La più carina l’ha detta il sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto: «Berlusconi non si fa cerchiomagicizzare da nessuno». Figurarsi se il Cavaliere, nonostante l’età, gli acciacchi e forse anche una diversa scaletta di priorità nella vita, si fa irretire dalla tela di ragno del pur valida senatrice Licia Ronzulli più altri custodi – presunti – del verbo di Silvio. In Forza Italia il problema non è il cerchio magico, vero o presunto che sia. «È la linea politica che manca e i criteri di scelta di quadri e dirigenti che sono sbagliati perché non premiano il merito e la capacità ma la fedeltà e non è neppure chiaro a chi», spiega un senior del partito, uno di coloro che ancora talvolta ha accesso diretto al Cavaliere. Quindi, per volerla dire in poche parole, in Forza Italia siamo alla faida. Bella e buona. Con l’aggravante di elezioni amministrative tra un mese e subito dopo, a marzo 2023, le politiche. Dove per avere un posto in qualche lista se ne vedranno delle belle. Da tutte le parti, destra, sinistra, centro e più di tutto tra i 5 Stelle.

Il caso Ronzulli è solo l’ultimo raccontato dalle cronache. E, a suo modo, della faida è il paradigma. La senatrice è dal 2018 tra le più strette collaboratrici del Cavaliere. Così come lo fu anni addietro un’altra senatrice, Maria Rosaria Rossi. Qualche segno particolare: ricopre numerosi incarichi interni; filtra contatti e telefonate; coltiva da sempre una innata simpatia per Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti. Tanto da essere indicata come “il cavallo di Troia della Lega in Forza Italia”. Forse questo è troppo. Diciamo che non fa mistero di credere fortemente nell’unione naturale dei due partiti. Da sabato sera Licia Ronzulli è diventata anche il commissario di Fi in Lombardia. Spodestando Massimiliano Salini, eurodeputato, il più votato, dopo Berlusconi nella circoscrizione nord ovest. Salini è un imprenditore brillante di cui Berlusconi osserva da tempo le mosse. Tanto che nel dicembre 2019 fu convocato ad Arcore, pare fosse presente anche la figlia Marina, per nominarlo coordinatore del partito. Onore e gloria. Poi però, all’improvviso, non se ne fece già nulla. È un dettaglio questo di cui poco hanno memoria.

Arriviamo a venerdì scorso. Il Cavaliere convoca ad Arcore nuovamente Salini per rappresentargli qualche difficoltà nella tenuta del partito in Lombardia. “È un malessere di cui mi parlano tanti”, spiega Berlusconi. Salini non ci sta e contrattacca: “Scusa Presidente, mi dici chi sono tutti? Perché ho contatti quotidiani con la base e non mi risulta. Piuttosto ti dico che è molto difficile invece parlare con te, ci sono molti filtri, troppi, e anche questo non va bene”. Si racconta che Berlusconi restò molto colpito da questa reazione. Tanto da congelare il licenziamento di Salini. Il quale certo non se la tiene e ne parla con la ministra Mariastella Gelmini, anche lei lombarda, non troppa simpatia con Ronzulli. Non è un mistero che in Forza Italia ci siano tante linee centripete. E che una di queste sia la distanza tra il partito governativo, quello dei ministri Carfagna, Gelmini e Brunetta e quello filoleghista.

La cosa sembra rientrare. Ma non è così. Sabato pomeriggio Berlusconi ci ripensa, chiama Salini – pare che nel sottofondo si senta anche la voce di Ronzulli – gli offre un altro incarico (responsabile dei rapporti con le associazioni imprenditoriali) ma lui rifiuta. E pensa di organizzare la resistenza proprio con l’aiuto del ministro. Gelmini protesta con Tajani: “La Lombardia non è una regione come un’altra, è la regione dove è nata Fi, non c’è stato alcun confronto per sostituire Salini”. Il vicepresidente Tajani tace. Al massimo concede “normale dialettica interna di partito”. Ma non è così. Anche perché Ronzulli ieri ha rilasciato un’intervista in cui, buttando acqua sul fuoco, ha offerto una diversa versione: «Sabato sera Berlusconi mi ha chiamato e io, che sono figlia di un Carabiniere, ho detto obbedisco. Io lavoro per unire il partito. Non certo per dividerlo». Versioni opposte. Che denunciano il vero problema: quale linea politica per Forza Italia? Il partito del Cavaliere ha tre strade davanti: la Lega Italia, una fusione tra Lega e Forza Italia con l’obiettivo di fermare e rintuzzare la supremazia di Fratelli d’Italia; restare un partito autonomo e assumere sempre di più il ruolo di baricentro della coalizione di centrodestra consapevole del fatto che solo grazie a Forza Italia e al suo europeismo centrista il centrodestra può ambire a governare il paese; scommettere sul ritorno ad un sistema di voto proporzionale ed allargarsi al centro con gli altri partiti più piccoli della coalizione di centrodestra.

Lasciando le estreme al loro destino. Se l’80 per cento di Forza Italia è contro lo “strapotere di Ronzulli”, una buona metà non vuole morire salviniana. E neppure meloniana. E allora, ci spiega il deputato senior azzurro, “si sentirà parlare di nuovo di proporzionale”. Molti oggi attendono un segnale in questo senso da parte delle due ministre Gelmini e Carfagna. E a proposito del ministro per il Sud, “fate un confronto tra il convegno che ha organizzato venerdì scorso a Sorrento con Mattarella e Draghi presenti e quello che metterà in piedi Forza Italia questo fine settimana a Napoli”. Tirate la riga. Il risultato sarà la vera, nuova Forza Italia. Né salviniana. Né meloniana. È necessario soprattutto che lo capisca Berlusconi.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.