Quando ieri ho letto l’articolo del Riformista Il Csm straccia la sentenza “La giustizia è cosa nostra”, sono scoppiata a ridere: ma come può un Csm che è stato dimezzato dalle dimissioni a seguito degli scandali sulle nomine intervenire contro il Consiglio di Stato che metteva in rilievo quello che dovrebbe essere considerato l’ennesima irregolarità in una nomina? Lo dice sia il Tar, sia il Consiglio di Stato: la nomina uscita dal Csm di Michele Prestipino a procuratore di Roma non è corretta dal momento che vi era un altro pretendente, Marcello Viola, che aveva più titoli, più esperienza e più anzianità di servizio e pertanto era più meritevole di occupare quell’importante poltrona. Il “radicamento” territoriale – valutato dal Csm per Prestipino – non è un parametro tra quelli da prendere in considerazione per le nomine.

Dopo il pronunciamento del Consiglio di Stato mi sarei aspettata che il Csm se ne stesse silente, con la coda tra le gambe e magari riflettesse seriamente sul perché è scaturita la nomina di Prestipino, da sempre molto vicino a Pignatone, al posto di quella di Viola, anche alla luce delle captazioni avvenute tramite il trojan del telefono di Luca Palamara. Parlando con Legnini, Palamara spiega perché Pignatone è interessato alla sua successione alla poltrona di procuratore capo di Roma. “Perché hanno paura che se va un altro mette le mani nelle carte, Giovà, e vede qualcosa che non va non c’è altra spiegazione come tipico di Pignatone questo è il discorso, è successo con me, è successo con Cisterna che devo dì che Pignatone mi ha chiesto tutte le cose parliamo di interferenze tutte le cose di Roma. Eh io l’ho fatto queste io le devo di ste cose o no. Dico io ho avuto sempre un ottimo rapporto, ogni cosa che mi chiedeva era funzionale all’ufficio”.

Una frase che acquista senso anche alla luce della recente audizione di Luca Palamara alla Commissione parlamentare antimafia, quando ha spiegato che, per la sua successione a Reggio Calabria, Pignatone avrebbe voluto Prestipino perché vi erano vicende delicate che era meglio gestire con una certa ‘continuità’, come quelle del magistrato Alberto Cisterna, del pentito Nino Lo Giudice, del ritrovamento del bazooka e del disciplinare a un altro magistrato del suo team, Beatrice Ronchi. Bene, alla luce anche di tutto questo, il Csm, anziché tentare di dimostrarsi minimamente credibile, lasciando che la questione se la risolvano i due magistrati che si contendono il posto, ha deciso di intervenire.

E qui ho smesso di ridere. Perché se sono intervenuti con una delibera ‘adesiva’ al ricorso per Cassazione di Prestipino, significa che le ‘carte da gestire’ sono molto, molto interessanti, che ci sono poteri in gioco ancora da difendere a spada tratta e che c’è tutto un sistema che non ha nessuna intenzione di cambiare, arroccato nella propria autodifesa e nell’avvertimento decisamente esplicito dato a chi non si piega alle decisioni del Sistema e presenta ricorso.