Furio Colombo: “Ho chiesto a Travaglio di fermarsi, non può celebrare Orsini come una star”. Furio Colombo, 91 anni, ha lavorato a La Stampa, è stato editorialista di Repubblica, ha scritto per il New York Times e ha diretto L’Unità dal 2001 al 2005. Due volte deputato (Pds e Ds), senatore (per il Pd), si è candidato come segretario del Partito Democratico nel 2007. Ha iniziato a collaborare con Il Fatto Quotidiano nel 2009, sin dal primo giorno di vita della testata fondata da Antonio Padellaro.

Lei ha scritto una lettera importante, al Fatto. Coraggiosa e credo anche dolorosa.
Dolorosa ma doverosa. Ci sono stati tanti casi, nella storia. Alcuni famosi e altri rimasti ignoti, ma di cui qualcuno ha memoria. Montanelli che dice addio al Corriere prima, per un cambio di linea politica nel 1973, e più avanti anche al Giornale che aveva fondato. Il dissidio fortissimo interno ai quotidiani della sinistra ai tempi di Praga, e non solo. E tanti altri di cui non si è scritto. La battaglia delle idee non può essere sempre incruenta.

Come si può comporre questo dissidio?
Io credo che non possa esserci una ricomposizione, dal momento che Il Fatto Quotidiano ha non solo voluto Orsini tra le sue firme ma ha anche creato una grande serata in suo onore, come sua nuova star, una cosa che non è mai stata fatta.

Una operazione di identificazione delle posizioni di Orsini con quelle del Fatto?
Lo hanno accolto, come dicevo, come una star. Con un trattamento che non è mai stato riservato a nessun altro, a mia memoria, nei giornali e in questo giornale in particolare. E io non voglio essere associato minimamente a quella persona e alle sue parole: lui non è come Putin. È un po’ peggio di Putin. E io non voglio essere corresponsabile…

Hai scritto “complice”.
Ecco, complice è la parola giusta. Perché si è complici anche quando si fanno passare certe cose nel silenzio, quando ci si affianca a certi personaggi, a certe situazioni senza protestare. Non è la mia storia.

E tu protesti. Con un aut-aut. O lui o te?
Lo direi in modo un po’ più profondo e un po’ più vero: io non posso essere chiamato a far parte di coloro che lo garantiscono. Io non voglio essere complice di un personaggio che considero non rispettabile. (Pausa) Non rispettabile né scientificamente, né moralmente. E quindi ho pregato Marco di farne a meno.

Non ti ha ascoltato.
Non se ne fa a meno e anzi si organizza la serata “in onore di Orsini”. E devo dire che il punto risolutivo è proprio questo, la serata in suo onore. E’ questo che trasforma il giornale in qualcosa di diverso, in una manifestazione pubblica che sposa un pensiero particolarissimo a danno di tutti gli altri.

Scusami, quando dici che li hai pregati, significa che ne avete discusso, che hai suggerito di trovare un compromesso accettabile per la coesistenza di tutti?
Prima di questa lettera ne abbiamo parlato, con Marco Travaglio, certo. Da settimane. L’ho pregato di intervenire, di dire, di far dire, di rispondere alle provocazioni in un certo modo. Di stabilire una posizione più alta. Gliel’ho suggerito, eccome. Ma niente. Vedo che non mi ha mai ascoltato. E allora mi sono visto costretto ad agire di conseguenza e ho scritto questa lettera.

Rimane uno spazio di libertà, come lo chiama Travaglio, il Fatto?
Finché c’è un personaggio come Orsini, e le notizie che porta fresche fresche tutti i giorni dalla Russia, no.

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Ph.D. in Dottrine politiche, ha iniziato a scrivere per il Riformista nel 2003. Scrive di attualità e politica con interviste e inchieste.