Draghi al Quirinale per poi sciogliere le Camere e andare a votare in primavera? Il piano di Giorgetti è esattamente il contrario e con quell’intervista ha voluto bruciare ogni residua ipotesi di questo genere”. Osvaldo Napoli ha messo piede per la prima volta in Parlamento nel 2001, ci sta da quattro legislature, è sempre stato in Forza Italia finché a maggio scorso ha detto addio per evitare di “morire” salviniano o peggio ancora meloniano. Con altri 31 parlamentari ha dato vita a “Coraggio Italia”, movimento che si colloca in un centrodestra europeista, liberal e moderato e tra pochi mesi si appresta a dare le carte in modo decisivo per l’elezione del nuovo Capo dello Stato. Figura sulla quale si possono tentare varie ipotesi tranne una: “Mario Draghi, che resterà, se vorrà, a palazzo Chigi fino alla fine della legislatura. E poi vediamo”.

Il giorno dopo l’intervista bomba del solitamente taciturno Giancarlo Giorgetti, nel serrato rush finale di questa strana campagna elettorale in cui Salvini scopre che il suo guru della comunicazione ha problemi di droga e Giorgia Meloni è costretta a mettere sui bus di Roma la sua foto al posto del candidato Michetti, prende corpo il Centro. Non un “centrino”, non un cespuglio nell’orbita della destra o della sinistra, unito e diviso da un trattino. S’intende, piuttosto, una forza politica decisiva nel magma della consunzione e ricostruzione del sistema politico nazionale. Una sorta di “centro costituente” che avrà Mario Draghi come candidato premier. “Draghi for ever”, altro che Draghi al Quirinale e il voto. L’onorevole Napoli è uno dei pochi che dice ciò che molti altri suoi colleghi pensano, qualcuno spera, altri sono certi che sarà così. Ieri Salvini, che continuano a raccontare molto nervoso (per il caso Morisi) e irritato (con il suo vicesegretario Giorgetti), ha provato a dire che Giorgetti ha smentito l’intervista (non risulta ma vabbè) e che a Roma “non si riparte certo dai solotti di Calenda”, il candidato civico che aveva ricevuto l’endorsement di Giorgetti. Dal canto suo il ministro per lo Sviluppo economico, molto attivo a Torino con il candidato Paolo Damilano che al momento sembra l’unico in grado di vincere, protegge e rivendica il ruolo della Lega nel governo Draghi. “Il contributo della Lega è portare la voce di quelli che tengono in piedi il Paese. Questo è il contributo in un governo che non è il nostro ma è fatto da tante forze politiche e guidato da un personaggio eccezionale in cui si miscelano tante visioni del mondo”. Si è anche riposizionato attaccando il reddito di cittadinanza “droga di stato”.

A margine dei vari comizi elettorali di Salvini si ragiona in questo modo: “Va bene Draghi ma ora come facciamo a digerire provvedimenti come il taglio di Quota 100 e la revisione del catasto, tutte misure che ci chiede l’Europa? Cosa raccontiamo ai nostri?”. Lo scenario di un Papeete 2, invernale, non è da considerare del tutto irrealistico. “Ma non per andare a votare – dicono fonti Lega vicine al segretario – il governo Draghi sta in piedi lo stesso anche senza i nostri voti visto che Forza Italia resterebbe in maggioranza. Certo poi come lo spieghiamo a Bruxelles? Con quale affidabilità ci presentiamo come forza di governo nel 2023 dopo aver tolto la fiducia ad un fuoriclasse come Draghi?”. L’uno-due di lunedì mattina è stato micidiale per Salvini. La coincidenza delle due notizie – Morisi e Giorgetti – è sorprendente nel suo tempismo. Casuale? Ecco che l’intervista di Giorgetti è stata letta anche in ambienti Lega come un modo per blindare Draghi al governo. E smontare, mettere a nudo, alcune idee che ogni tanto si affacciano nella testa di Salvini: uscire dal governo per non saper giustificare misure come Quota 100 e revisione del catasto.

Dopo aver dovuto ingoiare green pass e obbligo di vaccino. Candidare Draghi al Quirinale a febbraio perché possa gestire almeno da là il Pnrr e poi andare a votare, vuole dire bruciare ogni ipotesi di questo tipo. Per due motivi: perché nessuno in questo Parlamento vuole veramente sciogliere prima la legislatura; perché i voti per eleggere Draghi capo dello Stato sono saldamente in mano a quel gruppo di centristi che tra Italia viva, Azione, Coraggio Italia e Forza Italia controlla oltre duecento voti senza i quali nessun Presidente potrà mai essere eletto. Così, dopo essersi consultato con colleghi anche leghisti, l’onorevole Napoli offre la sua interpretazione dicendo in premessa che “Giorgetti è un politico intelligente e navigato e anche l’unico nel governo Draghi che vanta una presenza parlamentare da un quarto di secolo”.

E allora, si chiede Napoli, perché fa “scandalo” la sua idea di voler candidare Draghi al Quirinale e andare subito al voto? “Pochi hanno richiamato una successiva risposta di Giorgetti su che cosa accadrebbe dei soldi del Pnrr con Draghi al Quirinale e un nuovo governo: li butteranno via – ha detto – oppure non li sapranno spendere”. Ecco svelata così, in due righe, “la speranza di Giorgetti di volere Draghi a vita a Palazzo Chigi”. Coraggio Italia, manco a dirlo, è dello stesso avviso.

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Giornalista originaria di Firenze laureata in letteratura italiana con 110 e lode. Vent'anni a Repubblica, nove a L'Unità.