Che fine farà l’alleanza con quello che una volta era il “punto fortissimo di riferimento di tutte le forze progressiste”, come lo aveva ribattezzato nel dicembre 2019 l’allora segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti?

Di acqua sotto i ponti ne è passata, tra scontri e riavvicinamenti, ma quanto accaduto mercoledì al Senato sembra essere il punto di non ritorno. La scelta di Giuseppe Conte e del Movimento 5 Stelle di innescare la crisi di governo e poi non votare la fiducia alla risoluzione Casini sulle comunicazioni del presidente del Consiglio Mario Draghi ha spinto il premier a rassegnare questa mattina le dimissioni al capo dello Stato Sergio Mattarella.

Una scelta che sembra essere scongiurata proprio grazie al continuo pressing del PD, di trattative durate tutto il giorno. Poi Conte, rimasto in silenzio praticamente per tutta la giornata, salvo poi tenere un punto stampa in serata, ha compiuto il dietrofront seguendo l’accelerazione del centrodestra di governo, Lega e Forza Italia, che hanno sancito il ‘game over’ per questa legislatura e il probabile ritorno al voto ad ottobre.

E la reazione, dai Dem, è stata netta. “In questo giorno di follia il Parlamento decide di mettersi contro l’Italia. Noi abbiamo messo tutto l’impegno possibile per evitarlo e sostenere il governo Draghi. Gli italiani dimostreranno nelle urne di essere più saggi dei loro rappresentanti”, twittata mercoledì Enrico Letta.

Il segretario poi questa mattina ai gruppi parlamentari Pd ha ribadito la posizione di coerenza: “Siamo stati soli a difendere la linearità delle scelte giuste per il nostro Paese”. Quindi l’atto di accusa al centrodestra e ai pentastellati: “La responsabilità della crisi è dei partiti che non hanno votato. In questo modo è stato fatto un danno gravissimo al Paese”. Per senza citarli espressamente, Letta parla dei 5 Stelle e prende atto che da ieri “lo scenario è totalmente modificato” e i Democratici “devono concentrarsi su quello che siamo noi, a partire da quello che siamo noi“. Quanto accaduto mercoledì al Senato “è stato un cambio totale di paradigma, di scenario, e aggiustare quello che hanno fatto ieri sarà molto difficile“.

Parole che sembrano segnare la fine del progetto di ‘campo largo’ lettiano? Non proprio. Nel partito c’è infatti chi non esclude che a ottobre possano continuare i rapporti con Conte: ‘colpa’ della legge elettorale che favorisce le alleanze pre-voto.

A dirlo in una intervista a La Stampa è il senatore Luigi Zanda, ex capogruppo e tesoriere del partito, che apre nonostante la posizione del suo segretario ad una alleanza “tattica” con i 5 Stelle e non “strategica”. “In questa situazione, con questa legge elettorale, le alleanze non possono non avere un carattere tattico“, dice il senatore dem.

Quella con i Cinquestelle non poteva essere considerata strategica, ma era un’intesa necessaria per realizzare le nostre e le loro politiche“. Per giustificare la sua posizione Zanda ricorda che anche a destra si presentano assieme alle urne “due partiti che stavano al governo, con uno che stava all’opposizione“. E dunque anche “il rapporto dei partiti di centrosinistra deve avere un profilo tattico, pensando come sia meglio presentarsi agli elettori“.

Su quanto accaduto ieri al Senato, il giudizio di Zanda è netto. La mancata fiducia di Lega, Forza Italia e Movimento 5 Stelle al premier Draghi dimostra “una debolezza delle nostre istituzioni molto preoccupante“. “Praticamente il Parlamento si è quasi suicidato – ricostruisce il dem -, commettendo quello che appare come un crimine politico: far cadere in modo deliberato un governo che era già di emergenza quando è nato, ancor più oggi con la guerra, con i pericoli che incombono nel mondo“.

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Romano di nascita ma trapiantato da sempre a Caserta, classe 1989. Appassionato di politica, sport e tecnologia