Il Fatto Quotidiano ieri polemizzava con noi per questa storia delle intercettazioni che hanno annientato l’immagine della magistratura italiana. E un po’ (un bel po’) anche quella del giornalismo. Ci rimproverava tre cose. Primo, di avere un editore e di dichiararlo sempre. Secondo, di esserci sempre rifiutati di pubblicare tonnellate di intercettazioni delle quali i nove decimi prive di qualunque valore penale, e di limitarci a riprendere le polemiche, e a giudicarle, dopo che sono esplose. Terzo, di avere accusato il Gip Gaspare Sturzo di aver chiesto una raccomandazione al Pm Palamara per essere promosso a sostituto procuratore in Cassazione; mentre, invece – spiega il Fatto, assumendo il ruolo di ufficio stampa di Sturzo – nei colloqui tra Palamara e Sturzo si parlava in genere di cose amene e solo una volta – una volta sola – Sturzo ha chiesto una raccomandazione per essere promosso in Cassazione. Bene. Andiamo con ordine. Sì, siamo editi da Alfredo Romeo, e sempre lo dichiariamo quando parliamo di lui. Sarebbe bello se anche il Fatto, quando parla di Davigo&Di Matteo ci avvertisse che quelli sono gli editori. No? Vabbé, ognuno ha il suo stile.

Secondo. È vero anche che noi siamo contrari alla pubblicazione delle intercettazioni, specie quelle coperte da segreto, che in genere il Fatto pubblica, sebbene la cosa sia del tutto illegale, perché le riceve da Pm, altrettanto illegali e molto manovrieri, i quali le regalano ai giornalisti per segare le gambe a qualche politico o qualche magistrato nemico. In genere innocente. Il mestiere di segare le gambe per conto terzi – in genere agli innocenti – non ci è mai piaciuto. Spesso le intercettazioni le riceviamo anche noi. Però non facciamo ricettazione, non è nei nostri costumi. E quindi non le pubblichiamo. Neanche se nelle intercettazioni si parla di Travaglio.

Terzo. È vero anche questo: nelle intercettazioni pubblicate dall’Espresso risulta una sola richiesta di raccomandazione da parte di Sturzo a Palamara. Noi purtoppo non sapevamo che è previsto dai codici che si possa chiedere almeno una volta una raccomandazione al Pm di fiducia, per questo ci siamo un pochino indignati. E non sapevamo neanche che è permesso sbandierare come merito l’arresto immotivato (così ha decretato la Cassazione) di una persona (Romeo, cioè il nostro editore), evidentemente eseguito per fare un piacere a qualcuno.

Dopodiché, naturalmente, ciascuno è autorizzato a fare giornalismo come crede. Nessuno obbliga il Fatto, che ha pubblicato sempre tonnellate di intercettazioni, a pubblicarne tonnellate anche stavolta. È chiaro che è un diritto costituzionale del giornalista di non pubblicare notizie o intercettazioni sgradite. Se stavolta le intercettazioni travolgono la magistratura (cioè la ditta: non solo per il Fatto, per il quale più che la ditta la magistratura è il divino, ma per quasi tutti i giornalisti di giudiziaria) è ovvio che molti, o quasi tutti, decidano di non pubblicarle o di pubblicarne poche poche. Tantomeno è obbligatorio pubblicarle se riguardano addirittura gli stessi giornalisti. Che bisogno c’è di tirarsi addosso merda da soli? C’è Raul Bova, c’è Venditti, c’è il principe Giannini

P.S.1 Non so se è irrispettoso rivolgersi addirittura a Giovanni Bianconi, il re dei giornalisti giudiziari. Palamara in una intercettazione lo accusa di essere legato ai servizi segreti. Non è proibito, ma è bene saperlo. È vero? È una calunnia? Sarà il caso di chiedere una smentita a Palamara? Comunque la notizia ha un suo interesse: pensate se avessero detto che Giorgia Meloni o Teresa Bellanova sono agenti dei servizi, che finimondo! Perché allora Bianconi non smentisce, non spiega? E perché addirittura né lui, né il suo giornale, ne quasi nessun altro tra i grandi giornali ha pubblicato questa notizia? Può darsi che sia un modo più moderno di intendere il giornalismo, questo della reticenza, ma non mi convince tanto.

P.S.2 Mi costa ammetterlo, ma qui l’unico che è sempre coerente è Belpietro. Io non sopporto il suo sovranismo, il suo leghismo, il suo populismo, il suo giustizialismo, e il suo intercettazionismo. Però bisogna ammettere che non guarda in faccia a nessuno. Pubblica, pubblica tutto. Proprio al contrario di noi che non pubblichiamo mai niente.

Avatar photo

Giornalista professionista dal 1979, ha lavorato per quasi 30 anni all'Unità di cui è stato vicedirettore e poi condirettore. Direttore di Liberazione dal 2004 al 2009, poi di Calabria Ora dal 2010 al 2013, nel 2016 passa a Il Dubbio per poi approdare alla direzione de Il Riformista tornato in edicola il 29 ottobre 2019.