Dialogo (non tanto) immaginario tra un No-Vax e un Si-Vax parafrasando le sentenze con cui la Corte costituzionale ha respinto le eccezioni d’illegittimità sui vaccini anti Covid-19.

No-Vax: E così dopo più di due mesi sono state finalmente pubblicate le motivazioni della Corte costituzionale sui vaccini contro il Covid-19. Evidentemente ce n’è voluto di tempo per giustificare l’ingiustificabile!
Si-Vax: Se la Corte avesse depositato le sentenze dopo pochi giorni ti saresti sicuramente lamentato dello scarso tempo dedicato. Come dire: dinanzi a chi è prevenuto come fai sbagli. Il punto è che la Corte ha voluto motivare adeguatamente le sue decisioni anche per il loro rilievo pubblico. Prova ne sono le numerose pagine delle due sentenze nel merito.

N.: Va be’. Allora cominciano a discuterle queste motivazioni, a partire dall’imposizione di un vaccino sperimentale che non proteggeva dal rischio contagio e ha provocato anche morti.
S.: La Corte si muove in un’ottica di assoluta continuità rispetto alla propria precedente giurisprudenza, ricordando di aver chiarito fin dal 1994 che i trattamenti sanitari obbligatori per legge previsti dall’art. 32 Cost. devono: 1) essere diretti a migliorare la salute non solo del singolo ma anche degli altri; 2) non incidere sullo stato di salute di chi vi si sottopone tranne per quelle conseguenze tollerabili e marginali che, se provocano danni alla salute, 3) devono essere indennizzabili. Il diritto del singolo di rifiuto delle cure non può dunque mettere a rischio la salute della collettività perché, come efficacemente sintetizzato dal presidente della Repubblica, libertà di cura non equivale certo a libertà di contagiare gli altri. Anzi, come scrive la Corte, «l’interesse della collettività costituisce la declinazione, nel campo della tutela alla salute, dei doveri di solidarietà» sociale sanciti dall’art. 2 Cost.
N. Ok, è vero che le reazioni gravi avverse al vaccino sono numericamente minime. Ma quando si parla di vite umane non si può certo applicare un criterio quantitativo. Qualunque evento fatale, seppur isolato, è comunque inaccettabile, tanto più quando, come nel caso in specie, non è fortuito e imprevedibile, come dimostra l’esistenza di una certa omogeneità nella tipologia di eventi avversi segnalati dai vari Paesi.

S. È evidente che il legislatore in questi casi si trovi dinanzi a scelte tragiche che noi tutti preferiremmo evitare in cui “in vista di un bene” collettivo si deve purtroppo accettare “il rischio di un male” individuale. Ma la prevedibilità che si verifichino eventi avversi anche gravi, pregiudizievoli oltre il limite del normalmente tollerabile, non rende di per sé incostituzionale il trattamento sanitario obbligatorio se si tratta di un rischio inevitabile e comunque remoto rispetto alla sua incidenza a livello generale. Proprio per questo in simili casi è previsto un indennizzo per chi si sottopone a vaccinazioni obbligatorie o fortemente consigliate.
N. Questo significa allora che è legittimo sacrificare la salute del singolo in nome della salute collettiva?
S. No, anzi il legislatore deve cercare di contemperare il potenziale conflitto tra le due dimensioni, individuale e collettiva, del diritto alla salute. E questo conflitto è esploso in tutta la sua tragica drammaticità durante la pandemia dichiarata dalla Organizzazione mondiale della sanità, in cui sofferenze e benessere non potevano essere equamente ripartiti tra tutti. Dinanzi a tale conflitto la Corte si chiede se il legislatore ha esercitato correttamente la sua discrezionalità nel rispetto dell’art. 32 della Costituzione, cioè bilanciando in modo ragionevole e proporzionato il diritto alla salute, nella sua dimensione individuale e collettiva, rispetto alla finalità perseguita di impedire la diffusione dell’epidemia da Covid-19.

N. E allora parliamone delle scelte del legislatore! Scelte insensate, basate su valutazioni di fatto incerte, errate e su risultanze scientifiche indimostrate e opinabili circa la sicurezza e l’efficacia dei vaccini.
S. Non è vero! Anzi la Corte dedica molte pagine della sentenza n. 14/2023 proprio per smentire questa tesi. Innanzi tutto le scelte del legislatore non possono essere valutate con il senno di poi ma tenendo conto della concreta situazione sanitaria ed epidemiologica esistente in quel momento nonché del suo evolversi. In secondo luogo, il legislatore, nell’esercizio della sua ineliminabile discrezionalità politica, non può prescindere dalle migliori conoscenze scientifiche in merito definite dalle autorità medico-scientifiche istituzionalmente preposte, anche ai fini dell’efficacia delle sue decisioni in ordine alla loro tempestività. È dunque comprensibile, anzi inevitabile, che le scelte del legislatore sui soggetti da vaccinare e sulla stessa natura del vaccino (dapprima raccomandato, poi previsto come onere, infine reso obbligatorio per categorie sociali sempre più ampie) siano mutate nel tempo in base all’evoluzione della situazione sanitaria che ha dovuto fronteggiare e delle conoscenze scientifiche via via acquisite e dai conseguenti contributi elaborati dalle istituzioni preposte (tra cui l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e l’Istituto superiore di sanità (ISS).

N. Lasciamo perdere: vaccini imposti senza adeguata sperimentazione e senza che ne fosse ancora testata la efficacia!
S. Anche questo non è vero e la dettagliata ricostruzione della Corte lo smentisce. Non si è trattato di vaccini sperimentali perché essi sono stati immessi in commercio dopo aver completato l’iter per determinarne qualità, sicurezza ed efficacia a seguito di una autorizzazione condizionata, come si era peraltro già fatto in precedenza in ambito europeo per far fronte a bisogni terapeutici insoddisfatti. Nessuna delle fasi dello sviluppo pre-clinico e clinico dei vaccini è stato omesso come pure il numero dei pazienti coinvolti è stato lo stesso dei precedenti vaccini sviluppati con tempistiche standard, grazie al fatto che si sono potute affiancare temporalmente le diverse fasi di sviluppo clinico e arruolare contemporaneamente decine di migliaia di partecipanti. Circa la sicurezza dei vaccini, a fronte dei miliardi di persone vaccinatesi contro il Covid-19, la stragrande maggioranza degli effetti collaterali sono stati lievi e di breve durata. Le reazioni avverse gravi sono state da rare a molto rare e comunque non hanno mai configurato un rischio tale da superare i benefici della vaccinazione.

N. Ma i dati statistici richiamati dalla Corte sull’efficacia dei vaccini sono farlocchi, mai verificati!
S. Ah sì? E quale sarebbe il fondamento scientifico dei vostri dati? Il punto è che vorreste sostituire i dati scientifici forniti dalle autorità di settore con dati provenienti da fonti diverse parziali e non attendibili, peraltro forniti da presunti e pretesi “esperti” del settore scelti con non si sa quali criteri.
N. E che mi dici dell’obbligo di vaccinazione imposto al personale sanitario? È una discriminazione!
S. Ma ti ricordi il gravissimo stress cui era sottoposto il sistema sanitario in quei giorni? Ha dovuto affrontare oltre a crescenti richieste di assistenza domiciliare un enorme e incessante incremento di ricoveri per i pazienti affetti da Covid-19, con conseguente congestione delle strutture ospedaliere e dei reparti di terapia intensiva. In questo contesto si assisteva a una crescente diffusione del contagio tra gli stessi operatori sanitari, i quali, ovviamente, erano maggiormente esposti al rischio di contagiarsi prendendosi cura dei pazienti e/o interagendo con i loro colleghi. Era quindi perfettamente ragionevole e funzionale allo scopo obbligare tali soggetti alla vaccinazione al fine di proteggere, oltreché la loro salute, quella di quanti – specialmente i soggetti più fragili – frequentavano gli ospedali ed entravano in contatto con loro e di evitare l’interruzione di un servizio estremamente essenziale in quel momento per la collettività come quello ospedaliero. L’obbligo vaccinale per il personale sanitario è stato introdotto, tra l’altro, in Francia, Germania, Gran Bretagna e Stati Uniti e i giudici, anche costituzionali, di alcuni paesi l’hanno ritenuto legittimo perché rispondente ai requisiti di proporzionalità e ragionevolezza.

(1- continua)