Le conseguenze del voto
Il flop di Maresca apre la faida in Forza Italia: regolamento di conti tra Martusciello, De Siano e Cesaro
C’era da aspettarselo. Nemmeno il tempo di incassare la sconfitta alle comunali che nel centrodestra napoletano si scatena la resa dei conti. E non poteva essere altrimenti, se si leggono i numeri. Fratelli d’Italia e Forza Italia non sono andati oltre, rispettivamente, il 4.41 e il 6.63% dei consensi, riuscendo a piazzare uno e tre consiglieri. Della Lega non c’è traccia visto che la lista salviniana era stata esclusa dalla competizione elettorale. Ma c’è un dato che certifica il fallimento di quella strategia di rilancio del centrodestra che, nelle intenzioni di qualcuno, doveva necessariamente passare per un’apertura al civismo. Il distacco tra il centrosinistra di Gaetano Manfredi e il centrodestra di Catello Maresca, infatti, è il più ampio mai registrato: 41 punti, un’enormità se si pensa che, nel 2001, Rosa Russo Iervolino ebbe la meglio su Antonio Martusciello per soli due punti. Quanto basta, dunque, per aprire una riflessione nel centrodestra.
A cominciare da Forza Italia, dove la débâcle di Maresca fa riesplodere la faida tra l’ala che fa capo al coordinatore napoletano Fulvio Martusciello e quella che ha come referenti il responsabile regionale Domenico De Siano e l’ex consigliere campano Armando Cesaro. Molti imputano a De Siano di non essersi impegnato abbastanza per sostenere i candidati di Forza Italia nei Comuni al voto e cioè di non aver esercitato quella leadership forte che, fino a qualche anno fa, era appannaggio di Nicola Cosentino. A Cesaro jr, invece, non si perdona il (presunto) sostegno ai transfughi del centrodestra “riciclatisi” nella coalizione di Manfredi. Di qui l’ulteriore crisi nel partito napoletano che, per il momento, il coordinatore nazionale Antonio Tajani non intende affrontare. Il motivo è presto detto: Forza Italia teme di “perdere pezzi” e di compromettere la scalata del leader Silvio Berlusconi al Quirinale.
Ecco perché i pontieri sono al lavoro per evitare che vecchi rancori azzerino quel poco che resta del partito in Campania. «Non si cresce se ciascuno si dedica a combattere i presunti avversari interni – ammonisce il deputato Paolo Russo – Bisogna archiviare questa fase di liti e furbizie per dedicarsi alla formazione di una nuova classe dirigente riformista, moderata, liberale e legata ai territori». Per Russo la strategia può essere quella seguita con Maresca. A patto, però, che i altri partiti sappiano “cavalcare” la richiesta di rinnovamento che proviene da ampi settori della società e non tentino di condizionare i candidati come è successo col pm. «Serve un profondo lavoro di rinnovamento – conclude Russo – Al netto delle civiche, d’altra parte, i numeri dei partiti di centrosinistra non sono certo irraggiungibili».
Chi considera fallito l’esperimento di Maresca, però, è la Lega. Qui il segretario regionale Valentino Grant e il coordinatore napoletano Severino Nappi sembrano destinati a rimanere in sella almeno fino al ballottaggio. Dopodiché a intervenire sarà il leader Matteo Salvini che, dopo la chiusura delle urne, è stato molto chiaro: «Nessuna scusa. Dove si è perso, si è perso per demeriti nostri». Ciò significa che, non appena il secondo turno sarà stato archiviato, nella Lega saranno affrontati diversi nodi: la “ristrutturazione” della dirigenza locale, lo scontro tra l’ala di Nappi e quella del deputato Gianluca Cantalamessa, la scelta di rinunciare al simbolo sulla scheda elettorale e l’insoddisfazione dei militanti che ambivano a una candidatura con Prima Napoli e che alla fine, dopo la bocciatura da parte del Consiglio di Stato, vi hanno dovuto rinunciare.
E in Fratelli d’Italia? Qui il processo di rinnovamento è stato accelerato dalle dimissioni dell’ex segretario cittadino Andrea Santoro e dalla successiva nomina di Sergio Rastrelli. Anche per i meloniani la sfida non è facile: costruire una squadra di governo incisiva, capace di gestire i militanti più nostalgici e di andare al di là delle faide interne. Insomma, anche a Fratelli d’Italia serve una nuova classe dirigente, soprattutto ora che il partito non è più marginale ma, a livello nazionale, veleggia verso il 20%. «Rastrelli dovrà formare una squadra di governo di qualità – avverte Luca Ferrari, dirigente nazionale – chiarendo il rapporto tra partito e cariche elettive. Chi ne ricopre una deve mettersi a disposizione di Fratelli d’Italia e viceversa. È così che ci si rilancia».
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