«Norme formalistiche e medievali»: queste le caratteristiche delle regole per la presentazione delle liste dei candidati alle elezioni amministrative secondo l’aspirante sindaco Catello Maresca che lo ha dichiarato dopo che quattro delle sue sono state bocciate dall’apposita commissione.

Da avvocato amministrativista confermo, anche se la ragione di una disciplina minuta e severa è evidente: stroncare preventivamente alla radice contestazioni in un momento delicatissimo, prevedibilmente convulso, in cui si fanno sempre corse dell’ultimo minuto. Peccato che queste parole le abbia pronunciate un magistrato, il quale dovrebbe sapere che le norme vanno rispettate, anche se sembrano cervellotiche e non piacciono, finché non si cambiano. Già, ma «siamo nuovi alla politica», è la giustificazione che suona ammissione. Appunto: dilettanti allo sbaraglio, che hanno sottovalutato quanta professionalità ci vuole per un mestiere – quello del candidato – che non si improvvisa e per il quale non basta circondarsi di uno staff di sostenitori di buona volontà.

Corsa azzoppata per lo stesso motivo anche per Alessandra Clemente, ma qui – essendo lei ormai una politica esperta – la ferita viene da lontano, ossia dal progressivo asciugarsi del sostegno del suo mentore Luigi de Magistris, occupato a sua volta a fare il candidato presidente-cavaliere di ventura in terra calabra, e dalle gelosie serpeggianti nel suo equipaggio originario, che del resto ha in gran parte disertato le scialuppe arancioni, prevalentemente per imbarcarsi sulla corazzata Manfredi. Che si dice invece proprio da queste parti?  Problemi di professionalità politica per lo staff della nave ammiraglia non se ne pongono, piena com’è di personale che la fa a tempo pieno, visto che in mancanza un altro lavoro non lo avrebbe. Qui le moltissime liste sono sotto controllo e non c’è stato nemmeno il rischio di “mazzate” alla presentazione ufficiale.

Il punto vero è che l’ex rettore e ministro deve guardarsi da consigli sbagliati, come quello di evitare i confronti con gli avversari. Intendiamoci: tutte le lepri in vantaggio stimato fanno così e lui non è la prima. Abituato com’è a frequentare luoghi di potere felpato e di pugnali feroci, ma nascosti dietro modi curiali, avrebbe però bisogno di un bagno di popolo vero, a parte le fotografie studiatamente senza cravatta o addentando perplesso “marenne” da ferroviere alle quali il suo apparato di propaganda lo sottopone e magari anche di mostrare di capire e parlare il dialetto, per togliersi di dosso l’aria da paracadutato in città da un accordo di Palazzo. Nel frattempo, però, la scarsa propensione di Maresca e Manfredi per le regole e per i dibattiti rischia di azzoppare la democrazia in città.

Resta un ultimo candidato sornione, l’unico che rivendica giustamente come titolo di nobiltà di avere succhiato col latte la politica. «Qui rido io», può dire osservando i competitori, come il motto inciso sulla facciata della Villa Santarella nella vomerese via Sanfelice, oggi anche titolo del film di Mario Martone su Eduardo Scarpetta, appena uscito dopo il festival di Venezia nemmeno ancora concluso, con uno straordinario Toni Servillo protagonista e già fortunatissimo al botteghino. Con queste premesse, infatti, la rimonta di Antonio Bassolino per il sorpasso su Maresca, utile al secondo turno, si accorcia. L’unico reale motivo di interesse di questa competizione è sapere se la partita si fermerà al primo turno o no: con “don Antonio” al ballottaggio, la partita si riaprirebbe clamorosamente.