre. Le ultime strazianti immagini dei morti annegati, le immani devastazioni nella Romagna impongono la svolta verso la prevenzione strutturale permanente per ridurre la violenza delle cicliche ondate che si abbattono su di noi.
Senza più cincischiare né perdere tempo, bisogna investire su opere e interventi per tutelare innanzitutto gli 8,1 milioni di italiani che vivono nelle aree più a rischio. Che l’impresa si possa fare lo ha dimostrato la struttura di missione Italia Sicura, nata con il Governo Renzi per ridurre i troppi talloni d’Achille, riorganizzando lo Stato con una nuova governance centrata sui presidenti delle regioni commissari di governo, con un piano di opere e interventi, ritagliando 8.4 miliardi di euro, varando riforme e semplificazioni.
I cantieri aperti dal 2015 oggi sono opere di difesa colossali attese da decenni e molte a fine cantiere. Basta fare un salto nella Genova martire delle piene del Bisagno con mezzo miliardo di investimenti, altri 120 milioni per casse di espansione sull’Arno e altri 120 per il Seveso. Sono i tre più importanti investimenti europei contro le alluvioni. Solo il populismo spicciolo e la superficialità hanno potuto cancellare in una notte, sostituendola con il nulla, una task force tecnica di primo livello e già formata e proveniente da protezione civile, ministeri, Invitalia, distruggendo server e oscurando anche quel primo squarcio di trasparenza e di controllo popolare sui cantieri con il portale georeferenziato.
Oggi, tutto impone al Governo di fare presto per riorganizzare l’impresa per accorciare la distanza che ci separa dalla massima sicurezza possibile, non sprecando l’opportunità dei fondi europei del PNRR, e aggiornando l’unico Piano che c’è per la “messa a terra”, dei cantieri.
È la sfida che segna un bivio. Un paese di furbi, come ci vantiamo di essere, in tempi così carichi di rischi accenderebbe così anche l’economia e l’occupazione, su investimenti vitali anziché spendere oltre quattro miliardi di euro l’anno solo per riparare gli sconquassi delle catastrofi annunciate, senza contare l’incalcolabile costo delle vite perdute. L’Italia riparte anche con la più grande e diffusa opera pubblica, interrotta da oltre quattro anni. E per la politica vale la pena, per una volta, non dividersi.
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