«Ci siamo battuti per una discontinuità di Governo. L’abbiamo ottenuta. E poi basta con questa storia dei “tecnici”. Tutte le grandi decisioni assunte da Mario Draghi da presidente della Bce, sono state decisioni politiche, di una politica alta, profondamente europeista. Cosa vogliamo di più?». A sostenerlo è Emma Bonino, leader storica dei Radicali, già ministra degli Esteri e ancor prima Commissario europeo per le emergenze umanitarie, oggi senatrice di +Europa.

Qual è la parola chiave che motiva l’adesione convinta di + Europa e sua in particolare, al tentativo del premier incaricato Mario Draghi di dar vita a un nuovo Governo?
La parola chiave? Discontinuità. Non è una parola magica ma una chiara scelta politica che ci ha spinto, come +Europa, a dire no a un Conte ter, come peraltro avevamo fatto con il Conte I e il Conte II. Lo abbiamo detto in tempi non sospetti, quando c’era chi parlava di Conte come di un insostituibile punto di equilibrio, avventurandosi pure nella minaccia, una pistola scarica, di Conte ter o al voto. Eravamo convinti, e lo abbiamo ribadito al Presidente Mattarella nelle sue consultazioni, che servisse una svolta reale nella conduzione del Paese, e quindi una personalità di alto profilo, convintamente europeista proprio per le sfide che abbiamo di fronte. Quindi siamo stati netti nel dire Conte ter no perché è la continuità del traccheggiamento, dell’immobilismo, e se tutti vogliono davvero la svolta, un cambio di passo perché così non si può andare avanti, allora c’è bisogno di una personalità di acclarate capacità, e di alto profilo, politico non tecnico. Al Capo dello Stato non ho fatto il nome di Draghi, perché non brucio nessuno e anche perché trovavo un po’ incivile continuare a tirarlo per la giacchetta. Dopo di che mi arriva Draghi martedì sera. E che vuole che dicessi? Che non è abbastanza europeista, che non è abbastanza una forte personalità…dico Conte ter no, Draghi sì. Ed è quello che avevamo detto, perché serve altro per fare un piano di ripresa decoroso, invece di quello che stava circolando. Certo, oggi pare che tutti siano diventati “draghisti”. Ma a certe sceneggiate, politicamente e umanamente squallide, avevamo assistito già nei giorni del suk parlamentare, quelli scanditi dall’affannosa ricerca di “costruttori” o “responsabili”, ma di che poi, perché s’inventassero un gruppo a sostegno dell’irrinunciabile Conte. Un’operazione che dal punto di vista politico non ha bisogno del mio giudizio, si commenta da sé. Ma non ha funzionato neanche dal punto di vista aritmetico, perché la stragrande maggioranza dei componenti di questo ipotetico gruppo votava già Conte. Per altri, anche persone autorevoli, era o Conte ter o voto, mi riferisco al Partito democratico e compagnia, e alla fine, puff, Draghi. E allora giravolta repentina.

Come risponde a coloro che sostengono che l’affidarsi ad un esterno, ad un tecnico, significhi aver suonato la campana a morte per la politica e il sistema dei partiti?
Campana a morte, insomma, di certo un campanello d’allarme rispetto a questa politica, di cui io per lo meno non ho rimpianti e penso di non essere la sola. A mio avviso, la scesa in campo di Mario Draghi è invece, forse, la nascita di una nuova politica. C’è sempre questa litania sui tecnici e i politici. Per la verità, se penso a Mario Draghi, tutte le scelte che lui ha fatto alla Bce, anche basate su cifre, numeri, studi, sono state tutte essenzialmente politiche. Per l’attuale sistema dei partiti e per questa politica, è forse un campanello d’allarme. Ma in ogni caso ben venga.

In questo scenario come valuta l’intenzione accennato del presidente del Consiglio uscente di mettersi a disposizione come leader-garante di una coalizione Pd-5Stelle-LeU.
Per adesso sono, per l’appunto, delle annunciazioni, staremo a vedere, ma francamente non è un rovello che mi toglie il sonno la notte.

Ma se quelle annunciazioni si trasformassero in qualcosa di più e in una scesa in campo del professor Conte nell’agone politico da politico, ha qualche consiglio da offrirgli?
Che faccia attenzione, perché ne ho visti altri che non sono finiti benissimo.

Sull’apertura ad altre forze, rispetto a quelle che hanno sostenuto Conte, di una maggioranza-Draghi, qual è il suo giudizio? Soprattutto per quel che riguarda Forza Italia.
In altri momenti di crisi c’è stato il governo Letta in cui avevamo Forza Italia. E Forza Italia era anche nel governo Monti. E quindi vediamo di non pensare che sia idea tanto originale, tanto nuova e mai praticata.

Ora tutti si dicono europeisti, anche i 5Stelle…
Senta, se dovessi pensare a fare un Governo con chi è sempre stato coerentemente europeista, finirei per dovermelo fare da sola. La garanzia è Mario Draghi.

Quando lei parla di discontinuità, fa riferimento ai contenuti, al programma, ad una visione strategica. Ma c’è chi declina la discontinuità, in termini di poltrone ministeriali.
Questo è molto di già visto. È un gioco a cui sono abituati tutti e tutti cercano di essere da questo punto di vista dei buoni giocatori per scalzare l’altro. Niente di particolarmente nuovo.

Voi come +Europa comunque a questo “gioco” non intendete prestarvi?
Non è un problema di gioco o non gioco. Noi abbiamo piena fiducia in Draghi e Mattarella che possono scegliere la squadra migliore possibile per affrontare le sfide che abbiamo di fronte. A partire da quella vaccinale, perché se non si risolve questo problema è difficile, se non impossibile, parlare di ripresa. E per parlare di ripresa, serve fare un buon piano di resilienza sui 209 miliardi. Perché quello che era stato partorito dal Conte II tutto era meno che un piano accettabile per l’Europa. E giustamente. Perché quei 209 miliardi del Recovery fund non sono un gentile omaggio di Bruxelles, nel segno ecco i soldi, fateci quello che meglio credete. No, la storia è un’altra. Perché l’Europa dice voi dovete fare queste riforme, giustizia, amministrazione, burocrazia, e ci dovete anche dire qual è la cabina di regia di questo prossimo utilizzo dei fondi. Ora, sulla cabina di regia c’è scritto nero su bianco, nella bozza che circola, che ci stiamo pensando e poi ve lo faremo sapere. E sulle riforme le cose messe in quella bozza sono men che vaghe, abborracciate, ma questa è una critica che è già stata fatta. Noi abbiamo piena fiducia che Draghi, ovviamente consultando Mattarella, sappia circondarsi della squadra più adeguata ad affrontare questa che è la vera sfida del Paese.

Uno dei “giochi” che nel teatrino della politica e della comunicazione va più di moda in tempi di crisi di Governo, è quello del chi ha vinto e chi ha perso. Lei vede Matteo Renzi come il vincitore di questo “gioco della torre”?
Io non è che difenda Renzi. Che peraltro egocentrico com’è non apprezzerebbe neppure. Dico solo che questioni come il Mes, il piano nazionale di resilienza, la questione della giustizia, della prescrizione, le abbiamo poste da tempo non sospetto.

Da radicale, da ministra degli Esteri, da Commissario europeo e ora da senatrice, si è spesa sempre in difesa dei più indifesi, come sono i rifugiati e i migranti. Ma è mai possibile che in queste consultazioni temi del genere siano scomparsi? Non c’è più il Mediterraneo, non c’è la tragedia umanitaria che si sta consumando sulla rotta balcanica.
È quello che ho fatto notare al presidente incaricato. Qui continuiamo a parlare di politica europea come se fosse politica estera. La politica europea è pienamente nazionale. La politica estera riguarda invece il Mediterraneo, di cui poco ci occupiamo, e ben presto sarà il Mediterraneo a occuparsi di noi, in tutte le sue forme. Aggiungo anche che lo scandalo di Bihac, di questi rifugiati al freddo e al gelo alle porte di un continente di 500 milioni di abitanti, è qualcosa di spaventoso, da far vergognare.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.