Mario Draghi cambia toni. Incontra la stampa al suo secondo giorno a Washington. La sede è quella diplomatica, l’ambasciata d’Italia. È lì che dismette la divisa e rimette i guanti bianchi: siamo entrati in una fascia critica della seconda parte della guerra. Dall’Ucraina, dove il calendario è stato girato settantasette volte dall’inizio delle ostilità, arriva un dispaccio Cia: “Occhio – sembra suggerire l’informativa – Putin è disperato, l’uso di armi nucleari tattiche non è più da escludersi”.

La materia, incandescente, suggerisce di maneggiare ogni espressione. Soppesare ogni parola con la massima cura, d’ora in avanti. Ed ecco che nel suo discorso alla stampa Draghi centellina gli aggettivi, seleziona ogni accento. L’obiettivo della pace è indicato con chiarezza. Le spese militari vanno razionalizzate, prima che aumentate. E il gas si potrebbe forse perfino pagare in rubli, chissà. Bisognerà valutare. Dichiarazioni che puntano a scoraggiare quel gesto disperato e terribile con cui Putin, sospettano le intelligence occidentali, potrebbe tentare il tutto per tutto, se messo all’angolo. Ed ecco che Draghi adotta un glossario attento, felpato. Certo, la pace – precisa il premier a scanso di equivoci – taglia corto con quelli che svendono pezzi di Ucraina ai saldi: «La pace sarà quel che vorranno gli ucraini, non quello che vorranno altri. È giunto il momento di chiedersi come costruire la pace.

La guerra era Davide contro Golia, ora non c’è più Golia: la Russia non è invincibile». Ma lungo quale percorso far tacere le armi? «Le parti siedano al tavolo: la Russia ma anche gli Usa: Washington deve sforzarsi di arrivare al tavolo». Questo premesso, lo svolgimento è ricco di precisazioni: «L’autonomia strategica è un concetto comunque da chiarire». E facendo l’esempio del comparto della difesa, Draghi ha sottolineato: «L’Europa spende più di tre volte in spesa militare di quanto spenda la Russia. La prima conclusione è che vi è molta duplicazione. La prima cosa da fare è quella di organizzare una conferenza di tutti gli Stati membri per razionalizzare la spesa militare prima di cominciare a pensare di aumentarla, le due cose andranno necessariamente insieme. Questa è la prima cosa se si vuol parlare di autonomia strategica». Pragmatico e puntuale, Draghi sembra richiamare l’attenzione di chi evoca a ogni pié sospinto l’esercito comune europeo: badate bene che se si fa, come tanti auspicano, andrà ingegnerizzato per bene. Rendendo autonoma l’Europa dagli Stati Uniti, con una Nato europea? «Non ne abbiamo parlato con Joe Biden», la risposta. «Con lui abbiamo parlato della crisi alimentare provocata dal blocco di grani vari dall’Ucraina perché i porti sono bloccati. Lavrov ha detto che sono bloccati perché i porti sono minati. Questo può essere un primo esempio di dialogo che si costruisce tra le due parti per salvare decine di milioni di persone», ha spiegato Draghi.

E sul tema più annoso, le sanzioni sull’energia, si capisce che l’interlocuzione europea a tre punte – Draghi, Macron, Scholz – sta faticosamente cercando la quadra. Al momento non ci sono pronunciamenti ufficiali. «Su cosa significhi violare le sanzioni (nei confronti della Russia), se i pagamenti di gas in rubli violino le sanzioni o no: è una zona grigia». Il capo del governo si è detto “abbastanza fiducioso” che l’Italia sarà in grado di pagare il gas russo senza violare le sanzioni a maggio. In merito Draghi ha osservato che «il principale importatore di gas tedesco ha già pagato in rubli, la maggior parte degli importatori ha aperto conti in rubli». E con Biden parla della possibilità di mettere un tetto al prezzo del gas. L’ipotesi sarebbe stata accolta con favore, anche se l’amministrazione Usa sta riflettendo più su un tetto al prezzo del petrolio, piuttosto che su un tetto al prezzo del gas. Si è deciso che ne riparleranno presto insieme. E lì parla a Roma, ai malpancisti del Parlamento italiano, il premier: «Sia io, sia il presidente Biden abbiamo tenuto a ribadire che ogni iniziativa non deve andare a detrimento degli investimenti sulle rinnovabili, degli obiettivi di transizione ecologica che ci siamo tutti prefissi».

Il Movimento Cinque Stelle si alterna tra quello di lotta (Di Battista, sul fronte tv) e quello di governo, con Luigi Di Maio allineato e coperto. Di Battista, sorretto sotto sotto da Conte, può continuare ad inveire contro il premier dai salotti televisivi amici: “È il ventriloquo di Biden”. Nella realtà, al tavolo con Draghi e Biden c’era Janet Yellen, Segretario al Tesoro degli Stati Uniti d’America, con cui Draghi ha stabilito una relazione strettissima quando erano governatori delle due banche centrali che trainano l’economia mondiale. Un sospiro di sollievo, al pensiero che a Palazzo Chigi fino a un anno fa c’era Conte. Nella Lega è il presidente dei senatori Massimiliano Romeo a stringersi al premier: «L’Italia è sempre stata strategica nell’alleanza atlantica, che Biden stimasse Draghi era abbastanza risaputo. L’auspicio è che l’Italia metta in campo qualche iniziativa concreta per la pace. Mattarella ha parlato del modello Helsinki per arrivare a un compromesso in modo tale che nessuno si senta totalmente sconfitto. È necessario che l’Italia partecipi a questo processo per evitare di continuare a vedere queste immagini di macelleria».

Dal Pd un plauso unanime alla missione americana del premier: «Chi era scettico si starà ricredendo», dice Andrea Marcucci. “Immagini di macelleria”, riferito ai russi, da parte della Lega, è una presa di posizione. I tamburi di guerra suonano più vicini, da ieri. E le notizie sulle possibili chiusure dei gasdotti russi che attraversano l’Ucraina, come quello di Sokhranivka, non fanno che aggiungere ansia alla tensione. Le notizie che arrivano dalla Transnistria (prossimo fronte russo?) riguardano da vicino il contingente italiano che la Nato ha schierato in Romania, lato moldavo. I nostri soldati sono in stato di massima allerta. E non solo quelli in mimetica, ma quelli al Ministero, a Roma. Un attacco informatico a diversi siti italiani, tra cui quello del Senato e della Difesa, è in corso da ieri sera da parte di hacker russi. L’attacco, rivendicato dal collettivo filo russo ‘Killnet’, secondo quanto si apprende non avrebbe al momento compromesso le infrastrutture ma starebbe rendendo complicato l’accesso ai diversi siti.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.