L’incontro tra Draghi e Biden è avvenuto nel primo pomeriggio americano, alla Casa Bianca, ma in Italia era già serata. Sappiamo poco di come si è concluso. Qualcosa di più sappiamo su come è iniziato. O almeno abbiamo provato a ricostruire lo scenario sulla base di indiscrezioni che vengono da Washington, e riguardano l’atteggiamento di Biden, e indiscrezioni che vengono da Roma e riguardano Draghi. Washington, come sapete, non è molto elastica. Tantomeno lo è sotto la presidenza di Joe Biden, che è tra i più rigidini presidenti americani degli ultimi anni, ed è sotto l’influenza molto forte di Susan Rice, la super consigliera, obamista radicale, e che non ama le sottigliezze e la diplomazia. Preferisce lo schieramento e l’accetta.

Biden chiederà a Draghi solo un paio di cose. Pesanti: soldi e uomini in armi. Vuole che l’Italia affianchi gli Stati Uniti nello sforzo economico versando per l’Ucraina diverse centinaia di milioni di euro, preferibilmente più di un miliardo, e che spedisca uomini armati, e mezzi d’attacco e di difesa, ai confini con l’Ucraina. Punto. Probabilmente non ha voglia di perdersi in sottigliezze e complicati discorsi politici, che non sono mai stati la sua specialità. Draghi però, a quanto sembra, è intenzionato a cedere sulle richieste di Biden ma solo a patto che Biden lo ascolti sulle sue proposte politico-diplomatiche. Si dice che Draghi prima di iniziare il viaggio si sia consultato con i suoi colleghi europei, e in particolare ( o forse esclusivamente) con il tedesco Olaf Scholz e con il “riemergente” Emmanuel Macron.

Dicono gli ambienti vicino a Draghi che il discorso pronunciato l’altro ieri da Macron al Parlamento europeo, nel quale il Presidente francese ha esplicitato le sue idee sia sul futuro dell’Europa sia sulla strategia da tenere sulla guerra – strategia, francamente, in netto contrasto con le scelte dell’America e dei vertici della Nato – fosse un discorso concordato con Draghi e Scholz. Non andrebbe interpretato, cioè, come un freno, un bastone tra le ruote, a Draghi in partenza per Washington, ma anzi come un incitamento, un viatico, un modo di avvertire Biden che Draghi parla a nome dell’Europa. Macron nel suo discorso ha sostenuto due concetti semplici ma importantissimi. Il primo riguarda precisamente la guerra: “non dobbiamo umiliare Putin”. Cioè uno stop ai comportamenti e alla propaganda di Washington. Il secondo invece disegna il futuro dell’Europa: a due velocità, con un nucleo centrale italo-franco- tedesco, compatto e deciso a trasformare l’Europa in una vera e propria potenza politica e non più una specie di alleanza. Rilancio politico, rilancio economico e anche forte aumento delle spese e dell’industria militare.

Il problema – se le cose stanno davvero così – è l’ostilità americana, che in ogni modo va smussata e possibilmente annullata. Perchè per l’Europa è molto difficile rinascere se l’America la tiene sotto tiro e la inibisce, come sta facendo in occasione della guerra con la Russia. Per questo sarebbe stato scelto Draghi come ambasciatore. Perché Draghi è considerato, ed è, l’Americano. Se volete metteteci pure il Kappa. E quindi è quello che conosce di più la lingua di Washington ed ha più possibilità di farsi capire e di toccare i punti giusti. Del resto il trust di cervelli che sta intorno a Biden è in gran parte un gruppo di intellettuali di origine – diciamo così- italiana. Nel senso che si tratta del drappello di allievi ed ex collaboratori del grande economista Franco Modigliani. E si sa che anche Draghi viene da lì. Da Modigliani. Sia dal punto di vista biografico sia da quello intellettuale: è un figliolo del keynesismo modiglianiano. Dovrebbe essere facile capirsi con gli americani, e venirsi incontro.

Naturalmente questo scenario è tutto da verificare. I segnali degli ultimi giorni non sono incoraggianti. L’alt imposto dagli americani a Zelensky sulla possibilità di cedere la Crimea, l’inversione di marcia imposta al presidente Ucraino, che ora invece minaccia di passare all’offensiva, sembrano indicare una via del tutto opposta. E cioè il prevalere dell’oltranzismo americano. Così come il voto del congresso che quasi all’unanimità ha concesso a Draghi potere assoluto sulle decisioni che riguardano l’invio di armi (si tratta di un decreto speciale che fu ottenuto per l’ultima volta da Roosevelt contro Hitler). La possibilità di una modifica nella linea “falca” della casa Bianca forse dipenderà anche dal grado di convinzione che saprà mostrare l’Europa. Draghi ha sbattuto i pugni sul tavolo? O ha praticato , con la sua flemma classica, un tentativo di moral suasion? E Biden ha capito che la politica, talvolta è un arte da non disprezzare? Vedremo

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.