Luigi Di Maio ha i piedi in due staffe. Fa il Ministro degli Esteri per i Cinque Stelle avendo alle sue più strette dipendenze quel Pietro Francesco Dettori che è ancora il braccio destro di Davide Casaleggio. È lui a occuparsi di contenuti per chi detiene il database degli iscritti, rimanendo al servizio di chi li vuole per farli votare il nuovo capo politico. Di Maio si è portato Dettori alla Farnesina in ossequio a un accordo con la casa-madre, ma adesso che le strade si sono biforcate la sua permanenza desta più di un sospetto tra i parlamentari. È lì per riferire a Casaleggio? Certamente è un anello di congiunzione.

Ma la guerra interna impazza e non fa prigionieri: scaduto l’ultimatum, sono già al lavoro i legali per presentare istanza di sequestro dei tabulati degli iscritti presso Casaleggio. È un tutti contro tutti: l’ala governativa fedele a Di Maio è diversa da quella più leale a Conte e scettica verso Draghi; poi ci sono i fuoriusciti di Alternativa C’è, e il guerrillero da tastiera Alessandro Di Battista che sta veleggiando con Casaleggio verso il nuovo movimento, ControVento. C’è l’area Eco di Fioramonti, a sinistra, e il partito di Paragone, Italexit, a destra. Sullo sfondo ci sono i centoventimila aderenti che compongono quel tesoretto che si contendono Vito Crimi da un lato – a nome di una gerenza decaduta – e Davide Casaleggio dall’altro, oltre a Silvio Demurtas che fa pacatamente presente ai due litiganti di avere in mano la delega del tribunale.

Negli ultimi giorni sono stati oltre diecimila – dice una fonte parlamentare 5 Stelle al Riformista – a chiedere di disiscriversi al Movimento, cancellando la tessera. Segno che in molti tra gli iscritti temono di diventare merce di scambio nella guerra per bande o peggio, di finire nel database di un nuovo soggetto. Lo teme il deputato Aldo Penna: «Casaleggio coltiva ormai l’idea non più segreta di impadronirsi dell’elenco degli iscritti del Movimento Cinque Stelle, per farne la base per un soggetto politico sotto il suo totale controllo. L’invito rivolto dal Blog delle Stelle agli iscritti perché rifiutino il trasferimento dei loro dati al Movimento dimostra l’intenzione malevola dei gestori della piattaforma Rousseau». Alessandro Di Battista – che viene in questi giorni caricato a molla da La7, che ha ripreso a offrirgli fior di ospitate in prima serata – sarebbe sul punto di siglare l’accordo con Casaleggio per sancire il varo di una sua nuova creatura contestatrice e barricadera.

La senatrice Paola Nugnes legge una strategia in controluce: «Credo che sia un percorso abbastanza inevitabile che già aveva dato segnale di spaccatura da tempo; ma è anche un modo per recuperare un certo elettorato. Forse si tratta di una strategia politica. Il Movimento 5 Stelle si scinde, come una cellula che si sdoppia, in modo da stabilizzare il M5S governativo con Conte e Di Maio, con un elettorato centrista e moderato, e poter recuperare anche strategicamente -ma questo lo posso solo immaginare- l’elettorato perso che è stato dietro al primo Movimento, quello legato all’opposizione vicina a Di Battista e Casaleggio». Chiaro per tutti che si sta giocando col fuoco: la maggioranza che sostiene Draghi è ampia ma conta sull’architrave dei parlamentari M5S che sostengono il governo.

Se si sbriciolasse, corrosa dall’interno, il crollo di questa trave produrrebbe effetti sulla tenuta stessa dell’esecutivo di larghe intese. Potrebbero Pd e Leu rimanere da soli con Lega e Forza Italia? Lo scenario non è fantapolitico se si considera che il ministro delle risorse agricole e forestali, Stefano Patuanelli in una chat intercettata ieri si sarebbe detto pronto a dimettersi. È finito nel mirino degli eletti meridionali dopo la burrascosa riunione online di ieri sera con i parlamentari M5S, molti dei quali hanno contestato la modifica dei criteri di ripartizione dei fondi Fesr per l’agricoltura, lamentando una penalizzazione delle Regioni del Sud. La tenuta di un Movimento senza più leader e organi dirigenti capaci di tenere insieme la squadra è messa ogni giorno a dura prova. Il comandante De Falco dice che ormai la nave va abbandonata: «È la disintegrazione. Ora tutti si sono resi conto, con ritardo, che la mancanza di democrazia interna non può portare che al collasso del Movimento stesso. Non può vivere un’entità politica in questo modo».

Difficile accelerare sull’indicazione interna di Conte come leader. «Il povero Conte – dice ancora De Falco – si sta rendendo conto adesso che la sua posizione è del tutto irrilevante in quanto non fa parte dell’associazione del Movimento 5 Stelle (di cui fanno parte solo Casaleggio e Di Maio, con garante Grillo, ndr) e non fa parte dell’associazione Rousseau. Conte ora si rende conto che non ha neanche il titolo per parlare. Questo è il dramma dell’uomo che crede di parlare a nome del Movimento ma si rende conto che deve passare dalla piattaforma». Nel momento di massima impasse i Cinque Stelle tentano il tutto per tutto con una carta identitaria: se la prendono con Formigoni per la conferma del godimento della pensione parlamentare. «Una scelta riprovevole», secondo Di Maio. «Una scelta sbagliata», per Giuseppe Conte. E tutti giù a dire la loro, accanendosi contro il Consiglio di garanzia del Senato per abbracciare strumentalmente una posizione da anticasta, fuori tempo massimo.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.