«Napoli è una città piena di promesse: se riparte dalle donne, dalla cultura e dalle eccellenze del territorio non avrà eguali in Italia. L’attuale classe politica lascia senza parole: mi auguro che il prossimo sindaco abbia carisma e soprattutto voglia di tornare a occuparsi della città che ormai si autogoverna con risultati disastrosi». L’antropologo Marino Niola, spiega al Riformista le sue idee per il futuro di Napoli.

Professore, l’amministrazione de Magistris è ormai ai titoli di coda: che opinione ha di questi dieci anni?
«Inizierei dagli elementi positivi del suo mandato. Credo che questa amministrazione abbia stimolato alcune energie della città, facendole crescere: penso alla pedonalizzazione del lungomare Caracciolo. Sembrava cosa da poco, invece si è rivelata una misura importante perché ha trasformato quel pezzo di strada in asse di sviluppo e ha fatto respirare una città che, di fatto, era soffocata dal traffico. A Via Partenope prima c’era solo qualche squallido bar, ora pullula di ristoranti e locali: il lungomare oggi è un grande attrattore turistico che ha anche creato posti di lavoro».

Il lungomare è stato liberato, ora veniamo a ciò che non è stato fatto…
«Ecco. Diciamo che, per il resto, la città è stata poco governata. Anzi, Napoli si è autogovernata. Il sindaco ha lasciato fare ai cittadini, ma una realtà simile non si può gestire da sola. Il risultato di questa assenza è che si sono create tante piccole città, spesso in collisione tra loro. Infine, sono tornati molti spettri del passato: la prepotenza, le attività abusive e, soprattutto, la mancanza di prospettive».

L’arrivo della pandemia, invece, quali conseguenze ha avuto sulla comunità?
«Indubbiamente è stata una catastrofe per il mondo intero. Ha colpito in egual modo tutto il Paese, ma Napoli ha una grande virtù: l’antica abitudine all’emergenza che la porta a dare il meglio di sé nello stato di eccezione. Credo che la città abbia reagito bene, ho visto una reazione positiva soprattutto in quei quartieri più difficili. Napoli si è “arrangiata”, come è abituata a fare, si è rimboccata le maniche e ha risposto bene, meglio di tante altre realtà».

In autunno Napoli eleggerà il nuovo sindaco: di chi e di cosa ha bisogno?
«Innanzitutto di una forte personalità. Il prossimo inquilino di Palazzo San Giacomo dovrà avere molto carisma perché la città ha bisogno di una figura carismatica. Dovrà essere una persona con un’esperienza politica, che conosca bene il territorio e abbia un’ampia visione dei luoghi. Nello stesso tempo, chi verrà dovrà essere capace di leggere il nuovo e di individuare un destino della città, dimostrando di possedere un’idea di Napoli che corrisponda ai tempi che corrono. Bisogna lasciare da parte tutti gli aspetti della politica tradizionale e capire che la sfida oggi è diversa: al centro c’è la tecnologia e una nuova economia. Occorre capire quali sono i punti forti della nostra terra e valorizzarli».

Finora chi è riuscito in questa impresa?
«Senza dubbio l’ex ministro dell’università Gaetano Manfredi. Ha fatto un piano nazionale di ricerca (Pnr) nel quale, fra gli assi di ricerca che verranno finanziati nei prossimi anni, c’è il settore dell’agroalimentare, una delle prime voci dell’economia del Mezzogiorno. Per Napoli, quindi, vorrei un primo cittadino che coniughi il meglio del prima con il meglio del poi: Manfredi sarebbe un ottimo sindaco».

E cosa pensa invece dell’attuale classe politica?
«No comment».

Parliamo allora della campagna elettorale che, seppure con più ombre che luci, è iniziata.
«È una campagna dimezzata. Non è fatta per coinvolgere i cittadini, anzi la sensazione è proprio che abbia lo scopo contrario: allontanare le persone dalla politica. C’è anche qualche eccezione».

A chi si riferisce?
«Ad Antonio Bassolino. Dopo Maurizio Valenzi, Bassolino è stato il miglior sindaco che Napoli abbia mai avuto. Le ha restituito dignità quando la sua immagine era connessa solo alla criminalità. Con lui il soft power della città, cioè la capacità di persuadere e attrarre attraverso la cultura e i valori della politica, è cresciuto moltissimo». Per il resto credo che gli esponenti di alcuni partiti tradizionali facciano accapponare la pelle, ma anche qui c’è un’eccezione».

Cioè?
«Si tratta della Regione, che in questi anni ha dimostrato di avere molto a cuore i giovani. Lo si evince anche dai progetti che finanzia. Le eccellenze della Regione e quelle del Comune devono fare sistema».

Eccezioni a parte, possiamo il vuoto di classe politica sembra evidente. Come va colmato?
«I partiti devono reinterpretare il loro ruolo, lasciare da parte le questioni verticistiche e aprire alle forze giovani, soprattutto alle donne. La nostra società lascia pochissimo spazio all’intelligenza femminile: è un aereo con due motori che vola utilizzandone soltanto uno, così è ovvio che accumuli ritardo. La Campania ha energie femminili strepitose, nel campo del sapere e dell’imprenditoria. Se lasciamo spazio alle donne, sono sicuro che la Campania diventerà una regione di riferimento. Se si continua a pensare che il contributo delle donne sia irrilevante, non si va da nessuna parte. E in questo i partiti dimostrano di essere ancora ciechi».

Fare spazio alle donne dovrà essere una priorità del nuovo sindaco: quali sono le altre?
«Restituire ai cittadini la sensazione che c’è qualcuno che si occupa di loro. Dovrà lavorare sulla cultura e sul settore agroalimentare che sono i punti di forza della nostra città. Napoli è piena di promesse e potenzialità: con l’ottimismo della volontà, ma anche con quello della ragione oltre che con le persone giuste, credo che Napoli possa confermarsi una città senza eguali in Italia».

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Giornalista napoletana, classe 1992. Affascinata dal potere delle parole ha deciso, non senza incidenti di percorso, che sarebbero diventate il suo lavoro. Segue con interesse i cambiamenti della città e i suoi protagonisti.