La funambola e l’espatriata. Come in un gioco di specchi, l’equilibrismo di Giorgia Meloni si riflette sul procedere incerto della sua alter ego preferita, Elly Schlein, la segretaria che rispolvera “la fantasia al potere” e lo splendido isolamento. La giornata delle sliding doors di Palazzo Madama (nostalgia canaglia) inizia con l’audizione di Mario Draghi davanti alle commissioni sulla competitività, e prosegue con l’arrivo della presidente del Consiglio (e di tutti i suoi ministri, escluso uno, Matteo Salvini, impegnato a Varsavia) per le comunicazioni in vista del Consiglio europeo. Tra colpi da maestro, giochi di prestigio e concessioni all’amico americano.

Il discorso

“Rafforzare le nostre capacità di Difesa significa occuparsi di molte più cose rispetto al potenziamento degli arsenali”, dice Meloni guardando l’Aula del Senato al completo. Per poi concedere: “Non è immaginabile costruire garanzie di sicurezza efficaci e durature dividendo l’Europa e gli Stati Uniti. È giusto che l’Europa si attrezzi per fare la propria parte, ma è nella migliore delle ipotesi ingenuo, nella peggiore folle, pensare che oggi possa fare da sola, senza la Nato, fuori dalla cornice euro-atlantica”. E poi arriva all’elogio più spinto: “È lo stallo sul campo che oggi può portare ai negoziati della pace, e penso si debba rivendicare con orgoglio il sostegno compatto e determinato al popolo ucraino. Salutiamo positivamente questa fase e sosteniamo lo sforzo avviato dal presidente Trump”. Di pari passo il “no” alla proposta di Keir Starmer: “Riteniamo che l’invio di truppe europee in Ucraina, proposto in prima battuta da Regno Unito e Francia, sia un’opzione molto complessa, rischiosa e poco efficace”. Non manca una dedica diretta ai manifestanti di piazza del Popolo: “Il paradosso è che chi oggi sventola le bandiere della pace contro le spese per la Difesa si lamenta anche di un’eccessiva ingerenza americana nelle nostre vicende. Beh, signori, le due cose non stanno insieme. O demandi la tua sicurezza ad altri, e gli altri decidono per te, o impari a difenderti da solo e decidi tu. Le due cose non stanno insieme”.

Regina del dribbling

Insomma, realismo, incantesimi e furbizie: la leader di Fratelli d’Italia si conferma regina del dribbling. Una requisitoria che termina con una citazione di Pericle: “La felicità consiste nella libertà e la libertà dipende dal coraggio. Metteremo tutto il coraggio che serve, perché ai nostri figli non manchino domani né la libertà né la felicità”. Meloni trova anche il tempo per smontare un cavallo di battaglia del Pd: “L’Italia non intende distogliere un solo euro dai fondi di coesione per la Difesa”. La risoluzione della maggioranza alla fine trova la quadra attenendosi strettamente ai temi del vertice e non tratta il piano ReArm Europe. La destrezza di Giorgia permette alla Lega di fare i salti di gioia: “Bene Meloni, va nella direzione auspicata da Salvini”. Il centrodestra trova un accordo rispetto alla plenaria del Parlamento europeo della settimana scorsa (dove FdI e FI avevano votato a favore del riarmo e la Lega platealmente contro) eliminando il tema della divisione.

Schlein e l’isola che non c’è

Una magia che Elly Schlein, in cerca di rivincite dopo lo smacco subìto a Strasburgo (con 10 eurodeputati riformisti che votano per il piano di Ursula von der Leyen), disdegna. Così, dopo giornate di lunghissimi confronti interni, piega la resistenza (molto più ben disposta) della minoranza e torna a insistere sull’isola che non c’è, aumentando la distanza dalla posizione che hanno i socialisti a Bruxelles. “Va promossa una radicale revisione del piano di riarmo proposto dalla presidente von der Leyen, sulla base delle critiche e delle proposte avanzate in premessa, al fine di assicurare investimenti comuni effettivi non a detrimento delle priorità sociali di sviluppo e coesione”, questo lo scalpo che la segretaria ottiene dai suoi gruppi parlamentari.

Calenda, l’unico sincero

La minoranza, rappresentata al tavolo delle trattative dal senatore Alessandro Alfieri (coordinatore di Energia popolare) si accontenta di un pallido plauso al Libro Bianco della Difesa Ue. L’unica voce fuori dal coro alla fine è quella dell’indipendente Pierferdinando Casini: “Le democrazie si armano per difendersi e creare condizioni di pace durevole, esattamente come si fece nella Prima Repubblica installando gli euromissili davanti alla minaccia sulle nostre città degli SS-20 sovietici”. Al termine di una giornata in cui centrodestra e centrosinistra hanno vissuto con il freno a mano tirato, l’unico sprazzo di sincerità lo regala Carlo Calenda. Dopo l’audizione di Supermario, gli scappa un lapidario: “Aridatece Draghi”.