Censura per la magistrata
Il caso Creazzo e la ‘vendetta’ del Csm contro la pm molestata, l’avvocato di Sinatra: “Ho perso la fiducia”

“Sono profondamente turbato da questa sentenza e non sono più certo di avere le risorse di fiducia per continuare ad esercitare la mia ventennale attività di difensore di magistrati in sede disciplinare”. A dirlo è il professore siciliano Mario Serio, difensore della pm antimafia di Palermo Alessia Sinatra, condannata ieri alla sanzione della censura dalla sezione disciplinare del Csm, presieduta da Fabio Pinelli, per aver definito “porco” l’allora procuratore di Firenze Giuseppe Creazzo.
La magistrata, dopo aver subito delle molestie sessuali da Creazzo tornando in camera in albergo durante un convegno dell’Anm a Roma, si era sfogata con Luca Palamara con alcuni messaggi che poi erano diventati di dominio pubblico quando il telefono di quest’ultimo era stato sequestrato nell’indagine di Perugia. Erano i giorni in cui la Commissione per gli incarichi direttivi del Csm stava votando il successore di Giuseppe Pignatone al vertice della Procura di Roma. Quattro i voti a favore del procuratore generale di Firenze Marcello Viola, un voto ciascuno per Creazzo e per Francesco Lo Voi, procuratore di Palermo.
“Non mi dire che Creazzo ci crede?”, scriveva Sinatra a Palamara, aggiungendo: “Sono pronta a tutto e lo sai”.
“Io insieme a te. Sempre…”, rispondeva rassicurante Palamara.
“Ma con te il porco ha parlato?”, proseguiva Sinatra. E Palamara: “Assolutamente no”.
“Porco mille volte”, la secca replica della magistrata.
E poi: “Sono inorridita. Sento kazzate su valori e principi fondanti ed elevatissimi. E su queste basi il gruppo per il quale io mi sono spesa stando nell’angolo, farà di tutto per mettere sulla poltrona di Roma un essere immondo e schifoso”, rincarò la dose la pm siciliana prima di esplodere: “Non solo io non ho mai avuto e non avrò niente ma devo assistere a questa vergogna”.
Per la Procura generale della Cassazione si sarebbe trattato di “comportamento gravemente scorretto” nei confronti del capo dei pm di Firenze per ottenere una sorta di “giustizia riparativa”. Interrogata sul significato dei messaggi, la magistrata raccontò allora la violenza subita e quindi l’astio nei confronti di Creazzo. E alla domanda perché non avesse denunciato il fatto, la pm disse che si era trattato di “un dolore privato” e che aveva voluto preservare “l’istituzione”. Fra i vari testimoni durante il processo, svoltosi a porte chiuse, era stato sentito un professionista che aveva suggerito alla magistrata di andare da uno psichiatra, da cui poi è stata effettivamente in cura, per superare il trauma subito.
Nei mesi scorsi il Csm aveva condannato per questa vicenda Creazzo alla perdita di due mesi di anzianità. “La perpetuazione – prosegue Serio – della rilevanza delle interlocuzioni con Palamara che non è più un magistrato da anni ed appartiene al passato hanno colpito non soltanto una donna magistrata stimata ed integerrima, ma hanno sconvolto l’assetto ordinato e rispettoso fra generi nell’ordine giudiziario”. “La lezione – prosegue – che si trae da questa sentenza non può che intimorire le donne che aspirano a rilevare nella propria sfera privata il carico di sofferenze patite dai comportamenti altrui”, conclude quindi Serio. “Questa sentenza è un pessimo segnale per tutte le donne”, il commento in serata di Raffaella Paita, deputata di Italia viva.
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