Il premier Giuseppe Conte ha assicurato che lunedì sul tavolo del Consiglio dei ministri arriverà il testo che modifica i decreti sicurezza, il simbolo della politica salviniana che da un anno stanno lì a ricordare quanto Conte1 e Conte2 siano uniti da un filo rosso. L’accordo di governo tra Cinque stelle e Pd prevede questo passaggio, ma ogni scusa è buona per i grillini per far finta di nulla, ostacolare, spostare l’attenzione. Vito Crimi, attuale capo politico del Movimento, colui che ha portato i 5 Stelle al disastro elettorale, pur di fare le barricate contro il testo voluto dalla ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, firmato da tutti i partiti di governo, ha avuto il coraggio di dire che per il decreto legge «servono necessità e urgenza». Necessità e urgenza che non vengono rispettate in nessun’altra occasione, con governi che usano i decreti legge come se fossero acqua fresca.

E oggi va anche peggio con Conte2: il premier usa à gogo i dpcm, atti amministrativi che saltano i passaggi democratici in nome dell’emergenza che peraltro – ha annunciato il presidente del Consiglio – verrà prolungata fino a gennaio. Crimi, in realtà, come tutti i Cinque stelle, non vuole che quei decreti vengano toccati, perché – dopo la batosta elettorale – hanno paura di perdere ulteriore consenso. Ma non è solo questo. I grillini nascono contro l’accoglienza e contro l’accoglienza dei migranti continuano a essere schierati. L’odio nei confronti delle Ong, diventato legge con i decreti Salvini, inizia con la loro campagna contro i “taxi del mare”, espressione molto cara al ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, che oggi dalla Farnesina sta facendo di tutto perché dal testo di riforma sparisca “la protezione speciale”, una sorta di protezione umanitaria che il precedente ministro dell’Interno aveva cancellato con grande soddisfazione a danno di migliaia di persone. Di Maio la pensa come lui e si sta arrabbattando perché le schiere di grillini anti immigrati possano almeno avere una piccola soddisfazione. Per loro la situazione è sempre più ingarbugliata, pressati da destra non solo da Salvini ma da Alessandro Di Battista, che ieri partecipando a Piazza Pulita su La7 ha accusato il movimento di essere come l’Udeur, «utile solo per gestire le poltrone», facendo un passo ulteriore verso la scissione e la perdita di voti per l’ala più moderata.

Ma chissà, forse il governo Conte2 riuscirà lo stesso ad approvare la riforma, almeno in Consiglio dei ministri. Il Pd non può permettersi un passo indietro: faceva parte delle condizioni dettate dai dem per andare al governo con i Cinque stelle. E mentre i grillini hanno ottenuto tutto delle loro richieste, compreso il boccone amaro, amarissimo della riforma costituzionale, il Nazareno non ha avuto nulla. Dopo quello che è passato come successo elettorale, stanno provando ad andare all’incasso ma l’obiettivo non è per nulla facile da raggiungere.
Anche perché sono tante le ambiguità che riguardano il Conte2, a partire da fatto che più che modificarli quei decreti andavano aboliti. E che decreti o non decreti le navi delle Ong continuano ad essere bloccate in porto, con scuse diverse, ma sempre scuse che vanno a colpire il soccorso in mare con centinaia di morti solo negli ultimi mesi. Insomma non sappiamo quale sarà il testo che verrà approvato, ma già da ora ci sembra che sia quello scritto, che le decisioni prese non siano abbastanza forti per chiudere una brutta pagina sull’immigrazione. Ci vorrebbe molto più coraggio, soprattutto da parte del Pd per proporre una riforma seria di tutta la materia dell’immigrazione, a partire dalla modifica della Bossi-Fini.

Oggi si naviga a vista, si cerca di limitare i danni. Mercoledì, intervenendo durante la trasmissione di La7 Omnibus, il pd Walter Verini si vantava dicendo che avrebbero ridotto il periodo massimo di permanenza nei Cpr (centri per il rimpatrio) da 180 giorni a 90 giorni. Lui stesso ha riconosciuto che quei centri sono disumani. E allora perché non chiuderli? Perché tenerli aperti, anche se per minor tempo? Anche perché molto spesso la permanenza dura molto di più, trasformando quei centri in luoghi di detenzione. Invece si procede per aggiustamenti, che tentano di dare un colpo al cerchio e uno alla botte. Nicola Zingaretti sembra aver perso la pazienza e non vuole più rinviare. Ma le modifiche non vanno fatte per assecondare i Cinque stelle, vanno fatte al contrario per ascoltare le richieste di chi opera in mare o nelle strade delle nostre città per accogliere uomini, donne e bambini, ora abbandonati o odiati o annegati. L’urgenza c’è, anche se Vito Crimi – come direbbe Di Battista – dalla sua poltrona non la vede.

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