«I giudici passanti», l’eccezione che diventa la regola e l’identità tra il giudice che ha assunto le prove e il giudice che emette la sentenza che finisce per non esserci più, mortificata da distorsive interpretazioni della norma. Contro tutto questo protestano gli avvocati penalisti. La Camera penale di Napoli ha proclamato tre giorni di astensione dalle udienze dal 16 al 18 novembre. E il 16 novembre si terrà un’assemblea aperta a tutti gli iscritti per discutere del tema oggetto dell’astensione.

Un tema che incide sul giusto processo, sulle garanzie dell’imputato. La premessa, spiega la giunta della Camera penale napoletana presieduta dall’avvocato Marco Campora, è che «i prevedibilissimi e nefasti effetti scaturenti dalla sentenza Bajrami hanno modificato radicalmente le modalità attraverso le quali viene esercitata la giurisdizione». «Il nostro sistema processuale, per quanto imperfetto e per quanto costantemente sabotato dai “nostalgici” del rito inquisitorio che già quaranta anni fa aveva dimostrato la sua incompatibilità con i principi di una moderna democrazia occidentale, si fondava su pochissime certezze», osservano i vertici dei penalisti napoletani indicando il prioritario presupposto che il processo fosse deciso dallo stesso giudice che aveva assunto le prove.

«Assistiamo quotidianamente ad un continuo tourbillon di giudici; a processi in cui ad ogni udienza vi è un giudice diverso; a mutamenti di collegi che intervengono all’esito di complessissime istruttorie dibattimentali (durate sovente anni) con la conseguenza che, non infrequentemente, la sentenza è emessa da chi non ha partecipato all’escussione di neppure un testimone. Si è creata una nuova figura di giudice: il “giudice passante” che entra in aula, dirige come un vigile il processo, ascolta il testimone e se ne va, consapevole che non spetterà a lui/lei decidere quella causa». Il problema non è di oggi: i penalisti denunciano che da tre anni nei tribunali, in particolare quelli del distretto di Napoli, si celebrano «dei simulacri di processo ove viene costantemente violato il principio fondante il rito accusatorio e, cioè, l’oralità e l’immediatezza del contraddittorio».

Azzerati decenni di studi sull’importanza della comunicazione non verbale del testimone, sulla necessità per il giudicante di partecipare fisicamente all’assunzione di ogni prova, sulla necessità che vi sia identità fisica tra chi assume la prova e chi emette la sentenza. «Sacrificati sull’altare di non si sa bene cosa (non certo sull’altare dell’efficienza, atteso che i tempi dei processi restano elefantiaci e certo il continuo trasferimento dei giudici non ne agevola una definizione in tempi ragionevoli). Ed il deficit di comprensione del giudicante, che, anche suo malgrado, difficilmente riuscirà a comprendere gli snodi fondamentali di un processo dalla mera lettura dei verbali, sta determinando un notevole e tangibile scadimento della qualità delle decisioni», sottolinea la giunta del presidente Campora.

«La sentenza Bajrami è stata colta come una sorta di “liberi tutti”, un modo facile per poter proseguire in quella giostra di trasferimenti dei giudici senza più doversi neanche più preoccupare dei processi che dovevano ricominciare daccapo». Di mezzo c’è una gestione quotidiana della giustizia autoreferenziale, insensibile ai diritti dei cittadini. «Quando il cittadino entra in un’aula di Tribunale ha spesso immediatamente chiara l’incuria e spesso il nonsense che governa l’amministrazione della giustizia. E resta stranito ed indignato quando, dopo anni di processo in cui sono stati sentiti decine di testimoni, quando finalmente inizia a fidarsi del “suo” giudice, quando crede che abbia capito, si trova all’improvviso dinanzi ad una (o tre) faccia sconosciuta che nulla sa di lui e della sua vicenda. Ed è questo sconosciuto che dovrà decidere della sua libertà e del suo onore». Vi sembra normale? Vi sembra giustizia?

Avatar photo

Napoletana, laureata in Economia e con un master in Marketing e Comunicazione, è giornalista professionista dal 2007. Per Il Riformista si occupa di giustizia ed economia. Esperta di cronaca nera e giudiziaria ha lavorato nella redazione del quotidiano Cronache di Napoli per poi collaborare con testate nazionali (Il Mattino, Il Sole 24 Ore) e agenzie di stampa (TMNews, Askanews).