Il suo interesse per i temi della sicurezza e della lotta alla criminalità organizzata, viene da lontano. Da legami familiari, il padre, Efisio Zanda Loy è stato capo della Polizia dal 1973 al 1975, e dall’essere stato portavoce di Francesco Cossiga al Ministero dell’Interno (1976-1978) e alla Presidenza del Consiglio con il primo ed il secondo governo Cossiga (1979-1980). Un impegno che Luigi Zanda ha portato avanti anche da senatore e da presidente del Gruppo Pd a Palazzo Madama.

Senatore Zanda, cosa significa la cattura dopo trent’anni di latitanza di Matteo Messina Denaro?
Non sono mai stato un investigatore né un poliziotto o un carabiniere. Ho collaborato con il Ministro dell’Interno Cossiga negli anni ’70 e la mia analisi sull’arresto di Messina Denaro è politica non tecnica. La tutela della sicurezza della Repubblica è un pezzo molto importante del nostro sistema democratico. L’arresto di un latitante pericoloso e potente come Messina Denaro è certamente il risultato di lunghissime indagini, intercettazioni, confidenze, pedinamenti. Immagino che sia passato attraverso numerosi tentativi e fallimenti, finché è arrivato il risultato di un lavoro importante del quale tutti gli italiani devono ringraziare la Procura della Repubblica di Palermo e i Ros dei carabinieri. Abbiamo a che fare con realtà di eccellenza. Procura della Repubblica, Carabinieri, Polizia, Guardia di finanza, Servizi segreti hanno fatto dei progressi professionali straordinari rispetto agli anni ’70. Praticamente sono irriconoscibili. E’ una nuova generazione di servitori dello Stato, con una ben altra preparazione professionale, con grandi rapporti internazionali, capace di un utilizzo sapiente delle nuove tecnologie, un addestramento ultra specializzato. E poi penso che ci sia anche un fortissimo orgoglio di appartenenza a questi corpi dello Stato. Diciamola tutta: lo Stato dovrebbe retribuirli meglio.

Messina Denaro ha attraversato tutte le stagioni della mafia, in particolare quella stragista. Cosa ci si può attendere ora?
Matteo Messina Denaro ha sessant’anni ed è quindi ancora giovane. Ha una grande caratura mafiosa e gode di grande prestigio nella malavita internazionale. E’ stato arrestato a Palermo, in Sicilia. Questo vuol dire che per la mafia, come certamente anche per la ndrangheta e la camorra, per comandare veramente bisogna stare sul territorio. Anche se la grande criminalità si è internazionalizzata, il controllo del proprio territorio, del luogo dove si esercita il comando, è decisivo. Il “generale” mafioso deve stare con le sue truppe. Non può dare ordini solo da lontano.
Un “generale” della mafia conosce molti segreti che hanno attraversato questi trent’anni oscuri, sanguinosi, per l’Italia. Che idea si fatta del rapporto tra la Mafia e il cosiddetto “Terzo livello”?
Credo che dopo la cattura di Matteo Messina Denaro inizierà un’altra fase delle indagini. Intanto per accertare se lui era ancora il capo vero della mafia o se il suo potere era passato di mano ed eventualmente chi è il nuovo capo o chi sarà il suo successore. Le nuove indagini riguarderanno anche la rete di complicità che ha protetto per trent’anni la sua latitanza e gli eventuali punti di compromissione della politica ed anche della società palermitana e non solo. In trent’anni di latitanza certamente avrà avuto tantissimi contatti e molte protezioni. Per fortuna la sua cattura avrà effetti seri sul morale dei quadri e della manovalanza mafiosa. Con l’arresto di Messina Denaro è stato abbattuto il mito dell’invincibilità del grande capo mafia. E’ stato dato un segnale molto importante per l’onore dello Stato. Interrompere una latitanza di trent’anni vuol dire che alla fine la giustizia prevale sempre.

E che insegnamento la politica dovrebbe trarre da questa vicenda?
Una lezione elementare. Combattere la grande criminalità organizzata significa non solo affermare il primato della legalità ma anche difendere la democrazia. E per combattere la mafia in modo efficiente, per avere dei buoni risultati, per proteggere il Paese, la politica deve dare ai temi della sicurezza una grande priorità. Deve difendere l’indipendenza della magistratura e deve proteggere e coltivare la forza, la professionalità, le capacità investigative dei propri apparati di sicurezza.

Su questi argomenti in Italia c’è qualche differenza tra la destra e la sinistra?
In settantacinque anni di Repubblica il centrosinistra italiano ha sempre difeso l’indipendenza della magistratura. Questo principio deve diventare patrimonio dell’intero sistema politico del nostro Paese, perché senza una magistratura indipendente crollano contemporaneamente due principi fondamentali dell’ordinamento democratico: la divisione dei poteri e lo Stato di diritto. Quanto ai temi della lotta alla criminalità comune ed organizzata come anche rispetto alla sicurezza della Repubblica in relazione ad aggressioni esterne, sempre possibili come insegna la tragedia dell’Ucraina, credo che sia l’Italia che l’Europa debbano ancora fare molto cammino, indipendentemente dalle distinzioni tra destra e sinistra. Nel campo della difesa della legalità e della democrazia si può fare sempre di meglio.

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.