Non esiste alcun problema di sovraffollamento carcerario in Italia. È questo il mantra governativo che, molto probabilmente, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, chiamato a riferire sulle rivolte nei penitenziari di queste ultime ore, ripeterà anche oggi in Parlamento.  La “negazione” di Stato ruota da anni intorno al numero di metri quadri delle celle che, per il governo, avrebbero dimensioni nettamente superiori alla media dei Paesi europei L’ultima volta in cui questa narrazione è andata in scena fu il 9 aprile dello scorso anno, quando il Guardasigilli rispose, per il tramite dell’allora sottosegretario Jacopo Morrone, ad un interrogazione dell’onorevole Pierantonio Zanettin (FI).

Il parlamentare azzurro aveva chiesto chiarimenti al governo su una rivolta accaduta alla vigilia di Natale del 2018 nel carcere di Trento: a seguito del suicidio di un detenuto trentaduenne di origine tunisina, circa 300 detenuti avevano dato fuoco a cassonetti e materassi, danneggiando gravemente celle, letti, telecamere di sorveglianza, caloriferi e porte a vetri della struttura. Uno degli elementi scatenanti era stato proprio il sovraffollamento della struttura trentina. Per il Ministero della giustizia, le cose non stavano invece come prospettato da Zanettin in quanto era errata la considerazione di fondo. Secondo via Arenula, infatti, «il tasso di sovraffollamento è calibrato in base allo spazio pro capite da riservare ai detenuti, che, con una circolare del 1988 del Ministero della giustizia, emessa sulla base di un decreto del Ministero della Salute del 1975, viene stabilito in 9 metri quadrati per singolo detenuto, da aumentare di altri 5 metri quadrati per ogni altro detenuto in aggiunta».

Seguendo il burocratico ragionamento, accedendo ad uno standard meno rigoroso, si escluderebbe in radice la sussistenza di sovraffollamento, «in quanto le strutture penitenziarie italiane, per tale effetto, si attesterebbero su uno standard nettamente superiore alla soglia (limite) dei 60 mila detenuti». Un concetto questo che aveva già trovato come fautore Piercamilllo Davigo. «Siccome nessuna norma dice la metratura a cui avrebbe diritto il detenuto – affermò alla festa del Fatto Quotidiano a maggio del 2018 – il legislatore ha applicato la metratura prevista per le case di civile abitazione: 9 metri quadrati per il primo occupante e 5 metri per gli occupanti successivi». «La media europea è di 3 metri quadrati a testa, siamo l’unico Paese europeo condannato per sovraffollamento penitenziario, perché abbiamo dei deficienti che forniscono questi dati», aggiunse quindi Davigo fra le risate del pubblico.

La Cedu, però, nella sentenza “Torreggiani” del 2013 e nelle sue altre innumerevoli pronunce, non ha mai indicato un valore numerico inderogabile per le dimensioni delle celle. I giudici di Strasburgo hanno evidenziato che non è possibile quantificare in modo preciso lo spazio personale che deve essere concesso a ciascun detenuto ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in quanto dipende da diversi parametri. Ad esempio, la durata della privazione della libertà personale, la possibilità di accesso alla passeggiata all’aria aperta nonché le condizioni mentali e fisiche del detenuto. L’unico parametro che la Cedu ha individuato fu quello dei 3 metri quadrati: al di sotto vi è una presunzione assoluta di violazione dell’articolo 3 della Convenzione, per “trattamento disumano e degradante”, indipendentemente da tutte le altre condizioni di vita in carcere. Ciò non esclude, quindi, che al di sopra della soglia dei 3 metri quadrati uno Stato possa, comunque, incappare in una violazione della Convenzione.

Sarebbe sufficiente, allora, applicare il parametro della Commissione Europea per la prevenzione della tortura: 7 metri quadrati, più 4 per ogni nuovo detenuto in una cella. Ultimamente vengono calcolati 6 metri quadrati, più 4: in 14 metri quadrati, dunque, ci possono vivere 4 persone. Dov’è allora il problema? Molto semplice: nessuno controlla che tali standard vengano rispettati. Con buona pace delle statistiche ministeriali.