L’Europa è il dossier migranti. Storie di fallimenti, di divisioni, di parole senza costrutto, di lacrime di coccodrillo. Il Riformista ne parla con uno dei più autorevoli demografi italiani e internazionali: il professor Massimo Livi Bacci. Docente di Demografia alla facoltà di Scienze politiche dell’Università di Firenze, dal 1973 al 1993, Livi-Bacci è stato segretario generale e presidente della International Union for the Scientific Study of Population (IUSPP), società scientifica di studi demografici nota in tutto il mondo, di cui è poi divenuto presidente onorario. Tra i suoi numerosi saggi, ricordiamo In cammino. Breve storia delle migrazioni (Il Mulino, 2019); Storia minima delle popolazioni del mondo (Il Mulino, 2016); Il pianeta stretto (Il Mulino, 2015). Quanto all’approccio “securista” che marchia ancora l’azione dell’Europa in questo campo, Livi Bacci rimarca: «La questione migratoria ha natura globale, e necessita di azioni globali».

Quanto al declino demografico che investe l’Italia, e in generale l’Europa, Livi Bacci ha recentemente avanzato un suggerimento sul da farsi a cui il presidente del Consiglio Mario Draghi farebbe bene a prestare attenzione: «Una sensata politica migratoria – discussa e democraticamente approvata in Parlamento – che preveda due o trecentomila arrivi all’anno; buoni meccanismi di integrazione con particolare riferimento alle donne; forti investimenti sulle seconde generazioni di immigrati per la scuola e la formazione; accesso graduato ai pieni diritti politici. E, con effetti a lungo termine, una politica sociale che veda al suo centro la nascita, la crescita e la formazione. L’assegno unico per i figli è un buon inizio». Nella consapevolezza che «un Paese senza immigrati è un Paese senza futuro».

Al Consiglio Europeo di domani (oggi per chi legge ndr) e venerdì prossimi l’attenzione sul fronte migranti si sposterà dalla questione dagli sbarchi alle partenze e sul rifinanziamento (ancora non è chiaro a quali condizioni) dell’Esao, l’ufficio europeo per il sostegno all’asilo. Non è parlare d’altro per non evidenziare una divisione irrisolta quanto al reinsediamento?
Non ho idea di quali siano le strategie politiche del Consiglio Europeo in merito alla bruciante questione del “reinsediamento” dei rifugiati. Una questione che va di pari passo con quella della condivisione degli oneri (burden sharing) e dell’immigrazione irregolare. I tentativi fatti dall’Europa negli anni passati di una redistribuzione dei richiedenti asilo – che richiede una modifica dei trattati di Dublino – sono di fatto falliti. C’è una opposizione politica, non solo nei paesi di Visegrad che sono fin troppo espliciti, ma anche nei paesi del nord Europa (si veda la Danimarca!), in Francia e in Germania. È vero che quest’ultima grazie alla volontà di Angela Merkel, si addossò l’accoglienza di un milione di profughi siriani, ma lo fece per atto proprio non per imposizione dell’Europa. A che vale insistere su un principio astrattamente giusto, ma politicamente impercorribile? Occorre perciò studiare vie alternative, a cominciare dall’uso di incentivi e disincentivi economici in funzione degli oneri sopportati, da ciascun paese, per l’accoglienza.

Scrive Filippo Grandi, Alto commissario delle Nazioni Unite per i Rifugiati, in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiato: «Due giorni fa abbiamo annunciato che un numero senza precedenti di persone è stato costretto a fuggire dalle proprie case. Oltre 82,4 milioni di uomini, donne e bambini hanno visto il loro mondo capovolgersi a causa della guerra, della violenza e della persecuzione. Mentre noi abbiamo trascorso gran parte dell’ultimo anno a casa per rimanere al sicuro, loro sono dovuti fuggire dalle loro case per salvarsi la vita. E mentre i leader mondiali sembrano incapaci o restii a fare la pace, sempre più persone costrette a fuggire ne pagano il prezzo. Solo negli ultimi tre anni, circa un milione di bambini sono nati in esilio. Cosa riserverà loro il futuro? Quali opportunità avranno per realizzare il loro potenziale?”. Professor Livi Bacci quello di Grandi non è un j’accuse verso l’Occidente?
La questione migratoria ha natura globale, e necessita di azioni globali. Il mondo è in rapida trasformazione. Paesi ancora relativamente poveri, origine di importanti flussi in uscita, stanno diventando paesi di immigrazione, come il Messico che ora riceve migranti dall’America centrale e dai Caraibi. Tre anni fa, la firma del Patto Globale sulle Migrazioni a Marrakech (cui si sottrasse l’Italia a trazione Salvini), ha costruito una prima timida trama di principi per la costruzione di un governo internazionale delle migrazioni. Ma non colgo segnali di volontà di rafforzare questa esile trama, ad evitare che presto cada nel dimenticatoio. Non vedo l’agenda migratoria ai primi posti delle preoccupazioni di America, Cina o Russia.

Al di là delle dichiarazioni di circostanza, l’Europa sembra interessata essenzialmente all’esternalizzazione delle frontiere. Non è una visione “securista” perdente oltre che ingiusta?
È una risposta di breve periodo alla tempesta scatenata dalla guerra civile in Siria. Nella speranza che la tempesta si plachi. Ma occorre avere la consapevolezza che il fronte meridionale dell’Europa, dal Donbass alla Siria, ai paesi del Corno d’Africa, alla Libia, a parte della fascia sub-sahariana, è luogo di conflitti armati, di violenze e di tensioni che solo la grande politica internazionale può sedare. A questi sconvolgimenti opponiamo fragili dighe. Quella della Turchia, per ora appare abbastanza solida, ma fino a quando?

“Emergenza”. “Invasione”. Una falsa narrazione che oscura la realtà. I migranti non votano…
Ho l’impressione che gli Italiani non temano più lo spettro dell’invasione! Anzi la pandemia ha mostrato quanto essenziale sia l’immigrazione per il nostro paese; quanto da essa dipenda non solo l’economia – agricoltura, servizi, costruzioni e molto altro – ma anche la vitalità della società (bambini stranieri nelle scuole, spazi abbandonati ripopolati, cibi, colori, fogge diversi…). Chiederei poi una moratoria sull’uso del vocabolo “emergenza”: tutta la nostra vita è emergenza, per definizione!

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Esperto di Medio Oriente e Islam segue da un quarto di secolo la politica estera italiana e in particolare tutte le vicende riguardanti il Medio Oriente.