Il leader ucraino ha ringraziato l’Italia per il sostegno
La Cina non ha interesse né strumenti per porre fine alla guerra
Dmitri Pesskov, il portavoce del Cremlino commenta così l’auspicio espresso da Zelensky di incontrare presto Xi Jinping e comunque di parlargli presto: “La Federazione russa apprezza molto la posizione equilibrata della Cina sull’Ucraina”. Non era accaduto mai prima di questa guerra nata con l’invasione russa dell’Ucraina che l’intero mondo si dovesse chiedere se siamo o non siamo alla fine dell’umanità così come la conosciamo oggi. Il fronte antirusso che va da Zelensky all’Unione europea, ma che è separato da quello degli americani e dagli inglesi, tempesta il presidente cinese Xi Jinping di richiesta di incontro e di parole.
È il momento del massimo trionfo che mai un solo uomo nella storia intera abbia avuto su tutti gli altri esseri viventi del pianeta: Xi Jinping è il più longevo e anzi eterno dei leader mondiali e si presenta come aspirante all’impero mondiale. Il presidente cinese è andato a Mosca ed è tornato a Pechino senza dare alcuna prospettiva pratica alla fine della guerra in Ucraina. Ha detto che sarà dalla parte della Russia per motivi di amicizia sembra accertato che stia rifornendo l’esercito di Mosca con armi molto leggere che non turbano troppo il fronte al posto. Un gesto quasi simbolico ma di totale schieramento politico.
Xi ha detto che i russi avrebbero fatto meglio a non iniziare questa guerra ma che dal momento che l’hanno iniziata tocca a loro e agli altri partecipanti trovare una soluzione di compromesso. L’unico elemento positivo che si può trarre dall’incontro dei due leader amici è che la Cina sembra sicura che non ci sarà la fine del mondo. E che quindi Putin non farà ricorso ad armi atomica nel caso in cui dovesse fronteggiare la sconfitta totale. La sconfitta totale non è sicura così come non è sicura alcuna vittoria perché la Russia fa affluire centinaia di migliaia di reclute di lingue ed etnie diverse fra loro prelevate dalle regioni russe in cui fermenta da sempre un vento di ribellione verso Mosca.
Ho visto Putin in un filmato in cui esortava con parole appassionate e ampi gesti delle braccia gli operai di una fabbrica militare a non considerare degli esseri inferiori i russi che non parlano russo e che hanno faccia diverse dalla loro. Questo dettaglio dimostra il senso delle parole che Putin pronuncia continuamente affermando che l’Occidente mira allo smembramento della Russia per distruggerla. E gli ucraini accusano i russi di razzismo: “Parla come un essere umano” è la proverbiale risposta sprezzante di un russo quando sente parlare ucraino. La domanda resta una sola e ad essa finora nessuno ha potuto o voluto rispondere in maniera netta e chiara: la Russia farà uso di armi atomiche nel caso di sconfitta con armi convenzionali, oh no?
La risposta a questa domanda la conosce soltanto Putin o, per meglio dire, lui e il gruppo che lo sostiene a Mosca e nel paese. La novità politica nella Russia di Putin è che si sta sviluppando una opposizione di destra, nazionalista guerrafondaia e non minacciata dalla censura, che reclama ad alta voce la vittoria contro l’Ucraina, la continuazione della guerra e se necessario la guerra a tutti i nemici del mondo. I blogger di questa tendenza crescono, i manifestanti parteggiano per i mercenari del battaglione Wagner il cui capo Evgeni Prigozhin è salito su un carro armato a Bakhmut gridando come se Zelensky da Kiev potesse sentirlo: “Volodimir, è il tuo momento”. Il conflitto fra Putin e la destra militarista c’è e non può essere nascosto.
Il popolo russo nel suo insieme si lascia cullare da una propaganda televisiva che ai nostri occhi occidentali è assolutamente comica. La guerra sul campo non è soltanto feroce ma è anche una guerra di laboratorio in cui tutti gli Stati del mondo hanno i loro inviati tecnici e militari che traggono insegnamento da ogni situazione e dal funzionamento o malfunzionamento di ogni arma. La propaganda poi provvede a mascherare, enfatizzare o nascondere ciò che conviene. La battaglia di Bakhmut che doveva concludersi con una vittoria o una sconfitta dell’esercito di Mosca è rimasta impantanata dov’era. Restano in città ancora 3000 degli originari 70.000 abitanti.
I russi avrebbero dovuto conquistare il centro della città e non ce l’hanno fatta. Gli ucraini avrebbero dovuto espellere i russi dalla zona est e non ce l’hanno fatta il tam-tam via Internet danno ogni giorno per imminenti gigantesche controffensive di una parte o dall’altra ma per adesso non accade nulla anche se presto accadrà. Nessuno, assolutamente nessuno, ha oggi gli strumenti e neppure la voglia di chiudere questa guerra. Xi Jinping se n’è andato distratto dopo aver raggiunto accordi energetici che se va bene daranno i loro frutti fra una decina anni d’ anni per portare altro gas in Cina.
Occorre fare un gasdotto gigantesco mentre il petrolio russo affluisce in grandiosa abbondanza in India, un paese con un piede di qua e uno di là, dove viene raffinato in nafta, benzina e altri combustibili e venduto alla stessa Russia che ha fornito il greggio, all’Europa cui conviene comprarlo ad un prezzo conveniente e alla Cina naturalmente che ne acquista quantità importanti ma non così gigantesche come molti sostengono.
La giocata che il presidente cinese ha fatto a Mosca come l’uomo dalle chiavi d’oro con cui aprire il tempio della pace, è stata soltanto un grande show perché La Cina non ha né interesse né strumenti per porre fine alla guerra in Ucraina ma semmai a interesse a farla incancrenire per contare di più sullo scenario internazionale del polo antioccidentale. E annientando ogni pretesa di leadership russa. Conclusione: all’est nulla di nuovo.
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