La guerra Russia-Ucraina
Trattative per la pace tra Russia e Ucraina, in campo Erdogan e l’Onu ma Putin frena
“La pace si ottiene anche con le armi”. Lungo questa sottile linea rossa marcata con parole chiare e definitive dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella che oggi sarà a Strasburgo davanti al Consiglio d’Europa, Nato, Nazioni Unite e Unione europea stanno mettendo mano, una volta di più, alle due facce del conflitto russo-ucraino. La decima settimana di guerra vede muovere passi e tentativi su entrambi questi scenari. Con qualche nota positiva sul piano diplomatico al netto del nuovo tentativo di mediazione caldeggiato dal segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres che vede protagonista il presidente turco Recep Erdogan a cui sta cercando di affiancarsi anche l’Italia. Che resta anche fedele al mandato Nato di alzare il potenziale di armi con cui supportare la resistenza ucraina.
Assai più concrete e operative le decisioni assunte, sempre ieri, nel summit informale della Nato organizzato nella base militare di Ramstein in Germania a cui hanno preso parte tutti i ministri della Difesa dell’Alleanza per mettere ulteriormente a punto la strategia a sostegno di Kiev (è stato deciso l’invio di nuove armi) e prevenire ogni eventuale attacco a sorpresa da parte di Mosca. Un summit che è già un format: il Gruppo di contatto, a cui partecipano i ministri della Difesa non solo dell’Alleanza (ad esempio anche Israele, Kenya, Tunisia) hanno deciso di ritrovarsi una volta al mese per adeguare i programmi allo scenario del conflitto. E anche della pace dopo il conflitto. “Dobbiamo predisporre le nostre forze in modo tale – ha spiegato il segretario generale Lloyd Austin, vero protagonista della giornata – che la Russia non possa più minacciare i suoi vicini e indebolirla in questo senso”.
Se questa è la settimana che dovrebbe vedere protagonista la diplomazia con la discesa in campo delle Nazioni Unite, diciamo subito che il protagonista indiscusso è stato il Pentagono che ha dettato la linea del “massiccio rifornimento di armi e munizioni” a Kiev. E che le speranze sono state subito raggelate dalle parole del ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov che nel punto stampa dopo l’incontro ieri mattina a Mosca con Guterres ha chiuso le porte ai mediatori. “Siamo pronti per i negoziati, se qualcuno ha idee interessanti, saremo pronti ad ascoltarle. I negoziatori ucraini però non hanno parlato di mediazione in quanto tale, almeno ora e nelle fasi precedenti. E parlare di mediatori in questa fase, a mio parere, è troppo presto”. Che più o meno fa il paio con quanto va ripetendo Putin da settimane con qualunque leader europeo lo abbia contattato: “I tempi non sono ancora maturi, né per il cessate il fuoco né per le mediazioni”. Un pessimo inizio che ha condizionato una pericolosa escalation verbale. Fino alla frenata serale dopo il colloquio Putin-Guterres.
I protagonisti della prima parte della giornata sono stati il viceministro della Difesa inglese James Heappey e Maria Zacharova, portavoce del ministro gli Esteri russo. Heappey ha parlato alla Bbc radio per dire, in sostanza , che è “più che legittimo prendere di mira in profondità i bersagli oltre le linee del territorio occupato dalle truppe di Mosca”. La decisione è degli ucraini, ha sottolineato il viceministro di Boris Johnson, “non di chi produce o esporta i sistemi militari” usati nel conflitto. Allo stesso modo Mosca ha ribattuto di giudicare “perfettamente legittimo prendere di mira le linee di rifornimento nemiche nell’Ucraina occidentale fin dentro quei Paesi i quali trasferiscono all’Ucraina armi”. Gli alleati occidentali, ha concluso Lavrov, “stanno versando benzina sul fuoco”. Messi a tacere i falchi da una parte e dall’altra, il quadro della diplomazia è un po’ migliorato nel tardo pomeriggio dopo il faccia a faccia tra Guterres e Putin. L’Onu “sostiene” il dialogo tra Russia e Ucraina ha detto il segretario generale delle Nazioni Unite. Che ha indicato la piccola luce di giornata. Una luce che si chiama – ci piaccia o no – Turchia. “Non facciamo parte dei negoziati, ma sosteniamo il dialogo tra i due paesi e sosteniamo la buona volontà della Turchia nel promuovere questo approccio – ha aggiunto – ma il nostro compito principale riguardo alla situazione umanitaria in Ucraina è risolverla, migliorarla”.
Putin ha confermato il sostegno all’azione delle Nazioni Unite, ha accettato di mostrare le condizioni dei prigionieri ucraini e ha detto che a Mariupol “la situazione è tragica e complicata ma le operazioni militari sono finite”. In una narrazione sorprendente dove è difficile distinguere la realtà dalla propaganda, Putin ha anche detto di “aver garantito la messa in sicurezza di 100 mila abitanti di Mariupol liberi di andare dove vogliono”. In una sorprendente giravolta rispetto alle parole usate poche ore prima dal suo ministro degli estri Lavrov (“non è ancora il tempo dei mediatori”), lo zar di Mosca ha poi aperto alla diplomazia. “Ci aspettiamo ancora e speriamo di poter raggiungere un accordo attraverso i canali diplomatici”. Che dovrebbero ripartire da Istanbul, dove si erano interrotti dopo la scoperta degli orrori di Bucha.
Il segretario del Pd Enrico Letta ha subito colto il segnale di speranza emerso in questi colloqui. “L’Ue unita deve sostenere l’intervento di mediazione delle Nazione Unite. La visita di Guterres a Mosca e poi a Kiev (oggi, ndr) è un messaggio di speranza che va colto”. Il ministro degli Esteri Luigi Di Maio infatti sta per volare in Turchia per incontrare il collega Mevlut Cavusoglu. L’obiettivo della Farnesina è dare nuova linfa al negoziato e organizzare un tavolo più ampio per imbastire un dialogo che risolva i nodi della questione. L’Italia insomma cerca di sedersi al tavolo della mediazione. Mentre, al pari della Turchia, in ambito Nato rifornisce l’arsenale ucraino. Al termine del vertice di Ramstein, il ministro Guerini ha spiegato che anche l’Italia prenderà parte “ad nuovo invio di equipaggiamenti militari, indispensabili per continuare il supporto alla resistenza ucraina”. Il ministro ha fatto riferimento al decreto interministeriale attualmente in via di finalizzazione, “della stessa natura della precedente tranche di aiuti, forniti sulla base delle richieste da parte ucraina e in ossequio alle risoluzioni del Parlamento italiano. Faremo la nostra parte per tutto il tempo che sarà necessario per sostenere le forze armate ucraine”.
Domani Guerini sarà davanti al Copasir per spiegare la tipologia delle nuove armi. Si parla di mezzi blindati con artiglieria e sistemi d’arma per la contraerea. La Germania, proprio ieri, ha deciso l’invio di 50 carrarmati. Il mandato del Pentagono è chiaro: “Le prossime settimane sono cruciali, dobbiamo muoverci con la velocità della guerra. Non abbiamo più molto tempo. E solo Putin può decidere la de-escalation”. Una giornata con luci e ombre. A cui si aggiungono le ombre cinesi di Giuseppe Conte. Il leader del Movimento ha riunito i vertici del partito che hanno votato no all’invio di nuove armi “se sono di tipo offensivo”. Distinzione ipocrita: tutte le armi possono essere difensive o offensive. Dipende come vengono usate.
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