Il premier Mario Draghi è stato convocato a Washington. Partirà il 9 maggio, incontrerà il Presidente Biden il giorno dopo. I dettagli della visita ora sono nella mani dell’ambasciatrice Mariangela Zappia, che ha ottimi rapporti con la Casa Bianca. Draghi sarà accompagnato dall’amministrazione dell’Eni Claudio Descalzi. Gli incontri riguarderanno la politica, l’energia e soprattutto la guerra. Gas for war, potrebbe essere il titolo. Biden ha già da tempo scelto l’Italia come sua testa di ponte in Europa e probabilmente chiederà un rafforzamento dell’obbedienza e del protagonismo italiano, anche per fronteggiare la fronda di Macron e di Scholtz.

La mente di chi ricorda la storia di questa Repubblica, naturalmente, va al più famoso di tutti i viaggi dei presidenti del Consiglio a Washington. 1947, gennaio. Il Presidente Alcide De Gasperi, capo di un governo Dc-Pci-Psi, volò in America a bordo di un Dc 4 messo a disposizione dall’esercito degli Stati Uniti. Lo accompagnava sua figlia Maria Romana, morta un mese fa. De Gasperi ottenne credito sia politico che economico, e diede in cambio la cacciata dei socialcomunisti dal governo. Sostituiti dai liberali. E il ritorno a una politica di destra. Rientrò in Italia il 16 gennaio e iniziò una lotta di logoramento con le sinistre. Culminata il 2 maggio con uno scontro furioso nell’aula di Montecitorio dopo la strage di Portella della Ginestra. Fatta dal bandito Giuliano con il probabile appoggio di settori Dc. La settimana dopo de Gasperi aprì la crisi e nacque il centrismo.

Non è da escludere che questo viaggio di Draghi possa avere conseguenze politiche significative. Sicuramente farà compiere un salto all’Italia nell’impegno bellico. Del resto tutti i segnali sono che la guerra è sempre più vicina. La guerra mondiale. La guerra nucleare? Colin Powell nella sua autobiografia racconta di quel giorno, durante la prima guerra dell’Iraq, nel quale, da capo di stato maggiore, andò a parlare con Dick Cheney, ministro della difesa. Cheney gli propose l’uso di bombe nucleari tattiche. Lui non rispose. Uscì dalla porta senza fiatare. Poi riaprì la porta e sibilò: Fuck you. Sono passati tanti anni. Oggi Cheney è in pensione, ma i suoi allievi sono decine. Per di più sono democratici.

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Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.